Bond oggi: Btp, è finita la corsa? Inflation su. Dollaro boh!

Ipotesi 0,50% per il rendimento del decennale italiano. C’è chi prevede un risveglio inflattivo nel 2021. Sul dollaro che si fa? Interesse per il rand in movimento. 

Image

Siamo arrivati alla fine della galoppata? L’ipotesi che i margini di crescita delle quotazioni dei Btp siano ormai modesti comincia inevitabilmente a farsi strada e in effetti, osservando il grafico dello yield del decennale, si inizia ad avvertire un progressivo appiattimento, il primo da mesi se non da anni, questi ultimi caratterizzati da continui sali e scendi ma mai da fasi di lateralità. L’impossibilità di disporre di riferimenti storici obbliga a dover calcolare gli eventuali livelli verso cui cui lo yield potrebbe ancora muoversi: si possono individuare nei progressivi 0,52% e poi 0,50% contro lo 0,57-0,59% di ieri. Dei limiti inferiori per il rendimento del decennale ci sono quindi ancora ed è probabile che saranno sfiorati nei primi mesi del 2021, soprattutto se il Recovery Fund si muoverà verso un’attivazione concreta. Ciò non esclude che il mercato sia stato piuttosto confuso nelle ultime ore, come sempre avviene quando l’azionario è debole.

Il governativo del giorno 

Fra i titoli di Stato si è registrata ieri la migliore performance da parte del Btp€i 2,55% 2041 (Isin IT0004545890), pur salito di poco ma che ancora una volta ha confermato la progressiva ascesa verso i 150 euro (chiusura a 148,94), con un rendimento negativo dello 0,2%. La scelta del mercato, sebbene non associata a rilevanti volumi, ha trovato forse origine nei timori espressi da alcuni gestori di un inatteso rientro in scena dell’inflazione già nel 2021. Quanto sia realistica questa prospettiva è impossibile stabilirlo, anche perché naturalmente molto dipenderà dalle reazioni delle Banche centrali. Quindi niente panico ma una qualche attenzione in più va dedicata ai cosiddetti “linkers”, bond correlati all’aumento del costo della vita, su cui – questi invece sono fatti – si sono visti maggiori flussi in acquisto nelle ultime settimane. È pur vero che nella fase attuale conviene comunque puntare su tali strumenti rispetto ai classici tassi fissi in una prospettiva di investimento di medio-lungo termine, nonostante la bassa inflazione in corso. 

Si compra in rand

Volumi significativi su un titolo che rende bene: si tratta del Bei 7,25% 2030 in rand (Isin XS2105803527 – taglio 10.000), protagonista di una certa volatilità e sceso sotto i 103, per la prima volta dal giugno scorso. La valuta sudafricana ha subito nelle ultime sedute una marginale pressione ribassista, tornando sui 18,4 contro i quasi 18 del 25 e 26 novembre. Il rendimento del Bei si attesta al 6,8% contro il 9% del decennale governativo, leggermente risalito nelle ultime settimane. Inevitabile l’effetto sui sovranazionali in rand, malgrado lo spread fra yield del titolo di Stato e di questi ultimi appaia anomalo, poiché decisamente largo. L’aspetto più importante è però quello valutario, visto che il rand ha toccato il livello massimo sull’euro da febbraio, conseguenza della debolezza del dollaro e dei primi segnali di arretramento del Covid a Johannesburg e dintorni. Le prossime sedute saranno quindi importanti per verificare la forza della divisa, che potrebbe regalare altre soddisfazioni all’investitore in euro.

Ivs e Carraro con forti volumi – Bene in termini di scambi due corporate italiani su cui si concentra anche l’attenzione dei trader intraday. L’Ivs Group 3% Ot26 Eur (Isin XS2049317808) continua a scontarsi con quota 100, cui si avvicina senza toccarla. Sono ormai undici sedute che ciò avviene e alcuni indicatori tecnici fanno pensare che un tentativo di rottura sia nell’aria ma si noti che l’inclinazione della media mobile a 200 sedute resta ribassista, sebbene da tempo sottostante la linea delle quotazioni. Il Carraro Int 3,75% St26 Eur (Isin XS2215041513), dopo una buona fase rialzista durata 18 sedute, ha trovato un livello di approdo sui 101,6/101,7, nuovo massimo storico della sua breve presenza sul secondario. È possibile che ora inizi un periodo di lateralità, dato che per esempio l’Rsi - indicatore di forza relativa - è salito su livelli di fortissimo ipercomprato. 

Che fare con il dollaro – La trendline ribassista per il biglietto verde sull’euro trova conferme ma ora la valuta Usa si scontra con due solidi supporti a 1,1944 e 1,206, oltre i quali potrebbero aprirsi varchi di debolezza in accentuazione. E allora il momento di vendere i bond in Usd per poi riacquistarli ben oltre gli 1,21? Il mercato è molto prudente nel fare previsioni: c’è chi parla di possibile ulteriore ritracciamento del 5% o forse di qualcosa in più ma c’è anche chi mette in relazione il trend del dollaro ai futuri maggiori o minori aiuti all’economia Usa. L’assenza di univocità nelle valutazioni non consente di ipotizzare uno scenario nella gestione di un portafoglio in dollari, anche perché i rendimenti medi sono nettamente superiori rispetto a quelli in euro. I margini per un’uscita e un successivo rientro su un dollaro più debole stanno quindi riducendosi. Meglio continuare a incassare cedole e a reinvestirle se non servono ad altro. Monitorando però bene cosa succederebbe in caso di rottura degli 1,21, perché per esempio per Citigroup in tal caso si assisterebbe a una discesa addirittura del 20%.