Ritorniamo sul mercato azionario (e obbligazionario)?

Dopo più di sei mesi di bear market, i giornali "specializzati" cadono dalle nuvole, e addebitano la responsabilità alla recessione.

Dopo più di sei mesi di bear market, i giornali “specializzati” cadono dalle nuvole, e addebitano la responsabilità alla recessione. È vero casomai il contrario: non è l’economia a condizionare i mercati, sono i mercati ad anticipare l’economia.

Piazza Affari in caduta libera. Il FTSE MIB consegue l’ennesima seduta da -2 percento abbondante: è già la quindicesima volta quest’anno. La liquidazione in atto è l’evoluzione naturale della eccezionale compressione di ampiezza di mercato, commentata tre settimane fa, quando sul Rapporto Giornaliero si rilevò un numero infimo di azioni del paniere dell’indice citato in uptrend di breve periodo, ed al contempo dal MACD superiore a zero.

Nella circostanza si rilevò come questa “siccità tecnica” sia intervenuta in passato non già sui minimi di mercato, ma prima di ulteriori sacrifici in un contesto di fondo ribassista. L’analisi tecnica ancora una volta non ha deluso le aspettative degli investitori.

In effetti strappa un accenno di sorriso la narrativa prescelta da giornali anche specializzati nel descrivere l’aggiustamento delle quotazioni: «il mercato teme la recessione». Nulla di più falso: è l’economia che teme il responso del mercato. Come commentiamo nell’aggiornamento di metà anno del 2022 Yearly Outlook, che vedrà la luce fra pochi giorni; dopo la Seconda Guerra Mondiale, soltanto in due occasioni una contrazione di mercato superiore al 20% dai massimi, non è stata seguita da una formale recessione entro i dodici mesi successivi. Il mercato scende da ormai più di sei mesi, la recessione è sopraggiunta soltanto ora. Meglio: è percepita, anche se non ancora ufficializzata.

Questo al momento non dissuade le autorità dal perseguire la priorità di politica monetaria prefissata: contenere la crescita dei prezzi al consumo. L’impresa appare destinata a conseguire una vittoria parziale con il dato di giugno, che beneficerà del confronto con una rilevazione considerevole di un anno fa. Ma lo scalino si abbasserà sensibilmente nei mesi di luglio, agosto e settembre. Ci sembra virtualmente impossibile che l’inflazione negli Stati Uniti possa scendere sotto l’8.0% prima delle elezioni di medio periodo attese negli Stati Uniti per l’inizio di novembre.

L’ISM Index di giugno e l’aggiornamento sull’attività edile nel mese passato hanno indotto il modello previsionale della Fed di Atlanta a rivedere ancora una volta in peggio le stime di PIL per il secondo quarto: -2.1% annualizzato, che si aggiunge al -1.6% definitivo del Q1. Il dato ufficiale sarà reso noto il 28 luglio; il giorno dopo la prossima riunione del FOMC: che aumenterà il Fed Funds rate di 75 punti base.

Così, mentre la politica monetaria si fa sempre più restrittiva, l’economia americana formalizzerà la recessione. Ma dite al mercato qualcosa che già non sappia: è da novembre che ci invia precisi segnali, che a suo tempo hanno raccomandato l’opportunità di ridurre l’esposizione azionaria, fino ad azzerarla in tempi non sospetti.

Nell’Outlook per il secondo semestre vedremo se, dove e come sarà opportuno impiegare la liquidità di cui disponiamo, per ritornare sui mercati azionario e obbligazionario.

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