Per virologi ed esperti la terza ondata di contagi da coronavirus in Italia sarebbe alle porte. Il picco è previsto tra la metà e la fine di marzo 2021, esattamente a un anno dall’esordio della pandemia, e si teme l’ennesimo collasso del sistema sanitario.
Mentre il Ministro Speranza firma la nuova ordinanza per il contenimento del virus, torna ad essere protagonista la paura che a breve la rete di ospedali e medici di base possa non essere in grado di dare l’assistenza sanitaria ai malati affetti da Covid 19 così come a quei i pazienti che hanno bisogno di cure continuative e tempestive.
Mario Draghi illustrando il suo programma di governo al Senato ha dato da subito rassicurazioni sul futuro della sanità in Italia.
Sulla base dell'esperienza dei mesi scorsi dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità. Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base. È questa la strada per rendere realmente esigibili i "Livelli essenziali di assistenza" e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La "casa come principale luogo di cura" è oggi possibile con la telemedicina, con l'assistenza domiciliare integrata.
Nonostante le parole del Premier vadano nella direzione auspicata dagli italiani, delineando una sanità efficiente e strutturata in modo razionale, in grado di erogare i suoi servizi in modo differenziato a seconda delle diverse esigenze, la tensione sul tema resta alta. È evidente che questo cambiamento di rotta richiede i suoi tempi e l’emergenza sollecita risposte nel breve termine che faticano ad arrivare.
I dati UE sulla spesa sanitaria: Italia solo dodicesima
Paghiamo evidentemente il conto per la riduzione progressiva degli investimenti in un settore strategico come la sanità, investimenti che risultano molto più contenuti rispetto agli altri paesi dell’UE, come evidenzia l’ultimo rapporto della Commissione Europea elaborato da Eurostat.
Nel 2018, nei 27 paesi membri (non tenendo quindi conto del Regno Unito, uscito in seguito alla Brexit), si è speso in media in assistenza sanitaria il 9,87% del prodotto interno lordo.
La classifica vede il primato della Germania con una percentuale dell’11,5% del PIL ed una spesa pro capite di 4.627 euro, seguita al secondo posto dalla Francia, (11,3% del PIL e 3.969 euro di spesa per abitante) e al terzo dalla Svezia (10,9% del PIL e 5.041 euro di spesa per abitante).
L’Italia è fuori dalle prime dieci posizioni, sia per quanto riguarda la percentuale del PIL investita in assistenza sanitaria (8,7%) sia per la spesa pro capite in salute (2.534 euro).
Al contenimento delle risorse economiche si aggiunge il mancato ricambio generazionale di medici e infermieri. Nel 2018 i medici impiegati nel Servizio Sanitario Nazionale erano 111.652, diminuiti di 6.410 unità rispetto a dieci anni prima (-5,4%), gli infermieri erano 267.523, scesi di 8.221 unità (-3%).
Una sanità zoppa fa volare la spesa sanitaria privata
Mentre la spesa pubblica per la salute in Italia si è fermata la spesa delle famiglie ha continuato nella sua impennata .
La fragilità del sistema sanitario ha contribuito infatti alla crescita della spesa sanitaria privata nel nostro paese: l’Italia è già da dieci anni tra i primi paesi in Europa con una spesa out of pocket che è pari al 23,5% di quella totale contro il 16% degli altri stati membri. Con l’avvento della pandemia da Covid 19 questo divario è aumentato.
Di fatto gli italiani sono sempre più portati a mettere mano al portafogli per ottenere prestazioni essenziali prescritte dal medico rivolgendosi a strutture estranee al circuito pubblico. Questo perché prevale la rassegnazione e la convinzione dell’impossibilità di riuscire ad ottenere una prenotazione in tempi ragionevoli attraverso il Servizio Sanitario Nazionale.
La necessità di pagare di tasca propria cresce in base al proprio stato di salute e all’età: per i malati cronici la spesa sanitaria privata è in media del 50% più elevata di quella ordinaria, per i pazienti non autosufficienti è in media quasi 3 volte quella ordinaria, per gli anziani è in media il doppio.
C’è poi chi rinuncia alle cure di fronte all’inefficienza del sistema, con l’avvento della pandemia pare che la proporzione sia di 1 paziente su 4.
Si stima che solo nel 2020 siano stati rinviati circa il 40% dei ricoveri (-309.017), 13,3 milioni di accertamenti diagnostici, 9,6 milioni visite specialistiche e che questi appuntamenti siano caduti nel vuoto.
Cosa fare per mettersi al sicuro e garantirsi le cure mediche ?
Di fronte all’incertezza dello scenario attuale le coperture assicurative sanitarie sembrano essere una delle soluzioni più immediate per rispondere al bisogno di cure mediche, dal momento che consentono di attivare in modo efficace l’unico canale alternativo in grado di far fronte al bisogno in questione, la sanità privata, garantendo un contenimento dei costi di accesso.
Le polizze sanitarie, che in Italia a differenza di altri paesi UE non sono obbligatorie, non sono solo importanti per l’effetto di contenimento di una spesa che negli ultimi dieci anni in Italia risulta essere crescente, ma anche e soprattutto perché concretamente consentono di soddisfare il bisogno primario, attivando le strutture convenzionate in grado di recepire la domanda di assistenza attraverso un canale privilegiato che gestisce ogni fase del processo, dalla prenotazione degli appuntamenti e delle visite a tutti gli altri aspetti di natura burocratica aggirando la criticità delle lunghe liste d'attesa.
