I Miners fuggono negli USA! Bitcoin a $100.000 entro il 2022 dollaro

Il Kosovo in crisi energetica vieta il mining di Bitcoin. Ma secondo gli analisti proprio da questo potrebbe venire la ripresa dei BTC. Perché?

Come fa notare un articolo apparso su The Guardian di oggi 16 gennaio, per chi vuole acquistare computer e altra dotazione tecnologica utile al mining, cioè il processo di estrazione di Bitcoin e criptovalute, il Kosovo presenta svendite e occasioni straordinarie in questi giorni.

Questo perché molti miners hanno messo in vendita a prezzi stracciati il proprio equipaggiamento e cercano di trasferirsi altrove, dopo che a fine 2021 il governo ha vietato temporaneamente l’attività di mining a causa dell’alto impiego energetico che essa richiede e della crisi su questo versante che il paese sta attraversando.

Il Kosovo fino adesso è stato uno dei paesi dove principalmente si concentrava l’attività di mining per i ridotti costi dell’energia, la quale è quasi interamente fornita da un carbone di basso costo. 

La decisione del Kosovo di vietare il mining di Bitcoin e altre criptovalute è la conseguenza di una grave crisi energetica del paese, un ban simile è già stato applicato dalla Cina, dal Kazakistan e anche Erdogan minaccia in questo senso, ma quest’ultimo non per cause legate all’energia, ma poiché le valute digitali mettono a rischio la Lira turca, che al momento è soggetta ad una fortissima volatilità.

Decisioni di questo tipo hanno in genere molte ripercussioni sui mercati, facendo oscillare il prezzo delle criptovalute, tuttavia in questo specifico caso la fuga dei miners verso gli USA potrebbe essere vantaggiosa, dove si stima che dopo i ban molti miners abbiano preferito trasferirsi, anche perché, con tutta l’opposizione della Fed, non si minacciano divieti ai Bitcoin e anzi si concentrano molti investitori di prima scelta.

La crescita degli USA nel mining, al primo posto, potrebbe secondo i Bitcoin Bull, da Saylor a Novogratz, avere in realtà un impatto positivo sui mercati e sancire l’esplosione del prezzo della criptovaluta nel 2022. Questo perché, se in Cina e in Kosovo l’energia costa meno, in questi paesi è anche estratta da fonti fossili e non rinnovabili, cioè inquina, e questo ha tenuto fino adesso lontano moltissimi investitori importanti dal mercato BTC, preoccupati proprio dall’impatto ambientale dei Bitcoin.

Ma, se in USA l’elettricità costa di più, essa viene in buona parte ricavata da fonti completamente rinnovabili di energia, che riducono l’impatto ambientale e avvicinano quegli stessi investitori prima spaventati. Insomma, la fuga dei miners, che sembra intensificarsi nel 2022, potrebbe far presto scoppiare il prezzo della moneta e vedere avverate le previsioni che vedono i BTC a 100.000 dollari a unità entro l’anno.

Il Kosovo vieta il mining di Bitcoin e i miners fuggono verso gli USA. Perchè?

Partiamo con ordine e vediamo cosa sta accadendo in Kosovo in questo momento. Una serie di contingenze hanno portato ad una crisi energetica mai vista prima con continui black out in tutto il paese.

Di qui la decisione del governo di vietare l’attività di mining di criptovalute in via temporanea. Ora, “estrarre Bitcoin”, cioè crearli, viene fatto attraverso una serie di computer ad alta potenza che interagiscono tra loro e cercano di risolvere calcoli complessi, risolti i quali si estrae un token. Questo processo consuma una quantità di energia elettrica gigantesca, per rendere l’idea, secondo uno studio condotto dall’Università di Cambridge, nell’arco di un anno per il processo mondiale di mining di Bitcoin vengono consumati 125,96 TWh, quanto un’intera nazione se si considera che per alimentare l’Argentina servono solo 121 TWh.

Visto che il Kosovo è uno dei paesi dove l’energia, che proviene interamente dal carbone, è più a basso costo è, o meglio era, anche uno dei paesi preferiti dai Bitcoin miners.

Al fine di arginare il problema della crisi energetica il Kosovo sulla scia di altri governo ha quindi deciso di imporre un ban temporaneo al mining di criptovalute nel paese, il che sta spingendo i miners, cioè chi lavora e investe in questi processi di estrazione, a fuggire verso altre mete dove l’attività è ancora possibile. 

