Gli effetti di un petrolio meno caro

Il prezzo del petrolio è diminuito approssimativamente del 50% negli ultimi sei mesi. Di Marcus Svedberg, Capo economista di East Capital

Il prezzo del petrolio è diminuito approssimativamente del 50% negli ultimi sei mesi e la maggior parte degli analisti sono ora impegnati ad aggiornare i loro modelli macroeconomici e azionari sulla base di nuove previsioni.

C’è ancora molta incertezza dopo l’improvvisa correzione a causa della presenza di fattori legati sia alla domanda sia all’offerta – e forse anche alla politica. Crediamo che il prezzo rimarrà volatile nei prossimi mesi e che potrebbe muoversi ancor più verso il basso rispetto ai livelli attuali, prima di riprendersi nella seconda metà dell’anno. Ipotizzare quale potrebbe essere il prezzo medio nell’anno non è particolarmente utile in questo momento ma dovrebbe essere chiaro che sarà molto più basso rispetto agli anni precedenti. Il consensus, che si aggira intorno all’attuale livello dei contratti forward, a circa USD 60 al barile per il Brent sembra un’ipotesi ragionevole.

Questo significa che il prezzo del petrolio sarà più basso di circa 40 dollari rispetto al 2014 e di 50 dollari rispetto ai tre anni precedenti in cui è stato straordinariamente stabile attorno ai 110 dollari. L’effetto più evidente è l’impatto positivo sugli importatori di petrolio e negativo sugli esportatori. Con effetti positivi amplificati per i Paesi importatori con elevati deficit delle partite correnti e negativi per quelli esportatori con alti limiti di pareggio fiscale sprovvisti di riserve finanziarie.

L’aspetto più interessante del declino del prezzo del petrolio è legato alla sua capacità di portare alla luce numerosi trend sottostanti e al fatto che, in generale, sta mettendo ancor più pressione verso il basso sull’inflazione. I prezzi al consumo nella maggior parte delle economie hanno iniziato a rallentare nella seconda parte del 2014 con l’Eurozona che è entrata in deflazione a dicembre per la prima volta dalla crisi globale del 2009. È quindi ragionevole che la BCE intraprenda un quantitative easing, probabilmente già a fine mese, e che invece la FED ritardi ulteriormente il primo aumento dei tassi. Il calo non sta solo rafforzando la pressione dei prezzi al consumo verso il basso ma sta anche aggravando i deboli prezzi dei produttori, soprattutto in molte grandi economie emergenti.