Collasso delle criptovalute: un sistema non sostenibile

Negli ultimi giorni si legge davvero di tutto riguardo al crollo delle criptovalute con opinioni contrastanti, a volte contraddittorie ma soprattutto più o...

Negli ultimi giorni si legge davvero di tutto riguardo al crollo delle criptovalute con opinioni contrastanti, a volte contraddittorie ma soprattutto più o meno pessimistiche ed analitiche. C’è chi spudoratamente scrive che il crollo del mondo cripto sarà un respiro per il resto del mondo e chi già mostra come si potrebbero recuperare queste perdite.

Stiamo parlando di trilioni di dollari che senza una mossa strategica potrebbero davvero far collassare brutalmente le criptovalute. Dopo le numerose critiche dovute alla contaminazione e all’impatto ambientale provocato da Bitcoin e dai Non-Fungible Token (NFT), molti investitori hanno iniziato a fare un passo indietro.

Nonostante la causa numero uno si attribuisca al crollo dei prezzi di una “stablecoin”, TerraUSD, che dovrebbe essere ancorata al dollaro USA e quindi non soggetta ad un’alta volatilità, la ragione risiede in una combinazione di molti fattori.

È vero che TerraUSD ha perso più del 98% del suo valore in una sola notte, generando il caos nel mondo finanziario delle criptovalute ma è anche vero che bitcoin è sceso del 55% negli ultimi sei mesi, portando alcuni a suggerire che sia necessaria una regolamentazione per contenere queste fluttuazioni.

I cinque grandi crolli nella storia delle criptovalute 

Come scrive chiaramente Michael del Castillo sulla rivista Forbes, nella storia delle criptovalute ci sono stati 5 grandi crolli:

“1) Il primo è arrivato nel 2014 quando bitcoin era praticamente l’unico scambio già sviluppato nel mondo. A seguito di un attacco hacker è collassato perdendo quasi mezzo miliardo di dollari.

2) Il secondo, nel 2016, a causa dell’attacco hacker DAO, quando è stato ingannato uno smart contract e sono stati trasferiti60 milioni di dollari di ethereum (del valore odierno di 8 miliardi di dollari).

3) Il terzo, nel gennaio 2018, si è verificato quando è scoppiata la bolla ICO, iniziando un declino lungo un anno, spazzando via il 60% del mercato delle criptovalute o più di 700 milioni di dollari principalmente sotto forma di gettoni spazzatura senza valore.

4) Il quarto ha avuto luogo a marzo 2020, quando la criptovaluta ha perso il 40% del suo valore insieme alla maggior parte degli altri mercati finanziari globali.”

Ed ecco che siamo giunti al quindi collasso, quello di pochi giorni fa, il più grave di tutti. Questa volta il crollo del mercato si aggira intorno ai trilioni di dollari ed è stato causato sia da una forte svendita di beni ad alto rischio che dall’improvviso collasso di una stablecoin, TerraUSD.

Crollo criptovalute: le sfide verso la sostenibilità

Segni che denotano un mercato immaturo e lontano da ciò che possiamo definire sostenibile. I grandi pilastri della sostenibilità prevedono che una crescita non lasci dietro di sè strascichi dannosi per l’ambiente e per la nostra società ma un miglioramento delle condizioni di vita.

Se una nuova innovazione per esistere ha bisogno di alterare in modo negativo l’ambiente, l’economia e la società allora NON è sostenibile. Questo non significa che le nuove tecnologie non debbano stravolgere il presente MA devono farlo senza provocare un danno.

Altrimenti ricadremo nuovamente nella ragnatela dalla quale cerchiamo di allontanarci: molte risorse nelle mani di poche persone, distruzione della biodiversità, danni per la salute umana e delle altre creature viventi.

Ecco un breve video di Matteo Flora che ci dà una panoramica riguardo le cause principali dell’ultima frode a Bitcoin che ha visto come protagonista “manipolata” TerraUSD, importanti per parlare dei grandi pilastri della sostenibilità.

Crollo criptovalute: la sostenibilità economica

Il primo grande pilastro per garantire una crescita sostenibile è la sostenibilità economica, direttamente relazionata a quella sociale e a quella ambientale, secondo Investopedia è:

“La conservazione delle risorse naturali che forniscono input fisici per la produzione economica, inclusi input rinnovabili ed esauribili.”

Tuttavia non si riferisce semplicemente al prodotto nazionale lordo, ai tassi di cambio, all’inflazione e al profitto, ma si anche alla produzione, alla distribuzione e al consumo di beni e servizi. Il movimento e il trasferimento di beni e servizi hanno un effetto notevole sugli ecosistemi ambientali e sociali perché questi sono la fonte di materiali non lavorati o inutilizzati nonchè i “magazzini” per le merci scartate.

Il mondo delle criptovalute rispetta il principio della sostenibilità economica?

Per poter definire una criptovaluta ambientalmente sostenibile abbiamo quindi bisogno di prendere in considerazione l’interazione di diversi fattori: come funziona lo scambio di monete digitali, quali risorse naturali vengono utilizzate, quali risorse tecnologiche vengono utilizzate e la regolamentazione internazionale.

