Borse contrastate, mercati del credito sotto pressione

Lunedì gli indici azionari USA hanno guadagnato per la quarta seduta su cinque, registrando rialzi superiori al 3%.

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Lunedì gli indici azionari USA hanno guadagnato per la quarta seduta su cinque, registrando rialzi superiori al 3%, sulla scia del rally dei titoli del comparto salute, nella speranza che un vaccino possa arginare la diffusione del coronavirus e segnalare la fine delle misure di contenimento che stanno avendo ripercussioni catastrofiche sull’economia globale.

Fra i titoli con l’andamento migliore ci sono i tecnologici, con solidi rialzi per le azioni di Microsoft (+7%), Intel (+5,96%) e Apple (+2,85%). Boeing ha ceduto un altro 6%, dopo che l’aeronautica statunitense ha segnalato ulteriori carenze nel sistema di alimentazione di un aereo costruito dalla compagnia.

A marzo, il PMI manifatturiero cinese è salito a 52 punti, confermando che, nelle settimane successive al drastico rallentamento dovuto all’epidemia di coronavirus, c’è stata una ripresa delle attività. La notizia ha confortato gli investitori di tutto il mondo.

Il greggio WTI ha recuperato il 5%, portandosi a $22 al barile, ma sul mercato c’è una sovreccedenza di petrolio di cui al momento nessuno ha bisogno. Un’azione concertata dei paesi produttori di petrolio per diminuire la produzione potrebbe stimolare una certa ripresa dei prezzi. Ma un intervento sul fronte dell’offerta dovrebbe essere di ampia portata, in modo da compensare la flessione storica della domanda, calata, si stima, di 5 milioni di barili al giorno, solo per effetto degli aerei tenuti a terra a livello globale.

Gran parte degli indici asiatici ha guadagnato, ma i rialzi sono stati marginali. Hong Kong e Shanghai hanno segnato un progresso dello 0,28% e dello 0,12%, invece il Nikkei ha ceduto lo 0,89% e l’ASX 200 ha perso il 2,02% dopo il rialzo del 7% registrato ieri sull’onda delle misure di stimolo.

I future sui listini europei suggeriscono un avvio contrastato martedì. Il FTSE 100 dovrebbe aprire in negativo, mentre i future sull’Eurostoxx puntano a un’apertura piatta. La notizia che l’epidemia di coronavirus starebbe per toccare il picco in Europa dovrebbe arginare le pressioni a vendere.

Dal canto suo, la Casa Bianca sta valutando misure aggiuntive di stimolo fiscale del valore di $600 miliardi, che si aggiungerebbero allo storico pacchetto di salvataggio da 2 mila miliardi di dollari di qualche giorno fa.

L’enorme quantità di denaro a pioggia riversato sulle economie per mettere un freno al rallentamento della crescita avrà implicazioni di lungo termine sui livelli di debito, non solo negli USA, ma in tutto il mondo.

Molti di noi ora si chiedono se i governi possano prorogare il debito all’infinito. La risposta è complicata. Gli USA si trovano in una posizione migliore rispetto alla maggior parte degli altri paesi, perché i titoli del Tesoro USA sono considerati il bene rifugio per eccellenza e l’attività su questi titoli mostra che l’interesse rimane solido, nonostante il nuovo debito colossale che va ad aggiungersi ai livelli di debito già elevati del paese. Il rendimento dei decennali USA rimane appena sotto lo 0,70%, vicino ai minimi storici.

Ma non tutti i paesi sono così fortunati. In effetti, la scorsa settimana le agenzie di rating hanno già iniziato a declassare il rating del credito di paesi e società. Fitch ha abbassato il merito creditizio del Regno Unito ad AA- e Moody’s ha tagliato a “spazzatura” quello sudafricano.

General Electric, British Airways e Lufthansa sono tra le società che si sono viste tagliare i loro rating di credito per i danni causati dal coronavirus.

Rating di credito più bassi hanno un impatto diretto sull’abilità di governi e società di contrarre nuovo debito. Essendo considerati più a rischio, il costo di emissione per paesi e società con rating di credito più bassi aumenta. Più basso il rating, più costoso il finanziamento del debito. Inoltre, il valore delle garanzie per un debito con rating più basso è inferiore; ciò è fonte di grande disappunto per gli investitori, che devono diminuire l’importo complessivo investito se detengono bond più rischiosi in portafoglio.

Sui mercati valutari, l’indice del dollaro USA è sceso sotto la soglia dei 100 punti perché le borse sono salite a livello globale, ma l’intensificarsi delle apprensioni sui mercati del credito dovrebbe continuare a dare un po’ di supporto al biglietto verde.

L’EUR/USD è scivolato sotto il livello a 1,10 e scenderà ancora perché il dato preliminare sull’inflazione di marzo dovrebbe confermare una flessione allo 0,8% a/a, rispetto all’1,2% del mese precedente. In Germania, i prezzi all’importazione di febbraio sono scesi dello 0,9% e il peggio deve ancora arrivare. L’erosione dell’inflazione potrebbe rinvigorire le colombe della Banca Centrale Europea (BCE). S’intravedono offerte sotto la media mobile a 200 giorni, pari a 1,1053.

La sterlina continua a essere venduta sotto 1,25 contro il biglietto verde. Le cifre sulla crescita nel Regno Unito riferite al quarto trimestre non hanno riservato sorprese. Nel quarto trimestre c’è stata una stagnazione dell’economia britannica e ora la recessione bussa alla porta, sulla scia dell’epidemia di coronavirus che danneggerà ulteriormente l’economia britannica, già sfiancata dalle incertezze sulla Brexit.

By Ipek Ozkardeskaya

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