Cina, le Criptovalute sono fuorilegge! Ma c’è un retroscena

Criptovalute, la doppia faccia della Cina! Dove esiste la Blockchain di Stato per il minting di NFT, ma le criptovalute sono fuorilegge.

I recenti stravolgimenti politici che stanno attraversando l’Europa hanno, per forza di causa maggiore, portato ancora una volta l’attenzione sulla Cina. Quello che però spesso si ignora è l’enorme passo avanti che questa nazione sta compiendo rispetto ai paesi occidentali nel processo di digitalizzazione.

Il Paese sta portando avanti al momento due progetti distinti al fine di accelerare il processo di digitalizzazione economica e sono da un lato il e-CNY, il cosiddetto lo Yuan digitale, e poi una rete di servizi basati invece su una Blockchain nazionale gestita del governo, la BSN.

Di fatto mentre gli Stati Uniti si avvicinano al solo studio di un possibile dollaro digitale, in questo senso la Cina non solo ha già la sua criptovaluta di Stato, ma ha anche una Blockchain nazionale su cui avviene la gestione di una serie di servizi tra cui il minting di NFT nel territorio.

Molto spesso quando si parla della Cina in relazione alle criptovalute si pone sempre l’attenzione sul recente “ban” che il paese ha attuato, in realtà tale ban riguarda il settore privato e il governo cinese più che respingere la tecnologia Blockchain ne ha compreso appieno il potenziale e sta anzi cercando di collocarlo esclusivamente nelle sue mani.

Che cos’è lo Yuan digitale (e-CNY), la prima “criptovaluta di Stato” in Cina

La Cina è stata il primo paese a creare una criptovaluta di Stato, cioè uno stablecoin ancorato come asset collaterale alla valuta a corso legale con un rapporto di 1:1, emesso e regolamentato dalla banca centrale cinese, la Banca Popolare Cinese (PBOC).

Questo stablecoin chiamato Yuan digitale (e-CNY) è stato usato anche come strumento di pagamento alle Olimpiadi 2022 di Pechino e al momento la PBOC ha già attivato 20 milioni di portafogli digitali per l’utilizzo della criptovaluta.

Il e-CNY è una criptovaluta diversa, perché se siamo abituati a pensare alle monete digitali come il punto massimo della finanza decentralizzata (DeFi), lo stablecoin cinese è una valuta di Stato a corso legale a tutti gli effetti la cui emissione dipende da una banca centrale nazionale e che di decentralizzato non ha assolutamente nulla.

Si tratta a tutti gli effetti di una forma digitale del denaro contante, dove per la sua emissione viene utilizzato un sistema a due livelli, è infatti la PBOC che autorizza una serie di istituzioni partner, che fino  adesso sono le principali banche statali, a distribuire lo Yuan digitale.

Queste aziende forniscono ai consumatori anche i wallet digitali con cui utilizzare questo nuovo sistema di pagamento.

Che cos’è la BSN, la Blockchain nazionale cinese

Ma se la Cina ha una “criptovaluta di Stato”, il paese guarda anche all’altro astro nascente degli asset crittografici che sono gli NFT e ha anche una vera e propria Blockchain nazionale, la BSN.

Questa Blockchain nata nel 2020 offre in realtà una serie di servizi, ovvero la possibilità di sviluppare sulla piattaforma le cosiddette DApp, cioè tutti i tipi di applicazione che utilizzano questa tecnologia.

Di fatto, su questa Blockchain è possibile sempre tramite servizi governativi anche il minting di NFT, dove al momento ricordiamo che tale operazione su piattaforme private quello Ethereum è vietata.

Un approfondimento sulla Blockchain nazionale cinese e offerta dal video YouTube di Cryptocito:

  

Che collegamento c’è tra Yuan digitale e la Blockchain nazionale cinese

A questo punto bisogna chiarire che la BSN, la Blockchain nazionale, e lo e-CNY, la moneta digitale di Stato sono in Cina due progetti distinti.

Ovvero, se si parla dello Yuan digitale come una “criptovaluta” di Stato in realtà questa non lo è da un punto di vista tecnico, perché non usa nessuna tecnologia Blockchain per funzionare.