Detto in parole semplici, quando tutti questi fattori riescono a soddisfare la domanda del mercato senza impattare le economie locali ed utilizzando le risorse senza sprechi nè scarti, allora tale criptovaluta si potrà definire economicamente sostenibile. 

Crollo criptovalute: la sostenibilità sociale

Si parla troppo poco della sostenibilità sociale ma in realtà questa gioca un ruolo chiave. Una delle definizioni più complete la troviamo nell’articolo pubblicato su Science Direct da Şebnem Yılmaz Balaman:

“È la gestione degli impatti sia positivi che negativi di sistemi, processi, organizzazioni e attività riguardanti le persone e la loro vita sociale.

Gli argomenti che integra il concetto includono – ma non sono limitati a – salute ed equità sociale, diritti umani, diritti del lavoro, pratiche e condizioni di lavoro dignitose, responsabilità sociale e giustizia, sviluppo e benessere della comunità, responsabilità di prodotto, resilienza della comunità e competenza culturale.”

Il mondo delle criptovalute rispetta il principio della sostenibilità sociale?

A livello teorico le criptovalute nascono proprio per proporre un’alternativa alla centralizzazione del capitale, eliminando intermediari e offrendo la possibilità di scambiare denaro a qualsiasi persona del mondo che possa avere accesso a internet.

Cosa succede invece nella realtà? Gli scambi sono fatti dalle persone, investitori che si comportano come umani e questi sono invece molto condizionabili dai governi e dalle banche. Pochi giorni fa moltissimi statunitensi hanno chiuso con i beni al alto rischio allontanandosi dalle criptovalute; questo ha inacerbito la crisi attuale.

Senza entrare nel dettaglio di alcuni protocolli come il Proof of Stake che di socialmente sostenibile non ha quasi nulla.

Crollo criptovalute: la sostenibilità ambientale

Ed eccoci arrivati al terzo pilastro, quello della sostenibilità ambientale che ha ricevuto pesanti critiche nell’ultimo anno e mezzo, proprio dopo la cosiddetta Grande Migrazione delle miniere. A cavalcare l’onda di questa crisi ci sono numerose riviste che non perdono l’occasione per mettere il dito nella piaga.

Alcuni dei titoli più diretti sono del blog The Conversation “Il crollo dei prezzi della criptovaluta offre speranza per rallentare il cambiamento climatico: ecco come” o di Science Alert “Il crash della criptovaluta è un’ottima notizia per il resto del mondo. Ecco perché”.

Il mondo delle criptovalute rispetta il principio della sostenibilità ambientale?

Questo tema è particolarmente delicato perchè, ancora una volta, non possiamo analizzarlo senza considerare il ciclo completo del mondo cripto: le componenti necessarie e la loro vita utile, l’uso di energia elettrica e lo smaltimento degli scarti.

Non esiste attualmente una moneta digitale in grado di soddisfare a pieno ognuno di questi punti infatti se la tecnologia blockchain è un ottimo punto di partenza per tutte, è il meccanismo di consenso o il protocollo utilizzato che diventa fondamentale per garantire una sostenibilità ambientale.

Crollo criptovalute: soluzioni apparentemente sostenibili

Il protocollo Proof of Work (PoW) per esempio per come è stato progettato richiede un consumo spropositato di energia elettrica, e abbiamo visto che stando con i piedi per terra, è molto difficile che questa provenga solo da fonti sostenibili. 

Un altro protocollo è il Proof of Stake (PoS), qui andiamo decisamente meglio per quanto riguarda i consumi di energia però molto male per il lato della sostenibilità sociale; un grande rischio è proprio quello di ridurre la decentralizzazione favorendo l’accumulo – e il controllo – del capitale nelle mani di pochi.

Uno dei meccanismi più sostenibili è quello utilizzato da Chia, il Proof of Space and Time (PoST), concepito in un’ottica green cerca di priorizzare la sostenibilità come motore di crescita. In questo caso sorgono nuovi problemi riguardo la sostenibilità sociale ed economica.

Infatti nonostante le buone intenzioni, utilizzare un bene comune come un semplice hardware, implica che cresca la domanda sul mercato, ci siano grandi scarti di materiale e che le garanzie dei prodotti non vengano più garantite così. Per i piccoli imprenditori ovviamente questa soluzione NON è sostenibile.

Crollo criptovalute: soluzioni sostenibili

Nonostante il mondo cripto sia nato da un’idea innovatrice che stravolge il mercato finanziario, le persone a cui viene venduta questa idea sono umani assuefatti dai sistemi tradizionalisti. Come scrive un giornalista su The Conversation:

“Bitcoin è stato progettato per essere indifferente nei confronti dei governi e delle banche, ma gli investitori generalmente non lo sono. Stanno tagliando le fonti di rischio dai loro portafogli e scaricando criptovalute.”

Questa considerazione apparentemente banale, in realtà non lo è affatto. Finchè le tecnologie non prenderanno in considerazione le reali necessità degli investitori, educandoli lentamente ad una crescita sostenibile dei loro capitali, il mondo cripto non funzionerà al 100%.

Quali possono essere le conseguenze della creazione di un sistema libero e di facile accesso in un mondo capitalista? Che importanza ha che ogni persona possa essere autonoma e indipendente se viviamo in un sistema classista?

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