Smart working: in cosa consiste questa nuova modalità di lavoro?
Lo smart working, chiamato anche “lavoro agile”, rappresenta uno strumento chiave fondamentale per le imprese: si configura come un nuovo approccio verso l’organizzazione aziendale. Riscoperto, nel nostro Paese, nel periodo di pandemia Covid-19, potrebbe costituire una modalità strutturale di lavoro nei prossimi anni.
Scopriamo subito cos'è e come funziona lo smart working, qual è la normativa italiana che lo regola e a quali ambiti si può applicare.
Smart working: cos'è?
L'espressione "smart working" significa letteralmente "lavoro agile", ovvero una modalità di lavoro online che è stata definita all’interno dello stesso Ordinamento italiano, con la legge n.81 del 22 maggio 2017, come:
Una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Il concetto di lavoro da casa implica dunque una serie di aspetti essenziali, tra questi la possibilità dei dipendenti aziendali di svolgere il proprio lavoro online, con una maggiore flessibilità di orario, lavorando in qualsiasi luogo.
In tal senso, migliaia di lavoratori possono lavorare comodamente da casa, ripensando alle modalità tradizionali del lavoro in ottica completamente digitale. Così videochiamate, messaggi e email sostituiscono le tradizionali riunioni di lavoro in ufficio, rappresentando le attività costanti messe in atto dai lavoratori “smart worker”.
In termini tecnici, riprendendo le parole di Emanuele Madini, esperto di Smart Working ed HR Transformation:
Lo smart working è un modello organizzativo che interviene nel rapporto tra individuo e azienda. Propone autonomia nelle modalità di lavoro a fronte del raggiungimento dei risultati e presuppone il ripensamento “intelligente” delle modalità con cui si svolgono le attività lavorative anche all’interno degli spazi aziendali, rimuovendo vincoli e modelli inadeguati legati a concetti di postazione fissa, open space e ufficio singolo che mal si sposano con i principi di personalizzazione, flessibilità e virtualità.
Lo smart working presuppone quindi un nuovo modo di lavorare che prevede l’uso sapiente delle innovazioni tecnologiche e digitali attraverso la collaborazione delle tante figure professionali all’interno dell’azienda.
La normativa smart working in Europa
Nel contesto internazionale, nel 2014 il Regno Unito ha riconosciuto per la prima volta l’esistenza di una nuova modalità di lavoro online, attraverso la cosiddetta Flexible Working Regulation. Per la prima volta è stato così sancito il diritto del lavoratore ad una maggiore flessibilità lavorativa.
Anche in Olanda e in Belgio durante il 2016 sono state approvate una serie di iniziative volte a riconoscere e tutelare la modalità di lavoro online.
Inoltre, nel 2016 grazie alla risoluzione del Parlamento europeo è stato evidenziato lo smart working come un fenomeno di interesse anche a livello europeo, sottolineando la necessità da parte dei Paesi europei a sostenere il lavoro da casa.
La normativa smart working in Italia
In Italia, lo smart working riceve il suo primo riconoscimento giuridico da parte dello Stato, attraverso la legge numero 81/2017, in seguito ad un percorso avviato già nel 2014 avente come obiettivo quello di attribuire maggiore flessibilità al mercato del lavoro.
La norma non fornisce solo una definizione precisa della modalità di lavoro online, ma conferma anche diversi elementi essenziali per assicurare un rapporto adeguato tra datore di lavoro e dipendente. Tra gli aspetti fondamentali regolati, vi sono: durata, preavviso, le modalità e i tempi del lavoro, ecc.
Dalla legge del 2017 emerge chiaramente l’intenzione da parte dello Stato di riconoscere una parità di trattamento dei dipendenti che lavorano in modalità smart working rispetto ai loro colleghi.
Successivamente, con l'approvazione della Legge di Bilancio 2019, è stata riconosciuta anche la priorità alle richieste di lavoro online se formulate da parte di lavoratrici donne nei tre anni seguenti al termine del periodo di congedo di maternità o da parte dei lavoratori con figli disabili.
Smart working e l’emergenza Coronavirus
Pur essendo riconosciuto in Italia sin dalla Legge sul lavoro Agile del 2017, l’importanza fondamentale dello smart working è stata evidenziata maggiormente in seguito al decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n.6 relativo alle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, che ha previsto la sospensione delle attività lavorative per le imprese ad esclusione di quelle svolte tramite il lavoro online.
Dal decreto del 23 febbraio 2020 si sono susseguite poi varie disposizioni governative, quali il DPCM dell’8 marzo e dell’11 marzo, da cui si raccomanda alle attività produttive e alle attività professionali di attuare il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per tutte quelle attività che possono essere svolte presso la propria abitazione o in modalità a distanza.
