Reddito di Cittadinanza: Ecco come l’INPS si riprende i soldi

Sussidio controverso e contraddittorio, il Reddito di Cittadinanza prevede sanzioni e penalizzazioni, talvolta anche severe per i fruitori che simulano condizioni reddituali e patrimoniali non rispondenti al vero. Si rischia non solo la decadenza dal beneficio, ma anche la restituzione dell'intero importo e il carcere fino a 6 anni. Fatti di cronaca recenti, però, mostrano che le verifiche da parte dell'INPS non sempre sono efficaci e rigorose come ci si attenderebbe.

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Il Reddito di Cittadinanza è forse una fra le misure di sostegno più discusse e controverse degli ultimi mesi. Partendo dal progetto stesso di RdC, passando dalle verifiche eseguite nella fase della sua assegnazione fino ad arrivare alle modalità dell'erogazione stessa, la misura di sostegno ha da sempre suscitato forti polemiche e dubbi sulla sua reale efficacia. Gli ultimi fatti di cronaca ci fanno ulteriormente riflettere su come la Pubblica Amministrazione metta in atto i sistemi di verifica necessari a garantire l’assegnazione del RdC ai cittadini che realmente si trovano in un oggettivo stato di necessità. Vediamo allora ogni giorno come molti soldi finiscono nelle mani sbagliate. Mani che in qualche maniera sono riuscite a eludere i disattenti controlli dell’INPS sulle effettive condizioni reddituali dei richiedenti, a danno di chi, invece, con quel denaro avrebbe potuto, anche se di poco, agevolare la propria condizione finanziaria familiare.

La domanda che allora ci poniamo in queste occasioni è: Se il danno ormai è fatto in quanto le verifiche preventive e necessarie non sono state eseguite, e l’erogazione del Reddito di Cittadinanza è avvenuta a favore di cittadini che non possedevano i requisiti minimi per riceverlo, ora, l’INPS come procederà per recuperare il denaro erogato?

Le ragioni per cui l’INPS rivuole i soldi del Reddito di Cittadinanza

Una prima ragione di restituzione del denaro accreditato sulla ricaricabile Postepay del RdC risiede nella norma resa operativa da luglio 2020, secondo la quale è prevista una trattenuta sull’accredito della mensilità successiva, pari all’importo non speso o prelevato della mensilità precedente, con un tetto massimo del 20%.

Questa tipologia di restituzione avviene in maniera automatica: l’INPS stesso accrediterà sulla Carta RdC la nuova mensilità già decurtata dell’eventuale importo calcolato sulla giacenza residua. È una norma operativa ormai su tutti i sostegni di RdC attivi, che ovviamente non rientra nella categoria dei provvedimenti di tipo sanzionatorio. Il percettore di RdC potrà fare fronte a questa decurtazione, cercando di utilizzare regolarmente ogni mese l’intero importo che gli viene erogato, arrivando cioè a fine mese con un saldo Postepay prossimo allo zero.

Sembra quasi paradossale descrivere le maniere in cui possono venire spesi i soldi, tuttavia, fino a luglio scorso avrebbe avuto qualche senso trattenere anche piccoli importi sulla Carta RdC per eventuali emergenze future. Ora questo pensiero risparmiatore non è opportuno farlo, in quanto se il denaro non viene utilizzato o prelevato da noi, ci penserà l’INPS a svuotare la nostra ricaricabile. Pertanto, è cosa saggia utilizzare sempre, ogni mese, l’intera mensilità accreditata, pagando utenze domestiche, la rata del mutuo, il canone d’affitto, acquistando prodotti alimentari a lunga scadenza, anche se al momento non ci servono, oppure ancora prelevando contante nell’importo massimo consentito. Non dimentichiamo che non è prevista una soglia di prelievo fissa, ma la sua entità è legata alla composizione del nucleo familiare. Si parte da un minimo di 100 Euro di prelievo per il singolo, fino a un massimale di 220 Euro per una famiglia numerosa in cui sono presenti persone con disabilità.

Le altre ragioni per cui l’INPS può chiedere la restituzione del beneficio erogato (tutto o parte di esso) risiede nelle modalità fraudolente con cui il percettore ha inoltrato domanda dello stesso, oppure possono derivare da errori di calcolo e di erogazione commessi direttamente dall’INPS.

La gestione degli indebiti di ‘condotta’ e ‘civili’ da parte dell’INPS

Il Decreto n.4 del 2019 illustra i casi in cui, in materia di Reddito di Cittadinanza, si rischiano severe sanzioni qualora vengano omesse o si facciano dichiarazioni non veritiere in sede di inoltro della domanda del sussidio.

In caso di indebiti definiti di ‘condotta’, ovvero si stia parlando di comportamenti in cui è ravvisabile un elemento intenzionale nell’omissione dei dati, oppure ancora sia stato dichiarato il falso al fine di farsi riconoscere il beneficio, in questi casi è prevista la reclusione da due a sei anni. L’omessa comunicazione della variazione del patrimonio familiare o della condizione reddituale, invece, prevede da uno a tre anni di reclusione. Il recupero del credito nei confronti dello Stato, tuttavia, sarà a cura dell’INPS, che provvederà alla revoca immediata del beneficio con efficacia retroattiva. Questo vale a dire che il presunto fruitore è tenuto alla restituzione dell’intero beneficio fino a quel momento ricevuto, con la contestuale decadenza del RdC.