Come riporta un articolo pubblicato sulla pagina web di Stanford, la PBOC ha confermato che lo Yuan digitale non usa registri distribuiti o piattaforme Blockchain, perché tale rete non è ancora adatta a gestire un così alto volume di transazioni.

Inoltre, lo e-CNY richiede l’utilizzo di wallet digitali dove l’utente deve fornire informazioni di identificazione perché possa essere abilitato all’utilizzo.

Al momento tra i due progetti, la BSN e lo e-CNY, non c’è collegamento, per limiti tecnologici e non per ostacoli ideologici da parte delle autorità cinesi.

Secondo una studiosa del Center for a New American Security, Yaya Fanusie, una volta che la Blockchain nazionale sarà perfettamente operativa anche lo Yuan digitale diventerà una “criptovaluta” in senso letterale cioè comincerà ad essere una moneta digitale supportata da tecnologia Blockchain.

Come si spiega in questo contesto il ban della Cina alle criptovalute

L’anno scorso la Cina, mentre metteva a punto la sua valuta digitale e la Blockchain nazionale, decideva allo stesso tempo di vietare l’utilizzo delle criptovalute su tutto il territorio e senza distinzione di sorta.

Il cosiddetto “ban della Cina alle criptovalute” è avvenuto in diverse fasi, prima a maggio 2021 è stato istituito un divieto per le istituzioni finanziarie ad effettuare transazioni con valuta digitale.

A giugno il divieto si è esteso alle attività di “mining”, cioè i processi con cui si convalidano le transazioni e si estraggono i nuovi token delle monete digitali che utilizzano il protocollo Proof-of-Work (PoW).

A settembre il ban è diventato completo e le criptovalute sono diventate fuorilegge, sia quelle che usano il PoW che il PoS, con il divieto non solo di mining, ma anche di effettuare transazioni.

La scelta del ban è stata giustificata con l’enorme impatto che le criptovalute hanno sull’ambiente essendo stata per lungo tempo la Cina, con la sua energia a buon mercato, la sede con la più alta percentuale di attività di mining al mondo.

In realtà, le criptovalute se inquinano sono anche un modo per muovere denaro fuori dalla giurisdizione della SWIFT e delle varie banche centrali e perciò rappresentano una minaccia per la finanza tradizionale. Dove invece, la Cina sta cercando di mettere sotto il controllo delle autorità centrali anche gli asset crittografici.

Il ban cinese alle criptovalute si estende anche agli NFT?

L’amministratore delegato di Red Date Technology, Yifan He, un’azienda che fornisce supporto tecnologico alla Cina per la BSN, in un’intervista apparsa a gennaio sul South China Morning Post ha spiegato che dal punto di vista legale il divieto imposto dal governo comprende le criptovalute, ma non gli NFT.

Tuttavia, il problema è che la Cina ha di fatto bloccato l’accesso alle Blockchain pubbliche, quali Ethereum, su cui avviene il minting di NFT.

Diversamente, individui e società possono creare i propri NFT usando la BSN, la Blockchain nazionale, su cui devono anche avvenire gli scambi e dove l’acquisto deve avvenire con lo Yuan digitale e non in criptovalute.

I Bitcoin come strumento per eludere i controlli sul flusso di capitali

Una delle preoccupazioni che ha portato la Cina ad emettere il ban era che le criptovalute potessero essere usate al fine di eludere eventuali restrizioni sui flussi finanziari transfrontalieri.

Questo perché la Cina ha un precedente avvenuto tra il 2015 e il 2016 quando il renminbi, la valuta di stato, subì un forte deprezzamento che il governo cercò di combattere limitando il deflusso di capitali, per effetto di questo però la domanda di Bitcoin nella nazione crebbe enormemente perché le criptovalute venivano usate al fine di eludere queste limitazioni e i controlli del governo.

I Bitcoin quindi per le autorità cinesi rappresentano uno strumento per eludere i controlli sui capitali e quindi da mettere al bando non solo un problema in termini di sostenibilità.

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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