Il pagamento di un capitale o l’erogazione di una rendita costituiscono le controprestazioni di un contratto di assicurazione sulla durata di vita, ovvero sono le prestazioni che l’assicuratore si impegna a pagare al beneficiario o ai beneficiari della polizza, allorquando si verificano gli eventi oggetto di copertura relativamente alla vita dell’assicurato.
In tale polizza può accadere normalmente che la figura del contraente, dell’assicurato e del beneficiario coincidano, come nel caso delle polizze caso vita oppure che coincidano solo contraente e assicurato mentre che il beneficiario o i beneficiari siano terzi soggetti, come piò accadere invece nelle polizze per il caso di morte.
Stante queste due possibili prestazioni, una delle domande che spesso chi sottoscrive una polizza si fa è proprio quella di cercare di capire effettivamente, se a scadenza convenga ricevere la prestazione in forma di capitale oppure accettare che venga convertita in una rendita periodica.
Polizza caso vita: la descrizione generica delle prestazioni a scadenza
Ricordiamo che se il contraente decidesse per la prestazione in forma di capitale, accade che il beneficiario, a scadenza naturale della polizza, riceverà il capitale assicurato tutto in un’unica soluzione.
Al contrario, se il contraente avesse optato per una rendita, accade che alla scadenza del contratto, la somma anziché essere erogata in un’unica soluzione, viene erogata in modo periodico con una frequenza che viene stabilita a priori (in genere mensile).
La rendita quindi si configura come una specie di “pensione”, ossia un vitalizio, che viene corrisposta ai beneficiari o per tutta la sua durata residua di vita, oppure per una durata definita, e ha come effetto fondamentale, quello non di concentrare l’erogazione in unico momento, ma di spalmare la distribuzione del capitale in modo uniforme nel tempo.
Scegliere tra queste due opzioni non è una cosa che va fatta alla leggera ma deve essere opportunamente ponderata perché effettivamente, una volta espressa la preferenza per una o per l’altra soluzione, non è possibile poi cambiare idea.
Pertanto cerchiamo di addentrarci nell’argomento iniziando a delineare a grandi linee i pro e i contro di queste due scelte.
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Assicurazione vita: vantaggi e svantaggi
In realtà possiamo dire che non esiste una risposta che sia valida in assoluto per tutti perché dipende sempre dalle situazioni e dalle esigenze individuali.
In generale è vero che chi decide di optare per una rendita, ha un elemento di rischio aggiuntivo che chi decide per la prestazione in forma di capitale non ha. In effetti in ipotesi di decesso in corso di erogazione della rendita, è evidente che l’assicurato non ha la restituzione integrale del capitale versato.
Si può ovviare a questa situazione nominando un beneficiario cui vada erogata la rendita in ipotesi decesso dell’assicurato, oppure si può optare per una rendita che preveda il pagamento di una rendita fissa per un certo periodo di tempo.
Tuttavia bisogna ricordare che, in tutte e due le ipotesi, l’ammontare della rendita che viene ad essere pagata dalla compagnia si riduce per i maggiori rischi in capo alla stessa, soprattutto nell’ipotesi in cui si inserisca un beneficiario all’interno del contratto, che configura di fatto, l’ipotesi di erogazione della rendita a due teste.
Se volete saperne di più vi consigliamo la visione del seguente video tratto dal canale Daniele Stroppiana - YouTube:
Rendita o capitale? Quale conviene
Adesso cerchiamo di capire meglio cosa considerare quando si fa una scelta, anche perché i capitali o le rendite erogate, sono soggette a differenti tassazioni a seconda del tipo di polizza che si considera.
Di base la regola generale è che tutti i capitali che sono erogati in favore dei beneficiari a copertura del rischio demografico non scontano l’imposta sostitutiva, quelli relativi a rendimenti di natura finanziaria sì.
Questo farà sì ad esempio che nelle polizze vita di puro rischio come la TCM, se si ha la morte dell’assicurato, il capitale che viene erogato ai beneficiari, è completamente esente da imposte.
Se invece consideriamo polizze di risparmio e/o investimento dobbiamo fare la duplice distinzione.