La situazione dei Bitcoin in Kosovo è ben illustrata anche nel video YouTube di WION:

  

Anche l’Islanda verso la crisi energetica e rimanda indietro i Bitcoin miners

Se la crisi energetica che sta attraversando il Kosovo, costretto a vietare l’attività di mining di criptovalute, è cosa ormai nota, anche per i problemi che la situazione sta causando nello svolgimento della normale vita quotidiana, con il susseguirsi dei black out.

Un’altra nazione sulla scia di Kosovo e Cina potrebbe vietare il processo di estrazione di criptovalute ed è l’Islanda.

Anche nel paese la crisi energetica inizia a farsi sentire e per adesso non sono state fatte azioni in questo senso dal governo, ma è stata una delle compagnie elettriche più note del Paese, la Landsvirkjun, a rifiutare di chiudere contratti con i Bitcoin miners che volevano trasferirsi in Islanda, anche in questo caso attratti da un costo non elevato dell’energia e qui per giunta rinnovabile.

Va detto però che nel caso specifico della Landsvirkjun non sono stati respinti solo i Bitcoin miners, ma anche alcuni clienti industriali e questo perché la compagnia ha avuto tre problemi di diversa natura: una calo nel giacimento delle risorse idroelettriche, un malfunzionamento della centrale stessa e ritardi nell acquisto di energia da un produttore esterno.

In linea generale l’Islanda si presta bene ad ospitare l’attività di mining poiché fino adesso godeva di energia geotermica in abbondanza, quindi a basso costo e, all’opposto di Cina e Kosovo, prodotta da fonti rinnovabili al 100%.

La fuga dei miners verso gli USA quali ripercussioni avrà sul prezzo Bitcoin nel 2022?

Veniamo alle ripercussioni che questa situazione ha ed avrà sui mercati e cioè sul prezzo Bitcoin.

Partiamo con una premessa, cioè che la moneta digitale più famosa del mondo ha subito un crollo seguita dalle altre criptovalute proprio qualche giorno fa. Se certo la situazione dei miners in qualche modo influisce sull’andamento dei mercati, nel caso specifico la fetta più grossa di responsabilità in questo senso va alla Federal Reserve Board (Fed), che è la banca centrale statunitense.

Senza scendere in tecnicismi, quando la Fed ha rilasciato i verbali in cui dichiarava al mondo i sui piani per combattere l’inflazione del Dollaro e cioè aumentare i tassi di interesse delle obbligazioni, le criptovalute si sono schiantate e il ban al mining in Cina, Kosovo o Kazakistan ha solo un ruolo secondario rispetto a questo fattore.

In ogni caso, per una previsione a lungo periodo i principali investitori e la parte degli analisti che sostiene le criptovalute non si dicono spaventati dall’atteggiamento della Fed.

Per quanto riguarda la situazione miners invece, proprio da questo potrebbe venire, secondo molti, la spinta decisiva per far esplodere il prezzo Bitcoin.

Sempre lasciando stare il gergo tecnico, una cosa su cui tutti i più forti investitori in Bitcoin sono concordi al 100% è che al mercato mancano ancora gli investitori istituzionali per esplodere completamente e porre fine al problema della volatilità delle criptovalute.

Ma, uno dei fattori che ha tenuto moltissimi grandi investitori lontani dalle criptovalute è proprio il loro impatto ambientale, pessimo anche perché buona parte del mining si concentrava in zone come Cina e Kosovo dove l’energia è a buon mercato, ma anche quasi completamente alimentata da combustibili fossili, cioè inquinante.

La fuga dei miners, molti dei quali rivolti verso gli USA, determina anche il trasferimento dei processi di estrazione in paesi dove l’energia viene già per buona parte da fonti rinnovabili ed è sostenibile. In questo senso, ridotto l’impatto ambientale e divenuto sostenibile, il Bitcoin sarà molto più attraente per gli investitori cosa che potrebbe far avverare la previsione di Saylor, Novogratz e in ultimo la Goldman Sachs che vedono i BTC, a dispetto della situazione attuale, affrontare il 2022 con una tendenza rialzista che li porterà entro l’anno a 100.000 dollari a unità.

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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