Gli indebiti ‘civili’ descrivono, invece, i casi in cui il percettore, pur avendo diritto al RdC, ha presentato una dichiarazione DSU mendace al fine di ottenere un sussidio di un importo superiore a quello che avrebbe ottenuto con dati veritieri. In questo caso l’INPS richiede esclusivamente la restituzione di quanto versato in eccesso, fermo restando l’immediata decadenza dal beneficio.

Per entrambi i casi, sia di dichiarazioni volte a ottenere il beneficio, o a ottenerlo di importo superiore, l’INPS è il soggetto preposto al recupero dell’indebito. In linea di principio, a seguito di un comportamento doloso, gli interi importi sono recuperati in un’unica soluzione. La rateizzazione può essere concessa in 24 o 36 rate mensili, sulla base della presenza di indebiti di condotta o civili. In questi casi, il soggetto può ottenere una dilazione esclusivamente a fronte di documentate e comprovate situazioni socioeconomiche precarie riconducibili a motivazioni oggettive, di carattere eccezionale, come spese sanitarie di importo rilevante, cause di forza maggiore oppure a eventi straordinari.

La rateizzazione può venire accordata dalla Struttura territoriale competente per debiti superiori ai 100 Euro, rispettando comunque alcuni criteri. Innanzitutto le rate mensili non possono essere di importo inferiore ai 60 Euro, a esclusione della rata finale, che essendo di completamento della dilazione, può risultare più bassa dell’importo minimo mensile, ma comunque non inferiore a 12 Euro. Inoltre, per indebiti ‘civili’ la durata della rateizzazione non sarà superiore alle 36 mensilità. Limite che scende a 24 mensilità nel caso di indebiti di ‘condotta’, ovvero conseguenti a omissioni volte a ottenere il RdC senza averne il diritto.

I pagamenti dilazionati, per entrambi i soggetti, sono sempre comprensivi non soltanto degli importi percepiti indebitamente, ma anche degli interessi relativi agli accrediti percepiti. Il soggetto sarà tenuto a corrispondere all’INPS, oltre all’intero beneficio del RdC fruito, anche gli interessi calcolati dalla data di ricezione delle somme percepite fino alla data di concessione del beneficio della rateizzazione, oltre agli interessi legali di dilazione.

Gli indebiti ‘propri’ da Reddito di Cittadinanza

Con l’espressione ‘indebito proprio’ si fa riferimento al caso in cui il percettore di Reddito di Cittadinanza percepisca una somma superiore a quella che effettivamente avrebbe dovuto percepire, a causa di errori di calcolo o di erogazione commessi direttamente dall’Istituto previdenziale. In queste occasioni l’INPS può procedere al recupero delle somme indebitamente percepite adottando innanzitutto la strada della compensazione, nel caso il percettore vanti un credito nei confronti dell’istituto. Un conguaglio, cioè, fra ciò che il destinatario della prestazione si è visto accreditare dall’INPS e ciò che eventualmente vanta dallo stesso istituto.

Come seconda opzione di recupero delle somme erogate, l’INPS può effettuare trattenute sulle prestazioni future di RdC. Infine, se anche questa forma non conduce a esiti positivi, l’INPS può recuperare l’importo con la rimessa in denaro, per la quale, nel caso di indebiti ‘propri’, può essere sempre concessa la rateizzazione degli importi fino a 72 rate mensili.

Altre penalità dell’INPS ai percettori del Reddito di Cittadinanza

Fino a qui abbiamo visto le forti sanzioni a cui possono andare incontro, dichiarando situazioni patrimoniali e reddituali mendaci in sede di domanda di RdC, sia i soggetti che non posseggono i requisiti minimi di accesso al beneficio, ma anche coloro che pur potendo accedere al beneficio, presentando tali documentazioni tentano di ottenere importi mensili maggiori.

Esistono, però, altre sanzioni meno severe che vanno a penalizzare i soggetti che non rispettano il Patto per l’inclusione sociale sottoscritto al momento della richiesta del Reddito di Cittadinanza.

La prima mancata presentazione a seguito di convocazione presso il centro per l’impiego, comporta la decurtazione di una mensilità di RdC. La seconda comporterà la trattenuta di due mensilità. Con la terza, invece, il soggetto vedrà il proprio diritto al beneficio decadere, senza tuttavia l’obbligo di restituzione delle somme fino a quel momento percepite.

Alla prima mancata presentazione alle iniziative programmate per l’orientamento, scatta una trattenuta di due mensilità, mentre la decadenza dal beneficio giunge alla successiva assenza agli incontri previsti. Infine, secondo quanto previsto dal Patto di inclusione sociale, sono previsti corsi di istruzione e di formazione anche a favore di minorenni. Alla prima mancata partecipazione agli appuntamenti previsti, l’INPS applicherà una decurtazione di due mensilità, alla seconda di tre, alla terza di sei. Al quarto richiamo rimasto privo di risposta da parte del percettore di RdC, l’INPS procederà alla revoca definitiva dall’erogazione del Reddito di Cittadinanza a favore del cittadino.