La contaminazione ambientale del Proof of Work: impatti reali e stime 

Sai quante delle 20 mila e passa criptovalute utilizzano il Proof of Work? E sai quale di impatto stanno generando? Scoprilo qui.

Da quando sono nate le criptovalute fino a pochi anni fa le tematiche ambientali non erano mai state un problema di fondamentale importanza. In particolare l’efficienza energetica delle criptovalute e la loro impronta ecologica non è mai apparsa sui giornali poiché non si era ancora sviluppata una coscienza ambientale.

Solo negli ultimi anni la preoccupazione degli effetti antropici sui cicli naturali e l’appellativo “verde” ai prodotti e ai servizi della società sono diventati importanti e in molti casi anche regolamentati. Le monete digitali come bitcoin e quelle che utilizzano un protocollo di consenso conosciuto come Proof of Work sono state le più criticate.

Il consumo energetico di Bitcoin, senza considerare le altre monete digitali che sono più o meno 20 mila, è diventato paragonabile a quello dei singoli Paesi e le fonti di energia a cui attinge non sono al 100% pulite e rinnovabili. Questo ha generato dei cambiamenti che però non sembrano rispondere a pieno alle nuove esigenze di mercato.

Bitcoin e il problema del consumo di energia elettrica

Il protocollo Proof of Work è quello più antico che ha dato vita alla prima criptovaluta, il bitcoin. Grazie a questo meccanismo e alla tecnologia blockchain è stato possibile iniziare un cammino alternativo rispetto al sistema finanziario bancario che continua ad essere il principale a livello globale. 

La visione che sta alla base delle nuove tecnologie è cambiata molto da quando è stato pubblicato il White paper di Satoshi Nakamoto il 3 gennaio del 2009. I consumi di energia elettrica e l’uso delle risorse erano più contenute sebbene si prevedesse già una crescita esponenziale per il futuro.

Leggendo il documento di Nakamoto si evince come lo sviluppo sostenibile non era il focus principale del progetto iniziale soprattutto in termini ambientali. Dal punto di vista sociale ed economico se alla base di una moneta digitale ci fosse una solida educazione, una coscienza cittadina e una gestione sostenibile, allora non ci sarebbero troppi problemi.

Con la crescita del valore del bitcoin e la sensibilizzazione della società nei confronti delle tematiche ambientali, il Proof of Work resta un punto dolente non facile da risolvere.

Leggi anche: Bitcoin: un sistema di moneta elettronica peer-to-peer

Quante criptovalute usano il protocollo Proof of Work

Nel 2022 si stima che poco meno del 65% delle 20 mila criptovalute esistenti utilizzino il Proof of Work per validare le transazioni e per estrarre nuove monete digitali. Bitcoin è quindi solo una delle tante realtà perchè i Dogecoin, Monero e Litecoin adottano esattamente lo stesso meccanismo.

Secondo gli studi degli esperti ci sono due problemi principali: il fabbisogno energetico e la centralizzazione. Dagli studi del New York Times si stima che nel 2009 si sarebbe potuto estrarre un Bitcoin utilizzando un normale computer desktop e una quantità trascurabile di elettricità. L’anno scorso invece si sarebbe dovuta consumare una quantità di elettricità pari a quella che una normale casa americana userebbe in quasi 10 anni.

Anche se le cripto si basano su un sistema decentralizzato, nella pratica le operazioni minerarie sono diventate centralizzate in un piccolo numero di importanti strutture facendo sì che un piccolo gruppo di persone controlli tutto il resto.

Leggi anche: “Proof of Work Explained“.

Da dove arrivano i dati del consumo delle criptovalute

Non ci sono dei sistemi sofisticati per analizzare tutti i dati relazionati al consumo di energia dell’uso delle risorse. La ragione principale è che la maggior parte delle informazioni non sono pubbliche e quindi gli studiosi si affidano alle informazioni che possono reperire facendo delle stime.

Questo non è solo un problema del mondo cripto ma anche del sistema bancario tradizionale, infatti cercando di approfondire il tema dei consumi e degli impatti delle monete fiat si trovano poche informazioni e quasi mai esaustive.

La complessità dei consumi è molto elaborata e la domanda di ricerca diventa fondamentale: il consumo di una banca per esempio non è solo la quantità di energia elettrica necessaria per alimentare gli ATM e i dispositivi interni ma anche i consumi dei singoli uffici in tutto il mondo, la carta che viene stampata, lo smaltimento delle carte e dei bancomat, eventuali spostamenti in aereo dei dipendenti o dirigenti ecc.

Leggi anche: “Monete FIAT e criptovalute: chi contamina di più?“.

La risposta degli sviluppatori alle nuove esigenze di mercato

Le criptovalute sono una delle tante innovazioni che si muove a pari passo con lo sviluppo della società e più che mai della globalizzazione in questo caso. Con i nuovi problemi da affrontare e la gestione equa delle risorse nel mondo, gli sviluppatori dovranno per forza adattare i loro schemi alle nuove necessità.

Alcuni lo stanno già facendo anche se la transizione dal Proof of Work verso un altro protocollo non è semplice ed implica dei costi poco indifferenti. Saranno probabilmente le pressioni dei governi e degli stessi investitori a stabilire nuove regole senza un margine di scelta per gli sviluppatori.

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