Nel momento in cui si opta per il capitale, al momento della scadenza l’assicuratore pagherà il capitale assicurato tutto in un’unica soluzione. Il capitale che è maturato alla scadenza della polizza, di solito è un capitale lordo dal quale prima di essere corrisposto agli eventi diritti, verrà sottratto il totale delle tasse andando a definire così il capitale netto.
Laddove invece si scegliesse l’opzione rendita, bisogna considerare questo aspetto, che la rendita viene percepita in modo continuativo e periodico nel tempo e di solito, fin tutta la durata residua dell’individuo.
Quello che va sottolineato in questo caso è la particolarità della rendita, che ha una tassazione che grava solo sui rendimenti maturati ed è differente a seconda del momento in cui è stata stipulata a polizza. Nello specifico per polizze stipulate:
- fino al 31/12/2011 si applica l’aliquota del 12,50% indipendentemente dalla composizione finanziaria collegata al contratto;
- dall’1/01/2012 al 30/06/2014 si applica l’aliquota del 12,50% se la polizza investe in titoli di stato, o del 20% se la polizza investe in titoli finanziari;
- dall’1/07/2014 si applica l’aliquota del 12,50% o del 26% a seconda del fatto che la polizza investa in titoli di stato o finanziari, rispettivamente.
Assicurazione vita: capitale o rendita e la questione demografica
Laddove poi si va ad effettuare una scelta tra capitale o rendita, bisognerebbe sempre considerare il ragionamento della compagnia dietro queste due opzioni.
Di base nel momento in cui si richiede che la somma venga erogata in capitale e non in rendita, nonostante sia una trasformazione che sfavorisce la compagnia, è comunque una soluzione che la compagnia stessa tende a preferire.
Questo per ragioni meramente demografiche, in quanto sebbene la legge stabilisce che la conversione della rendita in capitale debba essere fatti sempre con condizioni più favorevoli possibili ai clienti, accade che per effetto di questa capitalizzazione si evitano di fatto, di corrispondere rendite vitalizie ai propri clienti per periodi di tempi più allungati visto l’aumento della durata di vita media soprattutto alle età adulte.
Questo problema per le compagnie di assicurazione, che poi si riassume in quello che in termini tecnici si chiama rischio di longevità, si origina dal fatto che alla base del calcolo delle rendite ci sia l’utilizzo di tavole demografiche che hanno incorporata l’aspettativa di vita del momento in cui la polizza è stata stipulata.
È evidente dunque che una polizza stipulata anni fa da persone abbiano optato per la rendita vitalizia, rischi proprio di vedersi allungare nel tempo il periodo di erogazione di questa rendita considerando proprio l’aumento dell’aspettativa di vita.
Questo tradotto in soldoni vuol dire che, una compagnia assicurativa si troverà a corrispondere rate di rendite vitalizie per un tempo aggiuntivo che al momento della stipula non era stato incorporato nelle basi tecniche del contratto, ecco perché in questo senso, alla compagnia sarebbe convenuto maggiormente la conversione della rendita in capitale.
Assicurazione vita: capitale o rendita cosa conviene
È ovvio che legata all’una e all’altra scelta ci sono dei vantaggi specifici. Scegliere una rendita vuol dire avere un’entrata certa nel tempo, che si rivaluta per tutta la durata di vita. In aggiunta se c’è il decesso del percettore di questa rendita, vi è la possibilità che i beneficiari del soggetto possano contare sulla reversibilità della stessa.
Analogamente optare per la liquidazione del capitale, vuol dire poter avere una somma immediatamente disponibile che si può reinvestire in altri modi e che se si verifica il decesso, viene lasciata agli eredi.
È ovvio dunque che alla luce di quanto detto che non possiamo dare una risposta univoca valida per tutti su cosa sia più conveniente in assoluto fare, ma possiamo però dare valide indicazioni di massima.
Questo perché ricordiamo, il fatto di optare a scadenza per un capitale o una rendita è una scelta molto importante che non è possibile cambiare, non solo, se poi ci fosse anche la morte dell’assicurato durante il contratto, comunque il capitale non ancora incassato, è perso.
