Le ONG Greenpeace e EWG: impatti insostenibili del Bitcoin

Per capire la posizione di Greenpeace e dell'Environmental Working Group nei confronti dei Bitcoin occorre sapere le dinamiche e la storia delle ONG

Per capire la posizione di Greenpeace e dell’Environmental Working Group nei confronti dei Bitcoin occorre conoscere anche le dinamiche e la storia delle organizzazioni non-governative, e soprattutto quali sono i principi su cui si basa il terzo settore.

Questo per non correre il rischio di interpretare lo slogan di alcune ONG “Change The Code: Not The Climate” come una presa di posizione contro le criptovalute in generale. Molte ONG internazionali hanno abbracciato le monete digitali soprattutto per ricevere maggiori donazioni e risolvere alcuni problemi come le tasse relative al cambio della moneta.

La campagna per spingere Bitcoin a muoversi verso una politica più sostenibile è stata lanciata poche settimane fa e ha già raccolto il consenso di molti cittadini ed altre piccole ONG. Ancora una volta la lotta non è contro le criptovalute ma contro il protocollo Proof of Work (PoW).

Criptovalute e ONG: che cos’è il Proof of Work (PoW)

Siamo arrivati a un punto in cui anche il mondo accademico si è mosso per analizzare scientificamente l’impatto socio-ambientale delle criptovalute in generale. Tra gli articoli più interessanti troviamo “Il buono, il brutto e il cattivo: una panoramica della sostenibilità della tecnologia blockchain” di Christophe Schinckus.

Christophe spiega come si sta sviluppando dell’implementazione più utilizzata della tecnologia blockchain: l’algoritmo di consenso Proof of Work. I tre aspetti che della blockchain che prende in considerazione sono proprio: 

  • la buona blockchain che descrive come questa tecnologia potrebbe migliorare le nostre società contribuendo a creare una migliore inclusione finanziaria e una migliore distribuzione della ricchezza economica garantendo una maggiore accessibilità per lo scambio internazionale,

  • la cattiva blockchain dove si discutono le potenziali attività inquinanti generate da alcune miniere di criptovalute dovute al consumo di energia elettrica, e al ciclo delle componenti tecnologiche implicate nel processo di mining come il raffreddamento dei computer,

  • la brutta blockchain infine, analizza come questa tecnologia potrebbe spingersi verso una concentrazione nel settore minerario, influenzando quindi la natura e persino l’esistenza della tecnologia blockchain.

Criptovalute e ONG: come funziona il Proof of Work (PoW)

Il protocollo Proof of Work (PoW) rappresenta la soluzione del 60% delle criptovalute esistenti ma la pressione degli enti più sensibili all’ambiente e alle tematiche sociali potrebbe costringerli a cambiare direzione verso un protocollo più sostenibile, che al momento potrebbe essere il Proof of Stake.

Molte criptovalute adottano il Proof of Work come protocollo perchè è più efficiente ed è strutturato per avere una crescita esponenziale in tempi brevi, anche se il costo ambientale e sociale non può essere trascurato. 

In generale la tecnologia blockchain permette che le informazioni e le transazioni possano essere registrate sistematicamente attraverso un processo crittografico in un database pubblico in modo che tutte le parti interessate coinvolte nella rete possano contribuire alla convalida delle informazioni.

Affinchè le persone convalidino e certifichino le informazioni occorre che si segua un protocollo standardizzato. Uno di questi è il Proof of Work e funziona incentivando la competizione tra i miners per ottenere la loro ricompensa. Questi vincono se sono i primi a decifrare un complesso calcolo matematico che permette di aggiungere un blocco alla catena della criptovaluta.

Criptovalute e ONG: i principi del terzo settore

Prima di entrare nel dilemma tra ONG e criptovalute è importante sapere quali sono i principi delle organizzazioni non governative e perchè alcune prendono una posizione contro i Bitcoin.

Il terzo settore occupa una grande fetta del mondo del lavoro a livello internazionale che include una vasta gamma di organizzazioni diverse con strutture e scopi diversi, che appartengono sia al settore pubblico (quelle Stato), sia al settore privato (imprese privata a scopo di lucro).

Indipendentemente dall’organizzazione di riferimento ci sono 3 caratteristiche comuni, che sono l’essere:

  • non-governative: sebbene spesso lavorino con o insieme ad agenzie governative e possano ricevere finanziamenti o commissioni governative, le organizzazioni del terzo settore sono indipendenti dal governo.

  • senza scopo di lucro: le organizzazioni del terzo settore raccolgono fondi e generano eccedenze finanziarie per investire in obiettivi sociali, ambientali o culturali. Non cercano di realizzare profitti come fine a sé stante.

  • guidate dai valori: le organizzazioni del terzo settore perseguono obiettivi specifici che sono spesso allineati con particolari prospettive sociali e politiche. Possono essere associati o lavorare con partiti politici, ma un partito politico non è un’organizzazione del terzo settore.

Criptovalute e ONG: il settore ambientale

Non tutte le ONG sono orientate verso tematiche di sostenibilità ambientale: ogni ONG si specializza in un’area sociale e cerca di proporre degli interventi locali per migliorare le condizioni del proprio target. Per esempio Greenpeace è incentrata verso la sostenibilità ambientale e Save the Children verso i minori d’età.

