Bond oggi: Treasury, Bund e Btp, parte l’asta di volatilità

Debolezza per i primi due e tenuta per l’italiano. Un’analisi di tanti titoli, più o meno fiaccati dai timori sull’inflazione. Cosa vincerà? L’instabilità dei corsi. Ed è un gran bene per chi fa trading. 

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Con un massimo intraday all’1,33% e una chiusura all’1,28% lo yield del decennale Usa ha ancora una volta confermato ieri l’inversione rialzista (e quindi ribassista per le quotazioni) in atto da mesi. Attenzione però! Il fattore più preoccupante, cui i trading desk professionali guardano con nervosismo, sta nelle previsioni di volatilità per i titoli di Stato Usa. I derivati sui Treasuries a 10 anni indicano questa possibile forchetta di rendimento: minimo 1% e massimo 1,60% nel corso del 2021. Intanto la volatilità implicita a tre mesi sui tassi swap – termometro di sentiment dei mercati – è aumentata al apice dell’ultimo anno, superando perfino i livelli della settimana elettorale per la Presidenza Usa. Non solo: indicano tensioni future sui tassi nel medio termine, cioè oltre un anno. All’opposto il Fed Rate Monitor Toll, relativo ai Fed Funds future, resta più conservativo fino all’autunno. Intanto la corsa delle quotazioni si è fatta sentire anche sul Bund, il cui yield del decennale è salito in pochi giorni dal negativo 0,64% al negativo 0,33% di ieri. Più coriaceo il Btp, che non ha tuttavia festeggiato il passaggio di Draghi al Senato, tornando quasi allo 0,60%. Tutto questo fra l’altro è avvenuto in sedute pesanti per l’azionario, con una correlazione che comincia a destare nervosismi: l’obbligazionario cede sui timori di un aumento dell’inflazione e ciò impatta anche Wall Street. Sta cambiando l’aria? La risposta non può essere netta ma un avvertimento di prudenza comincia a evidenziarsi in maniera robusta.

Cosa dice l’analisi tecnica 

Monitorando tutti gli indicatori e le segnalazioni fornite dalle medie mobili ecco la situazione che emerge:

  • Us Treasuries: il “sell” è prevalente per il decennale, che manifesta incertezza solo sulla periodicità mensile. “Daily” e “weekly” confermano invece inesorabilmente l’indicazione a vendere. Situazione identica per il trentennale.
  • Bund: condizione simile, il che avvalora come Usa e Germania stiano salendo sulla stessa barca. Anche in questo caso attenzione alla volatilità, con valori del decennale compresi proprio nella forchetta degli ultimi giorni, ovvero fra negativo 0,64% e negativo 0,30%, sebbene nel corso dei mesi si potrebbe anche salire al negativo 0,20%.
  • Btp: convalidando quanto già detto il decennale italiano trova il segnale “sell” solo analizzando la periodicità “daily”, mentre quelle “weekly” e “monthly” sono ancora impostate sul “buy”.

Tante storie di diversi titoli

Il T-Bond 2,5%2045 (Isin US912810RK60 – ultima quotazione 118,7 $) conferma un trading range sempre più stretto e si trova incuneato in un triangolo destinato presto a manifestare volatilità. La media mobile a 200 sedute è stata rotta al ribasso dal 6 novembre.

Passiamo al settore high yield in dollari. Il Ford 7,45% 2031 (Isin US345370CA64 – ultima quotazione 132,1 $) conferma invece la tenuta del mondo corporate a elevata cedola su tutti i livelli di rating. È sopra i precedenti massimi storici e inserito in un canale rialzista che potrebbe proseguire. Il mercato si dimostra quindi più propenso a vendere i titoli di Stato.

Il Bund 0% 2050 (Isin DE0001102481 – ultima quotazione 96,1 €) sembra voler mettere alle spalle la forza dell’epoca pandemica e il movimento ribassista delle ultime sedute è apparso violento ma non tale da infrangere livelli grafici decisivi. Il titolo scambia bene perfino sull’esangue Mot e troverebbe una definitiva conferma di discesa arretrando verso l’area dei 90.

Il Btp 2,8% 2067 (Isin IT0005217390 – ultima quotazione 131,9 €) ha inanellato quattro sedute in rosso ma non ha attivato il segno meno, che scatterebbe solo sotto i 128,5. Molti indicatori sono ancora positivi, sebbene l’importante Rsi (a 14 periodi) stia scendendo, dopo però una prolungata fase di ipercomprato che dura da tempo. 

L’Eu Sure Bond 0,1% 2040 (Isin EU000A283867 – ultima quotazione 97,6 €), emissione comunitaria da pandemia, dopo una fase decisamente ribassista, che l’ha portato da oltre 104 a 96,9 in poco tempo, ieri ha cercato di recuperare risalendo sopra i 97. È questo il vero benchmark del mercato in euro e la sensibilità dimostrata nell’anticipare i trend lo porta a identificare ancor meglio dei Bund le intenzioni degli investitori istituzionali, i quali hanno captato in anticipo le titubanze in corso.

Il Cdp 2026 (Isin IT0005374043 - ultima quotazione 106,5 €), dopo aver superato l’obiettivo dei 107, manifesta un po' di debolezza, movimento sorprendente se si considera che da giugno si trasformerà in un generoso tasso variabile Euribor 3 mesi + 1,94%. La correzione risulta maggiore rispetto a quanto avvenuto sul fronte Btp.

Netta la picchiata al ribasso dell’Intesa Sanpaolo 2,1% 2030 in $ (Isin XS2241390983 – ultima quotazione 98,5 $) sceso sui minimi storici e ottimo termometro dello stato di salute della pattuglia dei bancari nel biglietto verde. La reazione delle prossime sedute rivelerà se la svolta sull’obbligazionario in dollari è destinata ad accentuarsi.  

Una fase delicata ma non ancora una sterzata

Che la situazione sia cambiata è evidente ma di qui a prevede rialzi dei tassi di interesse la distanza è abissale. I mercati sentono tensioni sull’inflazione e guardano all’obbligazionario con un occhio diverso. Saranno però pronti a invertire la marcia nell’arco di poco, se il quadro generale si tranquillizzasse, e quindi l’unica certezza è quella della volatilità. Che a chi si esercita in trading anche tranquillo non fa proprio male.