Bond oggi: che botta! Governativi in tensione. Cosa succede

Soprattutto l’Us Treasury conferma un movimento rialzista del rendimento, che ha causato debolezza di quotazioni anche in Europa e per i Btp. Non è però un’inversione. Almeno per ora.

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Il movimento è partito da oltre Atlantico: il decennale Usa attesta un movimento rialzista dei rendimenti che in pochi giorni l’ha portato da poco sopra lo 0,50% allo 0,66%. Immediato l’effetto sui governativi europei e in particolare sul francese e sul tedesco ma anche sul Btp, tornato sopra l’1% di yield. È stata una scossa rilevante, passata tuttavia nel contesto ferragostano un po' sotto gamba. Cosa sta succedendo? L’incremento dei rendimenti dipende da due fattori: l’irruzione di nuove consistenti emissioni da parte di vari Paesi (a cominciare dagli Usa) e una maggiore fiducia nella ripresa dell’economia a stelle e strisce. Non è però ancora giunto il momento di cantare vittoria. Si tratta infatti di un recupero momentaneo degli yield. C’è bisogno di ben altre riprove per ipotizzare una reale inversione. 

La realtà è ben diversa

Il contesto generale va infatti in una direzione opposta, al punto tale che forse per la prima volta da decenni si potrebbe giustificare l’idea di una reale consistente rotazione dall’obbligazionario all’azionario, almeno secondo alcuni analisti di Wall Street. Con spread ai minimi per corporate e high yield, con nuove emissioni che inondano il mercato e tutte a basso rendimento (+79% nel 2020 rispetto all’anno scorso) e con una volatilità media in forte contrazione è inevitabile che il mercato si sposti su asset a maggiore rischio. Ciò sta già avvenendo da mesi ma potrebbe accentuarsi dall’autunno in poi, soprattutto se importanti istituzionali saranno costretti a rivedere le proprie strategie di lungo termine.

Btp sotto osservazione

Il ritorno del Btp oltre l’1% di yield non rappresenta intanto un segnale di normalizzazione, cioè l’avvio di una fase di vendite. Osservando il grafico di lungo periodo il movimento appare impercettibile, sebbene il rientro sopra l’1% sia un fattore psicologico di cui tenere conto. Soltanto un primo rialzo sopra l’1,10% giustificherebbe l’idea di un cambio di direzione. Le recenti dichiarazioni di qualche operatore istituzionale di voler vendere Btp per incassare plusvalenze e rivedere i piani di investimento di medio termine non hanno per ora avuto effetti, data l’azione calmieratrice della Bce. Il Future long term si è appoggiato sulla media mobile a 10 sedute, che lo supporta dal 16 giugno. Si consideri però che è ormai compresso fra quest’ultima e la resistenza finale dei 148,26, in una posizione che dovrà trovare nei prossimi giorni una conferma definitiva: o sopra quest’ultima – fornendo un ulteriore segno di forza – o sotto la media mobile – con un ritorno verso i 146,3. Il “range” è chiaro ma la verifica degli indicatori/oscillatori tecnici risulta ancora incerta nel fornire avvertenze operative. Solo l’oscillatore di momentum è debole, sebbene ciò non sia sufficiente per sanzionare inizi di vendite. Puntualmente identica la situazione relativa ai Btp lunghi ed extra lunghi. 

Il Bund sembra più deciso

E’ il Future tedesco a seguire invece le tracce indicate dal Treasury. In effetti su questo fronte si avverte un movimento ribassista più netto, con due sedute in rosso e alcuni aggregatori di trend passati sul negativo dopo il terzo tentativo di rompere i massimi storici a 179,66: una reazione tecnica quindi inevitabile che necessita nondimeno altre conferme per ipotizzare una reale inversione. Il tutto – occorre segnalarlo una volta di più – in un contesto di scambi puramente ferragostani. Lasciamo allora passare una decina di giorni e solo a quel momento il quadro diventerà più chiaro.