Anche se ogni ONG ha una missione ben precisa, è difficile garantire il benessere dei cittadini senza prendere in considerazione la sostenibilità ambientale, sociale ed economica degli interventi proposti. Sappiamo però che non è facile trovare una soluzione al 100% ottimale.

Vedremo che ancora più complicato è il mondo criptovalute perchè apre tanti scenari distinti che presentano tanti benefici quanti costi e dividono il terzo settore in due: coloro che scelgono di accettare i costi per i benefici e coloro che non possono tollerare il costo di questi stessi benefici.

Criptovalute e ONG: il terzo settore contro i Bitcoin

Detto ciò non dovrebbe stupirci che un gruppo di organizzazioni umanitarie si stiano muovendo per spingere uno dei colossi internazionali come Bitcoin a cambiare il suo protocollo Proof of Work verso una soluzione più sostenibile. Ecco perchè la nascita della campagna “Change The Code: Not The Climate“.

Senza entrare nei dettagli tecnici, il protocollo usato da Bitcoin, Proof of Work, è un processo che richiede grandissime quantità di energia così come una grande quantità di computer veloci, con una potenza di calcolo elevata. Analizzando il trend delle miniere di criptovalute, specialmente dei Bitcoin si possono trarre delle conclusioni evidenti.

Le miniere di criptovalute che lavorano secondo il protocollo Proof of Work si spostano geograficamente verso i Paesi che hanno una* debole regolamentazione ambientale** e dove il costo delle componenti tecnologiche e dell’energia elettrica è economico.*

In poche parole ora come ora i Bitcoin non sono sostenibili dal momento che anche se teoricamente promettono una rivoluzione del mondo finanziario, il loro funzionamento implica gravi danni a livello sociale e ambientale soprattutto nel Paesi in via di sviluppo. 

Criptovalute e ONG: la camagna pro-ambiente

Greenpeace e EWG si schierano pubblicamente contro Bitcoin perchè utilizza un meccanismo di consenso non sostenibile per convalidare le transazioni, il protocollo Proof of Work. Questo metodo, attualmente, utilizza enormi quantità di energia e contribuisce ad acerbare gli effetti del cambiamento climatico.

Con l’impennata del prezzo di Bitcoin, aumenta di conseguenza anche il suo consumo di energia e l’impatto sull’ambiente.

Greenpeace e EWG dimostrano che una modifica del codice software di base ridurrebbe il consumo energetico di Bitcoin fino al 99,9%.

Questo se solo 50 persone – i principali miner e sviluppatori che costruiscono e contribuiscono al codice di Bitcoin – accettassero di reinventare il mining proof-of-work o passare a un protocollo a bassa energia, Bitcoin smetterebbe di inquinare il pianeta.

Il video che segue è stato pubblicato da Greenpeace USA poche settimane fa ed è già diventato virale. 

Criptovalute e ONG: Greenpeace e EWG 

La campagna d Greenpeace e EWG, si è buttata a capofitto nella pubblicità digitale su giornali di un certo spessore come Wall Street Journal, New York Times, MarketWatch, Politico e Facebook. Gli annunci includono messaggi come:

“Bitcoin: la prova che i soldi non sono sempre verdi”,

“Bitcoin usa effettivamente più energia di tutta la Svezia? Hell Ja,”

“Ehi Jack Dorsey. Potresti aiutare a fermare l’inquinamento di Bitcoin con un tweet”,

“Hey Fidelity. Il pianeta non è pronto per il pensionamento anticipato”,

“Se solo poche dozzine di persone accettassero di cambiare Bitcoin, smetterebbero di inquinare il pianeta”

Nella campagna, le ONG coinvolte dimostrano l’impatto di Bitcoin con studi scientifici, come questo pubblicato sulla rivista Nature Climate Change. È stato infatti stimato dagli esperti che, se l’uso di Bitcoin si diffondesse, potrebbe spingere il mondo oltre la soglia di riscaldamento di 2 gradi Celsius, ossia verso una catastrofe climatica.

Criptovalute e ONG: la posizione contrastante delle ONG

Nella loro compagna, Greenpeace e EWG scrivono chiaramente che NON stanno prendendo una posizione contro il mondo cripto ma contro il protocollo adottato. Questa è generalmente anche la posizione di altre ONG che accolgono le criptovalute come parte integrante di un processo di sviluppo sostenibile nelle area di intervento.

ONG internazionali come Save the Children, hanno pubblicato ufficialmente la loro apertura alla ricezione di criptovalute come donazioni. Tra queste ci sono anche i Bitcoin! Vediamo quindi che il terzo settore è diviso in due parti e non è così semplice dare una spiegazione semplice a queste scelte.

Bitcoin, come le criptovalute che usano il protocollo Proof of Work, sono molto meno sostenibili rispetto ad altre ma garantiscono dei vantaggi senza precedenti. **Inoltre è importante sottolineare che sebbene il Proof of Stake sia un’alternativa, ha dei lati negativi perchè ricompensa i validatori che hanno più criptovalute.

Questo implica che potrebbe generare un favoreggiamento verso coloro che hanno maggiore accesso alle criptovalute limitando l’accesso alle altre persone.

Redazione Trend-online.com
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