Cina: Bitcoin vietati e minting di NFT autorizzato solo sulla blockchain di Stato

La Cina dichiara illegali Bitcoin e criptovalute! Mentre il minting di NFT sarà autorizzato solo sulla blockchain di Stato.

Mentre gli asset crittografici non vivono la loro migliore situazione dati gli andamenti di mercato, prosegue in Cina il ban alle criptovalute in tutte le loro forme.

Eppure questa azione del governo cinese viene spesso male interpretata e vista come una ferma opposizione alla tecnologia blockchain.

In realtà, proprio da questo punto di vista il Paese sembra invece molto più avanti dei governi Occidentali. Più che un divieto alle criptovalute è un ban che vieta la commercializzazione delle stesse al settore privato sul territorio, ma parallelamente viene lanciata una blockchain di Stato e persino una moneta digitale emessa dalla banca centrale.

Di fatto mentre gli USA adesso discutono la possibilità di una regolamentazione degli asset crittografici e dell’introduzione del dollaro digitale, la Cina ha già il suo Yuan digitale.

In sintesi, la Cina piuttosto che negare la tecnologia blockchain capisce appieno la portata del suo valore e la autorizza solo sotto il controllo delle autorità governative. Anche il minting di NFT in Cina avviene attraverso l’utilizzo di una piattaforma blockchain di Stato, cioè è un’operazione interamente gestita e controllata dal governo.

La Cina conia lo Yuan digitale (e-CNY). Ma non è una criptovaluta

Prima di chiarire la funzione politica del ban alle criptovalute in Cina, dobbiamo fare qualche precisazione sullo Yan digitale emesso dalla banca centrale del Paese.

Questa moneta segue il valore della moneta di Stato cinese il Renminbi, sul modello degli stablecoin che sono ancorati al valore di una valuta fiat con un rapporto di 1:1.

Tuttavia se la Cina è stato il primo paese ad avere una moneta digitale di Stato, cioè emessa dalla Banca Popolare Cinese (PBOC), questa in senso tecnico non è una criptovaluta e non solo perché non è decentralizzata, ma anche perché non si avvale di nessuna tecnologia blockchain.

Benché la Cina abbia una blockchain nazionale al momento lo Yuan digitale (e-CNY) non la utilizza e questa benché rappresenti una forma di denaro digitale non è una criptovaluta.

Per quanto riguarda l’utilizzo dello Yuan digitale (e-CNY) questo ha trovato ampia applicazione durante le Olimpiadi 2022 che si sono svolte a Pechino e al momento in cui parliamo sono attiva già più di 20 milioni di wallet che supportano la moneta, ovviamente sempre gestiti dalla banca centrale cinese.

La nuova blockchain nazionale: così la Cina controlla il minting degli NFT

Chiarito che per adesso lo Yan digitale non è ancora una criptovaluta la Cina ha comunque lanciato nel 2020 la BSN ovvero la blockchain di Stato dove avviene il minting di NFT sul territorio e lo sviluppo di applicazioni di finanza decentralizzata di altro tipo (DApp).

Di base il ban cinese avvolge tutte le criptovalute che sostituiscono in qualche modo nelle funzioni la valuta a corso legale, ma non gli NFT. Il problema però è che per il minting bisogna ricorre a blockchain quale Ethereum il cui utilizzo è vietato. Per quanto gli ultimi dati riportano che seppur fuorilegge il mining di criptovalute e il minting di NFT fuori della blockchain nazionale prosegue in via illegale anche se non più nelle proporzioni di prima

Perché lo Yuan digitale (e-CNY) non è una criptovaluta?

La domanda che a questo punto sorge spontanea è: come mai, se la Cina possiede una blockchain nazionale interamente gestita dal governo, lo Yuan digitale non è stato costruito su di essa, cioè perché non è una criptovaluta?

Che lo Yuan digitale non utilizzi la tecnologia blockchain è stato confermato anche dalla Banca Popolare Cinese la quale ha giustificato questa scelta con il fatto che la rete non sia ancora pronta per un tale passo avanti.

Si deve poi considerare che se criptovalute e i wallet che le custodiscono sono applicazioni di finanza decentralizzata diversamente i portafogli per utilizzare e archiviare lo Yuan digitale richiedono una serie di informazioni per l’identificazione prima che l’utente sia abilitato all’utilizzo.

In ogni caso, i portavoce della banca centrale cinese hanno anche confermato che i piani futuri prevedono la trasformazione della valuta digitale di Stato in una criptovaluta, quando la blockchain sarà implementata per questo.

Quali sono le criptovalute messe al bando in Cina?

Veniamo adesso al ban applicato alle criptovalute e cerchiamo di capire cosa si nasconde dietro questa scelta che ha delle motivazioni politiche alla base.

Il divieto di effettuare transazioni e effettuare il mining di criptovalute sul territorio cinese è stato un provvedimento graduale.

A maggio dello scorso anno si è avuto il primo provvedimento che vietava transazioni in criptovalute, ma che riguardava però solo le istituzioni finanziarie, il mese dopo è arrivato il ban all’attività di mining.

Il culmine si è avuto a settembre quando il ban ha avvolto tutti i tipi di criptovalute e qualsiasi tipo di operazione con esse.

Ricordiamo che il ban alle criptovalute in Cina riguarda tutti i tipi di monete digitali, cioè sia quelle che si avvalgono del protocollo di consenso Proof-to-Work (PoW), sia quelle che utilizzano alternative come il Proof-of-Stake (PoS). 

In molti paesi invece divieti e limitazioni riguardano solo le blockchain che utilizzano il PoW, tra cui Bitcoin ed Ethereum, perché questo particolare meccanismo di convalidata delle transazioni è un processo ad alta intensità energetica e quindi dispendioso e poco sostenibile.

Perché la Cina ha vietato Bitcoin & Co.?

Il ban cinese alle criptovalute è stato giustificato nella preoccupazione che queste potessero essere utilizzate in modo illecito soprattutto allo scopo di aggirare restrizioni si flussi finanziari esteri.

Quello di cui la Cina ha paura è che si presenti uno scenario simile a quello del 2015/206, quando il governo applicò una serie di restrizioni al fine di ridurre il deflusso di capitali e salvare il renminbi che aveva subito un enorme deprezzamento.

La Cina teme che qualora una situazione simile dovesse ripresentarsi le criptovalute sarebbero uno strumento perfetto per eludere le restrizioni.

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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