Riprende il mining di Criptovalute e Bitcoin in Cina!

A dispetto del ban lanciato dal governo a settembre la Cina ritorna ad essere il secondo Paese al mondo dove si concentra il mining di criptovalute.

Nel 2021 la Cina ha attuato un processo che gradualmente ha portato al ban completo delle criptovalute. Una serie di provvedimenti hanno infatti prima bandito il mining di Bitcoin e criptovalute basate sul Proof-of-Work, tale divieto è stato poi esteso alle criptovalute nel complesso senza esclusione di sorta.

La scelta veniva giustificata da Pechino con la necessità di limitare l’impatto che i processi di mining ad alta intensità energetica hanno sul fabbisogno nazionale di energia. 

In realtà, va detto che, come sottolinea il Bitcoin Mining Council, esiste anche un’altra motivazione e cioè che le criptovalute rappresentando lo strumento per eccellenza della finanza decentralizzata (DeFi) e sono viste dai governi come una minaccia a quelle che sono le valute fiat e la finanza tradizionale.

In ogni caso i dati rilevati dal Cambridge Centre for Alternative Finance (CCAF) dell’Università di Cambridge mostrano che, a dispetto del ban, il mining di criptovalute in Cina stia continuando in modo illegale in tutto il territorio attestandosi a livelli molto alti, con il Paese che adesso è il secondo al mondo come concentrazione di miners.

La Cina ritorna al secondo posto nell’attività di mining di Criptovalute

Un rapporto pubblicato dal Cambridge Centre for Alternative Finance (CCAF) che appartiene all’Università di Cambridge analizza la potenza computazionale in relazione all’attività di mining e come essa è sparsa per il pianeta.

Per quanto riguarda il 2021, cioè subito dopo il ban cinese di cui l’ultimo provvedimento esecutivo è stato a settembre, questo aveva in effetti avuto nell’immediato un forte impatto, riducendo nei fatti il mining.

Tuttavia, le rilevazioni più recenti del CCAF dimostrano che l’attività di mining in Cina è già ripresa in pochi mesi e la nazione è tornata al secondo posto come concentrazione di miners.

Il mining al momento si concentra principalmente in USA, dove si svolge per il 37,84% dell’attività complessiva, al secondo posto la Cina con il 21,11%, seguita da Kazakistan, Canada e Russia, rispettivamente con il 13.22%, 6,48% e 4,66%.

Questo ritorno al mining in Cina non è dovuto a passi indietro fatti dal governo, ma a tutta un’attività illegale che lo ha permesso. Nel Paese esiste addirittura una rete elettrica secondaria che serve proprio a questo scopo.

Come rileva la CNBC il ritorno al vertice della Cina nel mining, dove continua a svolgersi il 20% dell’attività, dimostra che i miners continuano ad operare illegalmente a dispetto del ban anche se si deve pur registrare che comunque siamo molto lontani dai picchi che il Paese toccava in precedenza quando il mining di criptovalute si attestava tra il 65% e il 75% dell’attività complessiva.

Qihoo 360, che è un’azienda di cyber security cinese, ha pubblicato a novembre scorso, cioè circa due mesi dopo il ban in Cina, un rapporto in cui mostrava che c’erano circa 109.000 indirizzi IP associati al mining di criptovalute attivi in Cina, che provenivano per la gran parte dalle province di Guangdong, Jiangsu, Zhejiang e Shandong.

Come fanno i miners di criptovalute ad operare illegalmente in Cina

La CNBC ha intervistato un serie di persone che svolgono illegalmente in Cina l’attività di miners.

Una di queste fonti, chiamata con lo pseudonimo di “Ben”, sostiene che per svolgere ancora sottobanco l’attività c’è la possibilità di affittare trasformatori e sottostazioni elettriche, in modo che il mining di criptovalute sia alimentato direttamente dalle centrali elettriche.

I miners prendono ovviamente precauzioni per restare nell’anonimato, ma questo non li rende completamente immuni da un possibile tracciamento del governo.

Telecom Cina è l’azienda che oltre a fornire servizi internet e di telefonia nel Paese si occupa anche di identificare l’attività illegale di estrazione di Bitcoin. Fatta la segnalazione viene implicata nelle indagini anche la centrale elettrica e così aumenta la possibilità per i miners che operano illegalmente di essere scoperti.

