Coinbase chiude le operazioni in Giappone. Che cosa sta succedendo nel Sol Levante?

Una serie di exchange crypto si stanno allontanando dal Giappone. Perché? L'ultimo dei giganti del settore a chiudere nel Paese è Coinbase.

Sappiamo che le criptovalute non hanno avuto la stessa diffusione in tutti i Paesi del mondo. Ci sono alcuni che hanno accolto in modo più positivo gli asset digitali e altri che non hanno ancora compreso gli elementi fondamentali del settore. Ma è il caso del Giappone? Sembrerebbe infatti che il Paese del Sol Levante stia subendo una perdita dell’interesse da parte dei più grandi exchange crypto del mondo.

Questo potrebbe essere un duro colpo per gli investitori giapponesi, che si ritroverebbero senza alcuni dei maggiori punti di riferimento del mercato. Ma è mai possibile che uno Stato così “tech” e conosciuto per il progresso tecnologico abbia voltato le spalle al Web3? A prescindere dalla risposta, giusta o sbagliata che sia, Coinbase ha deciso di chiudere battenti, e le maggiori filiali della piattaforma lasceranno presto il Giappone.

Regolamentazione criptovalute in Giappone

Questo Stato ha saputo fiutare l’opportunità molto in fretta. Il Giappone, infatti, ha uno dei regolamenti più precisi ed elaborati sulle criptovalute. Ogni scambio crypto deve essere registrato e conforme alla AML/CFT, tanto per fare un esempio. Regolati dal Payment Services Act (PSA), le valute digitali sono trattate alla stregua di una proprietà e non una valuta fiat.

Già nel 2017 l’Agenzia delle Entrate Nazionale del Giappone98 decise che i profitti derivati da criptovalute sarebbero stati tassati come “reddito vario”. La PSA si occupa della regolamentazione riguardo la custodia crypto, per l’esattezza, e la FIEA (Financial Instruments and Exchange Acts) dell’attività di crypto derivati.

In particolare poi il Paese in questione è stato il primo a dotarsi di organismi ad hoc: Japanese Virtual Currency Exchange Associatione (JVCEA) e la Japan STO Association.

L’impegno giapponese nel Web3

I giapponesi non hanno perso tempo. Sono stati tra i primi a regolamentare come si deve il mercato crypto e ancora oggi continuano a operare affinché il settore sia il più sicuro possibile. Pensate alla vicenda di FTX: milioni di trader hanno perso i loro asset.

Tuttavia questo problema è stato mitigato dalla regolamentazione giapponese e gli investitori locali riusciranno a recuperare i loro fondi grazie a 2 exchange connessi a FTX giusto entro il mese prossimo. Incredibile, vero?

Per questo il governo giapponese invita USA ed Europa insieme a tutti gli altri Paesi del mondo ad accelerare con la regolamentazione, in modo da evitare altri disastri di questa portata. L’impegno di questo Stato risulta encomiabile.

Ma perché Coinbase ha deciso di abbandonarlo se le crypto sono già così radicate nel sistema?

Perché Coinbase lascia il Giappone?

Una notizia che non piacerà a tanti investitori giapponesi, questo è certo. Coinbase ha reso ufficiale la notizia: chiuderà le sue filiali in Giappone a tempo indeterminato. Non si tratta, però, come molti hanno ipotizzato di un problema proprio del Paese in questione, quanto più di una strategia dell’exchange stesso.

Coinbase, infatti, ha dovuto licenziare il 20% dei dipendenti a livello globale. Analizzando il mercato, è saltato fuori che le operazioni in Giappone fossero le prime a dovere essere chiuse, assicurando la continuazione del business altrove.

Una scelta dura, che vedrà il licenziamento totale di 950 lavoratori (anche se non sappiamo quanti perderanno il lavoro nel Sol Levante). Tuttavia non è certo colpa dei cittadini giapponesi: l’interesse per le criptovalute è forte, ma semplicemente non abbastanza per Coinbase.

Coinbase chiude: brutta notizia?

Si tratta di una semplice strategia finanziaria, niente di più. Il crypto winter si fa ancora sentire e, nonostante i timidi rialzi che il mercato ha saputo dimostrare, siamo ben lontani dai massimi raggiunti nel 2021.

Coinbase lo sa e, piuttosto che rischiare, preferisce operare in modo sostenibile e responsabile, eliminando le aree che generano minori profitti. Badate bene, qualcuno del team Coinbase rimarrà comunque nel Sol Levante, ma solo per sostenere gli investitori ed evitare di perdere completamente una fetta del mercato giapponese.

Sono tempi duri e bisogna fare i conti per restare a galla.

Coinbase come Kraken: addio Giappone

La notizia dell’exchange era già stata preceduta da un altra piattaforma che aveva detto addio al Paese dei samurai giusto prima del 2023. Si tratta di un altro gigante crypto: Kraken. Le ragioni di Kraken sono le stesse e non si possono di certo smentire.

Annunciato a dicembre 2022, Kraken aveva chiesto agli utenti di ritirare il proprio denaro entro il 31 gennaio 2023. Questa sarebbe la seconda volta che la piattaforma crypto rinuncia al Giappone. La prima fu nel 2018.

Nuove leggi crypto: l’opportunità giapponese

Mentre gli altri Stati stanno temporeggiando, il Giappone si è già messo in azione. La regolamentazione e lo sviluppo del Web3 non ha freni.

Il settore crypto è ritenuto una grande opportunità ed è molto probabile che, nel corso dell’anno, i giapponesi stupiscano molto. Intanto molti politici avanzano nuove linee guida per una regolamentazione più efficace riguardo le DAO e gli NFT.

Perfino le società giapponesi come Square Enix sono sempre più interessate al Web3. Al momento, però, sembra che il più grande exchange crypto rimasto in possesso di una licenza giapponese nello Stato sia Binance. Che Coinbase abbia perso un’occasione? Lo scopriremo presto.

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