Caso Ripple: respinte richieste della SEC, in difficoltà con la corte USA

La SEC non vuole che i sostenitori di Ripple siano presenti e non vuole desecretare alcuni documenti. Arriva l'accusa d'ipocrisia da parte della corte.

Molti investitori tengono il fiato sospeso dal dicembre 2020, quando la SEC intentò una causa contro Ripple Labs, la società che sta alla base dell’omonima criptovaluta.

Il caso non è ancora concluso e la società crypto ha già speso 100 milioni di dollari statunitensi in parcelle e, considerando il periodo non proprio roseo per il settore degli asset digitali, di sicuro non è stata una cosa da poco.

Molte piattaforme di trading hanno delistato XRP e pochi l’hanno tenuta, probabilmente solo per salvaguardare gli investitori in conformità alle leggi di alcuni Paesi.

Anche il futuro delle criptovalute dipende molto da questo caso, vittima di un atteggiamento tipico della Securities and Exchange Commission, che molto spesso è stata accusata dai trader di rischiare di minare il settore.

L’accusa sostiene che Ripple abbia raccolto oltre 1,3 miliardi di dollari con mezzi illegittimi. In particolare Ripple viene accusata di essere stata venduta come società senza essere registrata come tale, ma non si è lasciata intimidire, anzi!

La corte USA infatti ha più volte negato le richieste dell’istituzione americana, accusandola perfino d’ipocrisia. Ma cerchiamo di capire meglio questi ultimi risvolti.

Cos’è la SEC?

Stiamo parlando di una delle istituzioni più eminenti in materia finanziaria presenti negli USA. La Securities and Exchange Commission fu creata nel 1934, all’indomani della crisi del 1929, niente poco di meno che dal presidente Franklyn Delano Roosevelt.

Il primo presidente della commissione fu Joseph P. Kennedy e il suo compito è sempre stato chiaro, seppure ridefinito negli anni.

Essa deve, in sostanza, proteggere gli investitori, applicando le leggi sui titoli degli Stati Uniti, agendo contro i trasgressori e controllando il mercato e le società per garantire che gli investitori siano trattati in modo equo e onesto. La realtà italiana che più gli si avvicina è la CONSOB.

D’altronde, sulla necessità di una regolamentazione chiara del mercato cripto non sembrano restare ormai molti dubbi nemmeno in suolo europeo. 

Ripple vs SEC: il caso in breve

Come già accennato, la causa ebbe inizio il 22 dicembre 2020 e ancora oggi è in atto.

La denuncia della commissione USA rivolta a Ripple la accusa di aver condotto un’offerta come titolo illegale sfruttando le risorse digitali XRP. L’accusa afferma che XRP è noto come titolo non registrato nel mercato delle criptovalute e non come criptovaluta.

Ovviamente Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, afferma che la sua sia una criptovaluta come le altre, ma il processo è stato lungo, in un periodo assai complicato per il settore digitale.

Certo è che se XRP sarà ritenuta responsabile per la vendita di titoli senza registrazione dovrà pagare, altrimenti l’azienda potrà tornare alla vita precedente. In entrambi i casi, ci sarà un enorme impatto sull’intero mercato delle criptovalute.

Tuttavia al momento attuale, la corte e i giudici sembrano essere sempre più vicini alla risoluzione del caso a beneficio della società crypto, colpendo duramente e ripetutamente la commissione USA.

Corte USA condanna l’istituzione per ipocrisia

Addirittura, l’onorevole Netburn ha accusato d’ipocrisia la SEC in merito all’atteggiamento dubbio nei confronti di alcuni documenti dell’ex direttore Bill Hinman.

Quest’ultimo aveva affermato nel 2018 che Ether non era un’offerta di titoli, il che va contro l’attuale controversia sollevata contro XRP!

Inoltre, la commissione non vuole fornire i documenti relativi che, a detta del CEO Ripple, potrebbero scagionare ufficialmente la criptovaluta dalle accuse.

Così, il giudice Netburn ha negato ufficialmente la mozione che riteneva irrilevanti i documenti di Hinman, impedendo così alla causa di proseguire a meno che non si presenti la suddetta documentazione, affermando altresì che l’intento della SEC sembra più quello di perseguire un obiettivo personale piuttosto che fare valere la legge.

La SEC, ultimo tentativo: prova ad allontanare i fan di Ripple dalla corte

L’ultimo intento è stato quello di allontanare i cosiddetti “amici curiae”, titolari o sostenitori di XRP, dalla corte.

L’intento è quello d’impedire ai sostenitori della criptovaluta di assistere o difendere legalmente la società accusata, proibendo perfino all’avvocato John E. Deaton di partecipare al procedimento.

Ma Daeton non molla: è pronto a mostrare 3.252 dichiarazioni firmate e giurate da cittadini vittime della causa intentata dalla SEC.

Insomma l’accusa sembra arrampicarsi un pò sugli specchi, accusando la difesa di operare addirittura al di fuori della legalità, ma sembra che presto la causa potrebbe giungere al termine.

D’altronde le crypto non possono permettersi un altro duro colpo negli USA dopo quello avvenuto in Russia a proposito del divieto di utilizzare le cripto come forma di pagamento.

Fine del caso vicina? Il CEO Ripple ne è convinto

Al momento attuale si sta attendendo un possibile ricorso dell’agenzia americana in merito al discorso di Bill Hinman, ma dovrà avvenire entro 30 giorni.

Anche se si continua ad affermare che la dichiarazione richiesta presenti solo opinioni di natura personale, il giudice Netburn non è d’accordo e ha richiesto la presenza dei documenti Hinman come richiesto dalla difesa.

La data ultima per la risoluzione del processo sarà il 15 novembre 2022 e questo rallegra il CEO Brad Garlinghouse che si sente certo del fatto che poco altro di rilevante potrà essere avanzato dall’ente accusatore.

La fine potrebbe essere finalmente vicina!

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