Il bear market globale si allarga

La determinazione delle banche centrali nel contenere la crescita dei prezzi al consumo, induce a Wall Street la decima perdita in 11 settimane.

La determinazione delle banche centrali nel contenere la crescita dei prezzi al consumo, induce a Wall Street la decima perdita in 11 settimane. Il modello di asset allocation ha raccomandato provvidenzialmente il disimpegno dall’Equity a partire da novembre scorso.

Con un tonfo prossimo al 6%, i mercati azionari mondiali subiscono la scorsa settimana l’ennesimo smacco. Per Wall Street si tratta della decima perdita in undici settimane: una sequenza negativa, sperimentata soltanto un’altra volta dal Dopoguerra ad oggi. La capitalizzazione complessiva dei listini terrestri si riduce di ulteriori 5 trilioni a meno di 100 trilioni di dollari, con gli investitori che mal reagiscono a banche centrali mondiali attivamente impegnate a contenere la crescita dei prezzi al consumo.

L’antico adagio secondo cui le borse perdono fiducia dopo il terzo aumento dei tassi ufficiali (“Three steps and a stumble”), trova così piena attuazione. Negli Stati Uniti il mercato a termine prezza un rincaro del Fed Funds rate da 75 punti base a luglio, seguito da aumenti da 50pb a settembre e 25pb a novembre e dicembre: per complessivi 219pb di maggior costo ufficiale del denaro nei prossimi dodici mesi. L’obiettivo è quello di spingere i tassi oltre il cosiddetto Neutral rate. E pazienza se ciò dovesse comportare il concreto rischio di inflazione.

Il bear market conseguentemente si allarga. Stati Uniti, Svezia, Olanda e Italia cedono più del 20% dall’inizio dell’anno, e 23 delle prime 25 borse al mondo per capitalizzazione, perdono in qualche misura terreno. Il reddito fisso non immunizza più gli investitori, a differenza del passato: nel primo semestre una classica allocazione “60/40” (60% S&P500, 40% Bloomberg Aggregate Bond), al netto di cedole e dividendi intascati, ha prodotto una perdita senza precedenti del 18%. Nel 2002 e nel 2008, anni record sotto questa prospettiva, il sacrificio nella prima metà dell’anno non andò oltre il 6%. Questo evidentemente perché il mercato azionario era maturo per una correzione e poi bear market, come segnalato dal nostro modello di asset allocation sin dalla fine di novembre; ma il mercato obbligazionario mostrava tutti i tratti della bolla speculativa.

Confermati gli obiettivi temporali del bear market, già discussi nel Rapporto Giornaliero. La stagionalità della settimana successiva alle scadenze tecniche di giugno conferma i timori. Anche Piazza Affari resta in una condizione di estrema vulnerabilità. La somma delle società in uptrend di breve periodo, e dal MACD superiore allo zero, è schiacciata su infimi livelli. Non è affatto detto che il prossimo minimo risulti definitivo.

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