I rifiuti elettronici: il vero grande problema delle criptovalute

Quando si parla di contaminazione ambientale in tema di criptovalute si pensa solo al consumo di energia. Ma ci sono anche i rifiuti elettronici.

Quando si parla di contaminazione ambientale delle criptovalute quasi sempre si tocca il tema del consumo di energia elettrica relazionato soprattutto a quelle monete digitali che usano il Proof of Work come meccanismo di consenso. Ma questa è davvero l’unico fattore che determina il loro impatto sull’ambiente?

Se si volesse calcolare l’impronta ecologica delle 20 mila criptovalute presenti nel Web nel 2022 allora bisognerebbe considerare anche un altro fattore: i rifiuti elettronici generati. Se nel 2009 per minare bitcoin era sufficiente usare il proprio PC, al giorno d’oggi c’è bisogno di super-computer ad alta velocità e potenza di calcolo.

È difficile calcolare il consumo totale di energia elettrica perchè i dati cambiano velocemente e ogni studioso inserisce nel calderone aspetti diversi dipendendo dalla propria idea di criptovaluta. Senza entrare nel lato soggettivo della questione si può affermare che l’uso di apparecchiature sofisticate e ad alta prestazione è un problema concreto.

Di cosa sono fatte le criptovalute

Ma di cosa sono fatte le criptovalute? Anche se le differenziamo dalle monete tradizionali per il fatto di essere virtuali, le criptovalute sono composte da una parte fisica non indifferente. Gli harware e i software sono indispensabili per generare criptovalute e per gestire gli scambi tra i beneficiari.

Detto in altre parole per creare una miniera di bitcoin c’è bisogno di estrarre minerali da una miniera vera e propria. Anche per le monete digitali più green come Chia che invece delle miniere ha creato un sistema di coltivi, l’uso dei dispositivi e delle componenti elettrica resta un problema ancora da risolvere.

La preoccupazione nasce quando l’utilizzo delle componenti elettroniche non è sostenibile per esempio quando la durata di vita della macchina di riferimento è molto bassa e non ci sono controlli severi per lo smaltimento dei rifiuti.

Che cosa sono i rifiuti elettrici ed elettronici

Secondo l’art. 3 del D.lgs. 151/05,riportato in Gazzetta Ufficiale i rifiuti elettrici ed elettronici vengono definiti come:

Apparecchiature che dipendono, per un corretto funzionamento, da correnti elettriche o da campi elettromagnetici e le apparecchiature di generazione, di trasferimento e di misura di questi campi e correnti, appartenenti alle categorie di cui all’allegato 1A e progettate per essere usate con una tensione non superiore a 1000 volt per la corrente alternata e a 1500 volt per la corrente continua.

Tali apparecchiature secondo gli standard minimi europei devono essere destinate alla raccolta separata che permette uno smaltimento, riciclo e riutiizzo delle componenti senza ci siano contaminazioni ambientali che potrebbero provocare danni molto gravi per l’ecosistema.

I rifiuti elettrici ed elettronici delle criptovalute

Le apparecchiature sono fondamentalmente gli harware indipendentemente che si presentino sotto forma di super-computer come nel caso delle criptovalute che adottano il protocollo di consenso Proof of Work o i dischi duri di quelle che si avvalgono del Proof of Space and Time.

L’uso estremo di questi dispositivi non garantisce un ciclo di vita lungo e nemmeno la stessa prestazione col passare del tempo, che in questo caso si conta in giorni o in settimane. La struttura che sta alla base delle criptovalute rientra quindi quasi nel grande mondo dell’usa e getta.

Soffermandoci solo su Bitcoin contiamo 30 mila tonnellate di rifiuti elettrici ed elettronici all’anno, pari a quella generata da un Paese industrializzato come i Paesi Bassi. 

Nei Paesi con una solida politica ambientale dove si trova una rete di economia circolare che permette di arrivare a 0 waste probabilmente lo smaltimento di questo tipo di apparecchiature sarebbe meno problematico. Nella realtà decentralizzata delle monete digitali non si può controllare questo fattore.

La decentralizzazione e lo smaltimento delle apparecchiature elettriche

A meno che non siano presenti precise politiche interne dettate dagli sviluppatori di una criptovaluta, tutto ciò che riguarda lo smaltimento e l’uso delle apparecchiature dipende come nel caso dell’utilizzo dell’energia elettrica dal Paese in cui si trova il minatore, il validatore o l’agricoltore.

Queste persone coprono lo stesso ruolo: validare le transazioni per garantire la sicurezza dei beneficiari. Non ci sono persone addette ma chiunque può contribuire alla rete se rientra tra i requisiti del protocollo di consenso.

La decentralizzazione chiude le porte a strutture tradizionali come le banche creando un’alternativa fuori dagli schemi. Ad ogni modo anche se gli schemi finanzieri sono stati stravolti, le leggi dei singoli Paesi continuano a dettare le condizioni di lavoro dei minatori, dei validatori e degli agricoltori.

E tra queste condizioni vi sono le direttive ambientali e i costi di uso e smaltimento delle apparecchiature elettriche. Più una Nazione basa la sua crescita sui pilastri della sostenibilità e più è difficile mantenere il ritmo della crescita esponenziale di una moneta digitale.

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