In Borsa sembra di essere tornati al 1995...

D’altro canto, che il mercato azionario fosse arrembante, è provato dalla noncuranza con cui ha affrontato prima la settimana post-scadenze tecniche di marzo; poi una fine di trimestre che avrebbe dovuto essere impattato dai ribilanciamenti dei portafogli.

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D’altro canto, che il mercato azionario fosse arrembante, è provato dalla noncuranza con cui ha affrontato prima la settimana post-scadenze tecniche di marzo; poi una fine di trimestre che avrebbe dovuto essere impattato dai ribilanciamenti dei portafogli.

Dopo aver celebrato il primo anno di quello che si è rivelato il bull market più intenso della storia postbellica; era inevitabile conseguire i primi dati di un’economia in boom: negli Stati Uniti l’ISM Index risale ai livelli più elevati dal 1983; mentre in Europa i PMI manifatturieri, sempre a marzo, raggiungono nuovi massimi storici in Germania, Olanda e nell’Eurozona.

Anche a livello micro le buone notizie non mancano: negli ultimi dodici mesi gli utili operativi delle compagnie dello S&P500, sulla base di dati ancora provvisori si espandono al secondo ritmo più consistente dalla fine degli anni Ottanta. Soltanto nel 2009 – il che è tutto dire... – l’espansione degli EPS si rivelò più generosa.

Lo S&P ha reagito da par suo: salendo più del 5% per il quarto trimestre di fila. A testimonianza dell’eccezionalità di questo evento: soltanto altre quattro volte una successione analoga è stata registrata: l’ultima nel 1995, prima di quattro anni di ulteriori progressi. Il campione rilevato è esiguo, ma conforta rilevare come sei mesi dopo l’indice sia salito in 3 casi su 4, conseguendo una performance media del +6.6%.

D’altro canto, che il mercato azionario fosse arrembante, è provato dalla noncuranza con cui ha affrontato prima la settimana post-scadenze tecniche di marzo; poi una fine di trimestre che avrebbe dovuto essere impattato dai ribilanciamenti dei portafogli.

E mentre l’azionario brillava, i tradizionali porti rifugio subivano l’impatto dei realizzi. L’oro ha sfiorato la definizione tecnica di bear market, mentre il mercato obbligazionario globale, pur tenendo conto delle cedole incassate, ha subito un arretramento superiore al 4%: trattasi della performance peggiore addirittura degli ultimi quarant’anni.

Di questa armonia fra fattori economici (macro e micro) e acquisti sui listini azionari; non poteva non beneficiare anche Piazza Affari, ben orientata verso il ciclo economico globale. Come era nelle attese, il FTSE MIB ha non poco beneficiato di quello che a suo tempo indicammo come l’ultimo argine prima dei massimi di inizio 2020; massimi ora a portata di mano.

Esemplare la correlazione fra il PMI manifatturiero italiano e la performance di Piazza Affari: le due linee si sovrappongono a vicenda. Certo il conseguimento sul primo fronte del livello più elevato degli ultimi quindici anni suscita qualche vertigine; ma il ripiegamento del tasso di crescita dell’All Share Italia, in conseguenza di un raffreddamento della dinamica congiunturale; non necessariamente implicherebbe un massimo definitivo di mercato.

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Alessio Zavarise

15 mar 2024