Inizia la flessione del rischio

L’FMI ha rivisto al ribasso l’outlook per l’economia mondiale e ora prevede una contrazione pari al 5,4% del PIL globale nell’anno in corso.

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Il susseguirsi di notizie negative sui casi di coronavirus e le crescenti tensioni commerciali a causa dei nuovi dazi programmati dalla Casa Bianca su importazioni europee e britanniche per un valore pari $3,1 miliardi hanno guastato l’umore del mercato, spingendo gli investitori a incassare i profitti e tagliare la corda.

L’FMI ha rivisto al ribasso l’outlook per l’economia mondiale e ora prevede una contrazione pari al 5,4% del PIL globale nell’anno in corso, e un rimbalzo più contenuto della crescita nel 2021. Fra le motivazioni si annoverano lo shock dell’offerta maggiore del previsto nelle prime fasi del lockdown e l’impatto prolungato del distanziamento sociale e di altre misure di contenimento del virus sull’economia.

Nel frattempo, in Florida e in California c’è stato un aumento record dei casi e l’OMS ha avvertito che l’America meridionale non ha ancora raggiunto il picco, nonostante l’incremento dei casi, dal 25% al 50%, la scorsa settimana.

A peggiorare le cose è arrivato l’annuncio dei funzionari USA sull’intenzione di imporre dazi su merci europee e britanniche per un valore di $3,1 miliardi. Il rischio crescente di nuove tensioni sul fronte degli scambi ha portato gli investitori a ridimensionare le prospettive di ripresa per l’Europa; nel frattempo, la Germania ha imposto nuove misure di quarantena per frenare una potenziale seconda ondata di contagi.

Sul fronte dei dati, il PIL USA che sarà diffuso oggi probabilmente confermerà una contrazione del 5% nel primo trimestre; gli ordini di beni durevoli di maggio dovrebbero invece mostrare un balzo del 10%, sulla scia della riapertura delle aziende e del miglioramento dell’attività economica dopo settimane di lockdown.

Gli investitori, però, sono fra l’incudine e il martello, con il crescente flusso di notizie negative e la scarsa liquidità estiva, che rende le condizioni di trading più instabili.

Il DAX e il FTSE hanno perso più del 3% mercoledì e, a New York, tutti i settori dell’S&P 500 hanno perso terreno (-2,59%), il Dow ha ceduto il 2,72% e il Nasdaq è scivolato del 2,19% dai massimi storici.

Anche le azioni asiatiche sono state vendute, anche se, sui maggiori indici asiatici, le perdite sono state contenute, con la Cina chiusa per festività. Il Nikkei è scivolato dell’1,10%, mentre l’ASX ha perso il 2,08% sul calo dei prezzi del petrolio.

Nella seduta di trading overnight, le perdite sui futures europei ed USA sono state limitate, è però probabile che le vendite acquisiscano slancio sull’offuscamento delle prospettive di ripresa.

Probabilmente assisteremo a una correzione ribassista più marcata su tutti i principali indici azionari, anche se crediamo nella prospettiva di nuovi stimoli fiscali e monetari prima che sul mercato ci sia un altro bagno di sangue.

Ora però è il momento della sicurezza. L’USD trova richieste migliori e i rendimenti dei titoli USA sono scesi sull’onda del rapido movimento verso i beni rifugio. Rimane solida la domanda di yen e franco svizzero.

L’oro è sceso dopo aver toccato un picco pari a $1780 all’oncia mercoledì, con gli investitori che liquidano simultaneamente l’oro e le posizioni rischiose. Ma gli investitori che non amano il rischio probabilmente oseranno aprire nuovi lunghi, puntando a un ulteriore progresso verso quota $1800, per tutelarsi contro nuove turbolenze sul mercato. Il ribasso dovrebbe limitarsi all’area $1750/1720 (precedente resistenza che diventa supporto/ media mobile a 50 giorni).

L’EUR/USD è arretrato sulla scia del deterioramento della propensione al rischio globale e del rafforzamento dell’USD. C’è però spazio prima di suonare il campanello d’allarme. Dal punto di vista tecnico, l’EUR/USD rimarrà nel trend rialzista sopra quota 1,1160, il cruciale supporto pari al 38,2% di Fibonacci sul rimbalzo in atto da aprile a giugno.

Il cable si prepara ad ampliare i rialzi sotto l’area delle medie mobili a 50/100 giorni, pari a 1,2415/1,2400.

Il WTI ritraccia sotto i $38 al barile sull’onda dell’aumento delle scorte USA e dell’indebolimento delle prospettive sulla domanda, in seguito alla revisione al ribasso delle previsioni di crescita globale dell’FMI. Le perdite potrebbero estendersi fino ai $35 e anche sotto questo livello, se dovesse intensificarsi l’avversione al rischio globale.

L’USD/CAD fatica a mantenersi sopra la media mobile a 200 giorni, ma l’indebolimento dei prezzi del petrolio e l’USD più forte pesano sul loonie (CAD). Inoltre, Fitch ha declassato il Canada, da AAA ad AA+, adducendo come motivazioni il deterioramento delle finanze pubbliche dopo il Covid-19, che dovrebbe portare a un incremento notevole del rapporto debito/PIL del paese, al 115% nel 2020 dall’88,3% dell’anno precedente. È una notizia negativa, ma non scioccante, perché si prevede che il debito di gran parte delle nazioni sviluppate supererà, se non l’ha già fatto, la soglia del 100%.

Altrove, all’odierna riunione di politica monetaria, la banca centrale di Turchia dovrebbe tagliare il suo tasso sui pronti a una settimana di 25 punti base, portandolo all’8%. La lira è oggetto di crescenti pressioni a vendere. Anche se il recente calo dell’inflazione consente alla banca di abbassare i tassi, la celere ripresa dei prezzi di petrolio ed energia e l’aumento della domanda dopo il Covid segnalano che il paese potrebbe dover fare i conti con un rimbalzo pericoloso delle pressioni inflazionistiche, che troverebbe impreparate sia la banca centrale, sia la lira turca.

By Ipek Ozkardeskaya

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