Allora proprio perché non esiste una regola che sia valida in assoluto per tutti, è buona norma nell’effettuare tale scelta tenere sempre a mente del perché si è stipulata la polizza, ossia per quale esistenza di copertura il contratto è stato stipulato. Sono sempre i nostri bisogni che devono guidare le nostre scelte.
Quindi se ad esempio la polizza anni addietro si è stipulata per creare un’integrazione alla propria pensione oppure per fare in modo che il tenore di vita della famiglia si mantenesse quanto più possibile costante nel tempo, allora conviene optare per la conversione in rendita.
Al contrario, se lo scopo con cui si era contratta la polizza era quello di avere una liquidità per estinguere un debito, ad esempio un mutuo, oppure avere una somma per sostenere una spesa specifica, allora è ovvio che la scelta giusta è ottenere la somma in forma di capitale.
Assicurazione vita: quali rendite
Appurato che l’opzione capitale risulta essere più facilmente comprensibile, quella relativa alla rendita è un po' più articolata, visto i differenti tipi di rendita che il mercato assicurativo propone,
Innanzitutto bisogna dire che fondamentali nel calcolo dell’ammontare della rata di rendita periodica sono due variabili, l’età dell’assicurato e il tipo di rendita per la quale si opta.
Relativamente all’età, ovviamente più è giovane l’assicurato, più la rata è bassa in quanto minore sarà il coefficiente di conversione dato che da un punto di vista demografico, si assume che potrà beneficiarne per un periodo di tempo più lungo visto l’aumento della aspettativa di vita.
Per quanto riguarda il tipo di rendita, ricordiamo che nel mercato assicurativo esistono differenti rendite vitalizie che appunto, influiscono sull’ammontare della rata periodica.
Abbiamo rendite immediate in cui pagamento inizia immediatamente dalla fine del contratto e per tutta la durata di vita dell’assicurato e rendite differite in cui il pagamento delle rate inizia invece, dopo un certo periodo di tempo che viene deciso dall’assicurato stesso.
In questo caso anche il differimento incide sull’ammontare della rendita perché di fatto sposta in avanti l’età dell’assicurato stesso.
Infine, possiamo avere rendite certe che dopo un certo numero di anni, tipicamente 5 o 10, si trasformano in rendite vitalizie se l’assicurato è ancora in vita.
Queste rendite si caratterizzano per il fatto che nel primo periodo, quando sono certe, prevedono il pagamento di una rata certa indipendentemente dal fatto che l’assicurato sia in vita o meno perché in questa seconda eventualità la rata viene corrisposta ai beneficiari per tutto il periodo di rendita certa.
Bisogna sempre dire che in tutti e tre questi tipi di rendite, è data all’assicurato la possibilità di inserire sempre l’opzione di reversibilità, ragion per cui in ipotesi di suo decesso, le rate residue verranno corrisposte ai beneficiari dai lui indicati fino a che saranno in vita.
Va da sé che se si introduce la reversibilità abbiamo già detto che l’importo della rata si abbassa perché nel calcolo della stessa, si tiene conto anche della sopravvivenza del beneficiario.
Rendita e protezione
In alternativa all’introduzione della clausola di reversibilità c’è un’altra scelta che possono fare gli assicurati che vogliono comunque proteggere il loro capitale dal rischio di morte nel momento in cui optano per ottenere il pagamento di una rendita.
A tutti infatti è data la possibilità di stipulare un contratto di assicurazione con riassicurazione attraverso la quale, pagando un premio, si ha effettivamente la possibilità di non perdere almeno i premi versati.
Questo perché se in costanza di erogazione della rendita si dovesse verificare il decesso dell’assicurato, per effetto della riassicurazione i beneficiari possono ottenere che venga restituito il capitale residuo.
La riassicurazione opera anche nel periodo di differimento della rendita, purché però in tal caso, ci sia stato almeno il pagamento di un premio di riassicurazione.
È ovvio che è una soluzione costosa ma comunque deve essere presa in considerazione quando si abbiano beneficiari in particolari situazioni, come figli minori o portatori di handicap o altre persone che comunque siano bisognose di maggiore protezione.