La pandemia ha mostrato agli italiani quanto sia importante disporre di un sistema di tutele supplementari a quelle del Servizio Sanitario Nazionale in termini di accessibilità alle cure attraverso quei circuiti che il settore assicurativo da tempo mette a disposizione come complemento fondamentale delle polizze sanitarie e anche attraverso i nuovi circuiti che sono stati attivati proprio in risposta all’emergenza pandemica come i servizi di teleconsulto, di operatività a distanza, di telemedicina.
Come funzionano le coperture sanitarie
A fronte del pagamento di un premio annuale la polizza sanitaria assicura il contraente per la copertura di spese sanitarie private impreviste fino a una cifra massima concordata (massimale).
Ogni compagnia ha le sue proposte commerciali e a determinare il valore di una copertura ci sono quattro elementi essenziali
- il premio, che è il prezzo da pagare
- il massimale che è il livello massimo di indennizzo concordato
- la franchigia che è la quota di rimborso che resta a carico dell’assicurato
- le prestazioni sanitarie garantite che variano in base all’offerta, alle clausole scelte e al premio.
L’assicurazione malattia può infatti permettere di ottenere rimborsi totali o parziali (a seconda di come viene strutturata la polizza e delle condizioni previste) su una serie di costi: prestazioni sanitarie ospedaliere ed extra-ospedaliere, visite mediche, esami diagnostici, visite specialistiche presso strutture private per sé stessi o per l’intero nucleo familiare. In alcuni casi è possibile includere nella copertura anche il ricovero per interventi chirurgici a seguito di incidenti (spese come anestesia, oneri chirurgici e sala operatoria sono coperti). Alcune assicurazioni sanitarie prevedono come spese mediche anche i check-up a scopo preventivo effettuati con cadenza regolare.
Per sottoscrivere una polizza malattia va prima compilato un questionario anamnestico nel quale sono raccolte le notizie sullo stato di salute del richiedente. Queste informazioni sono fondamentali per la determinazione del rischio e quindi del premio e per ottenere l’accettazione da parte compagnia che potrebbe rifiutare laddove i dati forniti non fossero chiari ed esaustivi.
Molte compagnie hanno un elenco di case di cura convenzionate alle quali ci si può rivolgere senza neanche anticipare la spesa della prestazione oggetto della copertura di cui si farà carico direttamente l’assicurazione. Solo se si sceglierà di accedere ai servizi di altre strutture non convenzionate si dovrà anticipare la spesa e presentare poi la relativa fattura per ottenere il rimborso.
Una nuova sanità integrativa diffusa è possibile
Tenendo in considerazione tutte le caratteristiche delle coperture sanitarie non appare più un caso che oggi, a margine di una pandemia, oltre un terzo degli italiani si dichiari interessato a sottoscrivere una polizza di questo tipo, propensione che nel 2020, rispetto alla stessa rilevazione fatta nel 2019, è cresciuta di oltre il 50%.
Questo nuovo sentiment potrebbe favorire una crescita più omogenea di una sanità integrativa che oggi è diffusa ma a macchia di leopardo.
Nel mondo del lavoro sicuramente c’è un maggiore impiego di questo strumento ma con dei distinguo tra le diverse categorie: le casse di previdenza infatti ne hanno favorito una presenza capillare nel mondo delle libere professioni. Allo stesso modo le aziende hanno fanno largo ricorso a queste coperture come benefit da garantire ai propri dipendenti. Diverso è il discorso per i lavoratori atipici o con occupazioni discontinue in quanto l’assenza di aggregatori collettivi, quali sono i fondi contrattuali o gli enti di previdenza di riferimento, ne ha di fatto limitato la diffusione.
Guardando ai numeri oggi sono circa 13 milioni gli italiani con una copertura sanitaria integrativa ma questo valore potrebbe crescere se si creassero le giuste condizioni. La fiscalità potrebbe risultare determinante per allargare lo status a tutto il mondo del lavoro, attraverso l’introduzione di incentivi per chi non ha un rapporto stabile, come i lavoratori autonomi, gli atipici, studenti e casalinghe, o per chi è già assicurato e potrebbe estendere la copertura ai familiari.
Questo accadrebbe più facilmente se la sanità integrativa privata, gestita attraverso le Compagnie Assicurative e i Fondi Sanitari, non fosse più vista considerando le polizze come un prodotto finanziario ma, come avviene negli altri Paesi Europei, come un elemento del sistema, strumento fondamentale per un’assistenza sanitaria complementare, aggiuntiva a quella offerta dal Sistema Sanitario Nazionale.
Ecco perché è fondamentale ripartire da una nuova organizzazione del sistema salute, inserendo a pieno titolo anche la sanità integrativa nella programmazione sanitaria.
La pandemia, che ha portato con sé una condizione di incertezza di fondo, sta favorendo una accelerazione del processo e a fronte di una preoccupazione generalizzata per la salute propria, dei familiari e delle persone care non sorprende che sia cresciuto il livello di consapevolezza della necessità di un cambiamento di paradigma a tutti i livelli.