Seconda ondata di vendite

Le crescenti apprensioni causate dal timore che la seconda ondata di Covid-19 stia per colpire l’economia globale pesano sugli umori del mercato in avvio di settimana.

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Le crescenti apprensioni causate dal timore che la seconda ondata di Covid-19 stia per colpire l’economia globale pesano sugli umori del mercato in avvio di settimana. L’aumento dei casi, dalla Cina agli USA, preoccupa sempre di più gli investitori, che temono un’altra possibile paralisi imminente dell’economia, dopo che Pechino ha chiuso il più grande ingrosso ortofrutticolo della città.

Questa settimana, la paura che si verifichi un altro shutdown globale probabilmente spingerà ai margini gli investitori propensi al rischio.

Nel frattempo, la ripresa della produzione industriale cinese riferita a maggio ha deluso le attese degli investitori, inoltre vendite al dettaglio e investimenti fissi sono scesi più del previsto. La banca centrale cinese (People’s Bank of China, PBoC) ha mantenuto il tasso MLF invariato per il secondo mese consecutivo. Le borse cinesi si sono mosse sulla parità, sulla scia di notizie economiche deboli e della mancata espansione, per il momento, degli stimoli monetari.

Altrove, in Asia, gran parte dei mercati è scesa. In Australia la borsa ha perso l’1,17%, anche l’Hang Seng (-0,62%) e il Nikkei (-1,36%) hanno ceduto terreno.

Probabilmente anche gli indici azionari europei e americani storneranno i rialzi di venerdì in apertura. La normalizzazione più rapida in Europa potrebbe non riscuotere l’apprezzamento degli investitori per le aziende europee, che dovrebbero iniziare a sentire gli effetti dell’incremento dei casi altrove, e del rischio crescente di vedere un andamento simile in tempi brevi anche nel vecchio continente.

Il FTSE dovrebbe sfondare il supporto dei 6000 punti e l’S&P500 dovrebbe aprire e consolidarsi sotto la soglia dei 3000 punti, i titoli del settore banche ed energia saranno oggetto di pressioni a vendere più marcate. Il capitale dovrebbe riversarsi su titoli tecnologici e beni rifugio, con gli investitori che si tutelano maggiormente contro un’ondata di vendite globali più consistente.

A proposito di beni rifugio, l’oro sta ancora combattendo contro la solida resistenza dei $1750 all’oncia. La crescente avversione al rischio e la flessione dei rendimenti USA dovrebbero continuare a fornire un supporto al metallo giallo sopra i $1700. Uno sfondamento del livello a $1750 dovrebbe innescare un discreto rally sugli stop e incoraggiare una rapida ascesa verso l’area dei $1780/1800.

Sul forex, la maggiore domanda di titoli del Tesoro USA e di dollari dovrebbe generare discrete prese di profitto nelle valute principali, che nelle ultime settimane hanno cavalcato l’onda dell’USD più debole.

Dopo aver oltrepassato il livello più debole, pari al 23,6% del ritracciamento di Fibonacci sull’aumento in atto da aprile a giugno, l’EUR/USD potrebbe scendere ancora, fino a 1,1160 – livello pari all’importante ritracciamento del 38,2%, che dovrebbe fare da spartiacque fra l’attuale trend positivo e un’inversione ribassista di medio termine.

Il dollaro USA più forte probabilmente spingerà il cable sotto la media mobile a 100 giorni (1,2455). Nel frattempo, dagli ultimi dati CFTC emerge che i corti speculativi netti sulla sterlina continuano ad aumentare, spia di maggiori pressioni a vendere nel prossimo futuro. Osservando i dati storici, il mercato potrebbe assorbire agevolmente un ulteriore aumento delle posizioni corte sulla sterlina sulla scia dell’incremento delle scommesse su una Brexit senza accordo. Giovedì la Banca d’Inghilterra (BoE) dovrebbe lasciare i tassi d’interesse invariati, aumentando però l’importo degli acquisti di asset di 150 miliardi di sterline.

Lunedì il greggio WTI è precipitato del 4%, a $35 al barile. Le vendite potrebbero subire un’accelerazione, perché s’infrangono le prospettive di una ripresa globale della domanda di petrolio per effetto delle preoccupazioni per una seconda ondata di contagi. Se ci fosse davvero, una fase prolungata di limitazioni ai viaggi e un rallentamento dell’attività industriale potrebbero far scendere a $20 il prezzo di un barile.

By Ipek Ozkardeskaya

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