Per quanto i numeri degli “smart worker” sono piuttosto significativi, va sottolineato che in Italia vi sono più di 8,5 milioni di operai, ovvero il 55% dei lavoratori dipendenti, per i quali il lavoro può svolgersi esclusivamente in fabbrica.
La stessa situazione riguarda gli italiani che svolgono lavori come cameriere, addetti alle vendite, e tutti coloro che svolgono attività turistiche.
Per questo motivo, con il Decreto Rilancio è stata introdotta un’importante novità per regolarizzare e rendere più sicuro il trasporto pubblico locale. Infatti, con l’art.229 è stato introdotto anche il buono mobilità fino ad un massimo di 500€, ottenuto grazie alla collaborazione tra la Fondazione Cultura Democratica e la start-up veneta Busforfun.
Il bonus attribuisce la possibilità ai cittadini italiani di poter acquistare una bicicletta, anche a pedalata assistita, o di veicoli a propulsione elettrica, nonché l’utilizzo di servizi di mobilità condivisa ad uso individuale. Il buono mobilità ha in effetti l’obiettivo di ridurre il rischio contagio durante il tragitto casa-lavoro, alleggerendo la pressione sul trasporto pubblico locale.
I numeri dello smart working in Italia
È nel 2020 che lo smart working ha ottenuto il suo maggiore successo. Infatti, in piena emergenza Coronavirus, con il conseguente lockdown del Paese, sono stati 8 milioni i lavoratori italiani che hanno sperimentato il lavoro online.
Secondo i risultati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sullo Smart Working, più del 58% delle grandi imprese ha introdotto la modalità di lavoro da casa per i propri dipendenti.
Prima del Coronavirus, lo smart working vedeva coinvolti solo 570 mila lavoratori, registrando un incremento del 20% tra il 2018 e il 2019. Oggi invece sono circa 8 milioni gli italiani che hanno dovuto ripensare il proprio modo di lavorare, sperimentando il lavoro a distanza durante la fase 1 causata dall’arrivo del Coronavirus.
Secondo i dati, il 65% delle grandi imprese, il 30% delle piccole-medie imprese e il 23% della pubblica amministrazione hanno intrapreso iniziative volte a favorire lo smart working.
Inoltre, secondo uno studio condotto da Tito Boeri, ex presidente Inps, circa il 24% della forza lavoro nazionale potrebbe essere potenzialmente impiegato in smart working.
Da quanto emerge dall’indagine pubblicata a marzo 2020 “Infojobs Smart Working 2020”, il 72% delle aziende ha messo a disposizione in tempi brevi mezzi e strumenti proseguire il lavoro da remoto. Tra queste aziende il 56% di queste ha sperimentato il lavoro in modalità smart working per la prima volta, ottenendo risultati positivi sia dal punto di vista della produttività che sulla soddisfazione del proprio personale.
I vantaggi dello smart working
Nel corso degli anni, lo smart working ha mostrato i suoi aspetti positivi, ottenendo grande approvazione anche da parte dei lavoratori stessi.
Ciò è confermato da diversi studi, tra questi uno condotto da Tito Boeri, in cui lavoratori intervistati che hanno sperimentato la modalità di lavoro a distanza, hanno dichiarato di aver apprezzato il fatto di poter evitare gli spostamenti, riducendo così anche il rischio di contagi.
Inoltre secondo uno studio di Angelici e Profeta, gli “smart workers” hanno rispettato maggiormente le scadenze lavorative, quasi il 5% in più rispetto a coloro che hanno continuato a lavorare nel loro ufficio.
Gli effetti positivi del lavoro a distanza si sono mostrati non solo sulla vita professionale dei lavoratori, ma anche in quella privata. L’aumento della flessibilità sul lavoro offerta dallo smart working ha generato un impatto positivo anche sulla qualità della vita.
I dati sullo smart working
Infatti, come emerge dalla ricerca condotta da Marta Angelici e Paola Profeta “Smart working: work flexibilty without constraint”, la maggior parte dei lavoratori intervistati hanno dichiarato che lo smart working ha permesso loro di bilanciare al meglio lavoro e famiglia, rappresentando anche una grande opportunità per la parità di genere. In effetti, grazie al lavoro a distanza, anche gli uomini hanno potuto dedicarsi maggiormente alla propria famiglia o alla cura della propria casa.
Questi dati sono confermati anche dallo studio promosso dalla CGIL che dimostra che oltre la metà del campione, ovvero quasi il 60%, ha dichiarato di voler proseguire il lavoro secondo la modalità di smart working.
Un ulteriore aspetto positivo da non sottovalutare sta nell’impatto del lavoro da casa sulla sostenibilità. Infatti, grazie alla possibilità offerta ai dipendenti di lavorare online, si consente anche una notevole riduzione delle emissioni di CO2 e al risparmio dei consumi elettrici all’interno degli uffici.
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