Agenzia delle Entrate bocciata dal Garante Privacy! Siamo salvi!

L'Agenzia delle Entrate viene bacchettate dal Garante della Privacy. I controlli incrociati che sarebbero effettuati sulle fatture elettroniche violerebbero la privacy: i dati e le informazioni che l'Agenzia delle Entrate ha la pretesa di controllare e di tenere sott'occhio sono troppi.

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L'Agenzia delle Entrate viene bacchettate dal Garante della Privacy. I controlli incrociati che sarebbero effettuati sulle fatture elettroniche violerebbero la privacy: i dati e le informazioni che l'Agenzia delle Entrate ha la pretesa di controllare e di tenere sott'occhio sono troppi. Ricordiamo che questo flusso di informazioni che passerebbero nel sistema di interscambio delle fatture elettroniche servirebbero per portare alla luce possibili rischi di evasione fiscale.

Secondo il Garante della Privacy queste procedeure evidenzierebbero il rischio di una vera e propria profilazione dei dati di tutti i contribuenti, compresi i minori d'età e forniscono una serie di dati ed informazioni all'Agenzia delle Entrate non proporzionata e ridondante rispetto all'obiettivo che si era prefissata (ossia quello di stanare gli evasori fiscali).

Agenzia delle Entrate: il parere negativo del Garante

Sfortunatamente, per l'Agenzia delle Entrate, si chiude in questo modo, con un parere decisamente negativo, la valutazione effettuata dal Garante della Privacy circa l'impatto sullo schema di provvedimento attuativo della nuova procedura di utilizzo, per otto anni, dei dati delle fatture elettroniche ai fini delle analisi del rischio di evasione disciplinata dall'articolo 14 del dl 124 del 2019.

Il parere è stato espresso lo scorso 9 luglio 2020 dall'Autorità garante per la protezione dei dati personali. Nel suddetto provvedimento si legge che la memorizzazione e l'utilizzazione dei dati contenuti all'interno delle fatture elettroniche, anche nel caso in cui siano garantiti elevati sistemi di sicurezza, risulta in tutto e per tutto sproporzionata all'interno di uno Stato democratico. Il Garante ha posto l'accento, principalmente, sulla quantità e sulla qualità delle informazioni che sono trattate dall'Agenzia delle Entrate, rispetto al contrasto dell'evasione fiscale, benché questo sia un legittimo obiettivo di interesse pubblico.

Annualmente risultano essere emesse complessivamente circa 2 miliardi di fatture che, di regola, contengono dati, anche molto di dettaglio, volti ad individuare - spesso a soli fini di garanzia, assicurativi o per prassi commerciali - i beni e i servizi ceduti, con la descrizione delle prestazioni, i rapporti fra cedente e cessionario e altri soggetti, riferiti anche a sconti applicati, fidelizzazioni, abitudini di consumo, oltre a dati obbligatori imposti da specifiche normative di settore, con particolare riguardo ai trasporti, alle forniture di servizi energetici o di telecomunicazioni (tipologie dei consumi, fatturazione dettagliata, regolarità dei pagamenti, appartenenza a particolari categorie di utenti). La presenza, all’interno dei file delle fatture elettroniche, di ulteriori dati, utili alla gestione del ciclo attivo e passivo degli operatori, ma non rilevanti a fini fiscali (come, ad esempio, quelli contenuti negli allegati), è peraltro espressamente contemplata nello schema di provvedimento in esame e nella valutazione di impatto.

Le osservazioni

Il Garante osserva che la memorizzazione e l’utilizzo dei file delle fatture elettroniche che contengono i dati inerenti la natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione di cui all’art. 21, comma 2, lett. g), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, estendendo così tanto l’oggetto della memorizzazione, quanto l’ambito di utilizzazione dei dati presenti nella fattura elettronica. Non vengono escluse neppure alcune tipologie di dati (quali quelli non rilevanti a fini fiscali o quelli inerenti la descrizione delle prestazioni fornite, suscettibili di comprendere anche dati appartenenti a categorie particolari o l’eventuale sottoposizione dell’interessato a procedimenti penali, come per le fatture relative a prestazioni in ambito forense, né i codici fiscali dei consumatori (quantomeno per fatture relative a spese non detraibili).