L’altra faccia della Cina: dal ban alle criptovalute alla Blockchain nazionale 

Il ban alle criptovalute va comunque contestualizzato all’interno delle altre scelte che Pechino sta prendendo riguardo alla tecnologia Blockchain.

Poiché se il ban a Bitcoin e Altcoin coinvolge il settore privato, il governo invece ha messo su una Blockchain nazionale dove offre ai cittadini una serie di servizi tra cui il minting di NFT. Su questa piattaforma gli scambi non avvengono in criptovalute ma utilizzando una moneta digitale di stato che viene chiamata Yuan digitale.

In questo senso anche il governo americano sta valutando la possibilità di introdurre un dollaro digitale, cioè una valuta digitale che sia però gestita dalla banca centrale.

Anche questo è uno dei motivi per cui il governo sta facendo di tutto per bandire dall’economia cinese i sistemi di finanza decentralizzata come le criptovalute.

Le istituzioni statali cinesi coinvolte nel mining illegale di criptovalute

Per fermare il mining illegale di criptovalute la Cina sta comunque prendendo una serie di provvedimenti, come chiedere alle autorità locali di rintracciare gli indirizzi IP dei miners.

A quanto riporta la CNBC molti di questi indirizzi IP rintracciati provenivano da istituzioni statali.

Nella provincia di Zhejiang le autorità hanno identificato ben 12 istituzioni statali che partecipavano illegalmente all’estrazione di 12 criptovalute.

La fuga dei “grandi miners” verso l’estero e l’attività illegale dei “piccoli miners” in Cina

Dopo il ban a settembre scorso quelli che erano i miners con capitali maggiori e contatti all’estero hanno deciso di trasferirsi verso altri Paesi, questo ha determinato ad esempio un intensificarsi delle operazioni di estrazione negli Stati Uniti. Altra metà preferita dai miners è stato il Kazakistan, in ogni caso si tratta di paesi dove l’energia è a buon mercato.

Tuttavia, i miners di piccole e medie dimensioni non godendo spesso di grandi agganci nel panorama internazionale sono rimasti in Cina alimentando la nascita di mining farm illegali, che utilizzano l’energia locale comprandola direttamente dalle centrali.

Gli USA diventano la prima nazione nel mining di criptovalute, con vantaggi per la sostenibilità ambientale 

Secondo alcuni la fuga dei miners verso gli USA, che sono diventati il primo paese al mondo ad estrarre criptovalute, ha avuto anche dei lati positivi in termini di sostenibilità ambientale.

Uno dei problemi che il mining, cioè il metodo con cui si coniano le nuove criptovalute che utilizzano un protocollo di consenso chiamato Proof-of-Work (PoW), è legato al fatto che essendo un processo ad alta intensità energetica è anche ad alto impatto ambientale.

La differenza però è che mentre la Cina utilizza maggiormente fonti fossili per la produzione di energia, gli USA in questo senso sono un passo avanti nell’utilizzo delle fonti rinnovabili. Quindi l’energia che i miners usano per il processo di estrazione in USA è più “pulita” di quella che utilizzavano in Cina.

Che le criptovalute compiano un passo avanti nella sostenibilità ambientale è anche importante per il loro valore di mercato, questo perché molti investitori sono spaventati da questo aspetto degli asset crittografici e se ne tengono lontani.

Motivo per cui molte Blockchain come Ethereum stanno optando per un diverso protocollo di consenso il Proof-of-Stake (PoS), dove i nuovi token non vengono coniati con il mining, ma con un’operazione chiamata “staking”, che non richiede processi ad alta intensità energetica.

Alda Moleti
Alda Moleti
Collaboratrice di Redazione, classe 1984. Ho una laurea Filologia Classica e ho conseguito un dottorato in Storia Antica, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi sull'opera frammentaria di Asclepiade di Tragilo. Sono autrice di pubblicazioni scientifiche sul mondo classico e coeditrice di due volumi accademici internazionali. Dal 2015, mi sono trasferita in Inghilterra dove ho lavorato come copywriter freelance e come croupier al casinò.Il mio motto è? Naples is the flower of paradise. The last adventure of my life"."
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