Da un po’ di tempo ormai non discutevamo le dinamiche della moneta unica, ma ancora una volta il problema della sua idoneità per tutti i membri dell’Eurozona torna in cima ai timori economici, in quanto la Grecia si trova nuovamente a dover prendere alcune decisioni difficili.
La crisi finanziaria ha impartito numerose lezioni: la politica fiscale funziona, la politica monetaria funziona, un quadro di normative migliori gioca a favore del sistema finanziario, la fiducia è essenziale e, soprattutto, i tassi di cambio contano.
Nel corso della crisi, uno dei meccanismi economici che ha aiutato le economie maggiormente in sofferenza è stato il tasso di cambio. Ciò è messo in luce dal crollo della sterlina nel 2007 in termini ponderati su base commerciale, dal deprezzamento del dollaro nel periodo 2009-2011, dello yen a partire dal 2013, e dell’euro negli ultimi tempi (si faccia riferimento al grafico sottostante). Alla base di queste oscillazioni dei cambi esteri troviamo i vigilantes valutari.
Tipicamente queste oscillazioni dei cambi esteri esterni rendono il lavoro più a buon mercato e di conseguenza sostengono il recupero dell’economia. Tuttavia, come sappiamo, questo meccanismo non esiste nell’Eurozona, per via della creazione dell’unione monetaria. Credo che i tassi di cambio siano divenuti relativamente più importanti nel determinare gli esiti economici a livello nazionale e ciò è particolarmente rilevante per la Grecia in questo momento.
Le tre principali leve macroeconomiche sono la politica monetaria, la politica fiscale e il tasso di cambio. La politica fiscale è ancora in mano ai politici e può pertanto essere utilizzata per offrire un forte impeto quando è necessario differenziare gli esiti nazionali (anche se in misura minore in Europa). La politica monetaria si è essenzialmente avvicinata allo zero bound (limite zero) nelle economie G7 principali, il che significa che i tassi brevi sono divenuti enormemente correlati. Senza la possibilità di differenziare gli esiti economici tagliando i tassi, la flessibilità economica a livello nazionale è stata ridotta, il che vuol dire che il tasso di cambio gioca un ruolo più importante di quello svolto storicamente.