Affitto: come funziona l’adeguamento del canone all’inflazione. E come evitarlo

Arriva come un fulmine a ciel sereno: la richiesta di aumentare del 100% il canone di affitto. Per colpa dell'inflazione.

Arriva come un fulmine a ciel sereno: la richiesta di aumentare del 100% il canone di affitto. Per colpa dell’inflazione. Una richiesta da parte del proprietario di un appartamento al proprio inquilino, che mette in ginocchio l’impiegato o l’operaio. I quali non hanno visto lievitare la propria busta paga nello stesso modo.

Ma è lecita una richiesta del genere? Il proprietario può richiedere l’adeguamento all’inflazione del canone di affitto? La risposta è sì, purché, nel momento in cui si è stipulato il contratto di locazione, sia stata inserita una clausola che preveda l’adeguamento all’inflazione. Questa risulta essere l’unica ipotesi nella quale il locatore possa chiedere che l’importo del canone di affitto concordato venga modificato. In caso contrario, qualsiasi richiesta di rivedere il canone mensile deve essere respinta al mittente, perché illegittima.

Ma cerchiamo di scoprire come funziona l’adeguamento all’inflazione del canone di affitto. La normativa vigente permette alle parti in causa la più ampia libertà, nel momento in cui stipulano dei contratti a canone libero – quelli, per intenderci, che hanno una durata di 4+4 anni -; mentre sono previsti alcuni limiti per quelli a canone concordato (3+2 anni).

Canone di affitto ed inflazione: come aggiornare l’importo

Nel caso in cui le parti ritenessero utile ed importante aggiornare l’importo del canone di affitto all’inflazione, lo devono inserire direttamente nel contratto di locazione. Dovrà essere prevista un’apposita clausola, che preveda questo aggiornamento periodico. Nel caso in cui questa clausola non ci fosse, non potrà essere richiesto alcun aumento del canone di locazione, il quale dovrà rimanere invariato per tutta la durata del contratto.

Fatta questa premessa, le parti hanno la più ampia libertà contrattuale e possono inserire una clausola che preveda l’aggiornamento dell’affitto automaticamente, di anno in anno. O su richiesta del proprietario dell’immobile.

Se nel contratto le parti hanno previsto l’aggiornamento automatico del canone d’affitto, il proprietario dell’immobile può chiedere che la clausola del contratto venga onorata in qualsiasi momento. Se, nel corso degli anni passati, non avesse mai richiesto l’aggiornamento all’inflazione, potrà chiedere anche gli arretrati, ma solo quelli degli ultimi cinque anni (questo è il termine di prescrizione del pagamento dei canoni di locazione). Nel caso in cui, per l’aggiornamento all’inflazione, ci debba essere un’espressa richiesta da parte del padrone di casa, non è possibile ottenere gli arretrati in un momento successivo.

La richiesta dell’aggiornamento del canone di affitto all’inflazione può essere avanzata anche informalmente, tramite una semplice lettera od una richiesta verbale. L’aggiornamento del canone decorrerà dal mese successivo a quello in cui ne viene fatta richiesta con lettera raccomandata o con altre forme equipollenti.

Affitto: come adeguarlo all’inflazione

Generalmente la clausola, che prevede l’aggiornamento del canone di affitto all’inflazione, prende come riferimento gli indici pubblicati dall’Istat. Quello a cui ci stiamo riferendo è l’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie e gli impiegati. È possibile, comunque, prevedere alcuni criteri differenti, rispetto a quelli adottati dall’Istat, che comunque non devono comportare un particolare squilibrio contrattuale eccessivo a vantaggio del locatore. Ma che soprattutto non nascondano un intento fraudolento di aumentare troppo l’affitto rispetto all’andamento reale dell’inflazione.

Nel caso in cui dovessero sorgere delle contestazioni sui parametri adottati per adeguare il canone di affitto, sarà necessario rimettersi alle valutazioni del giudice, che prenderà in considerazione le condizioni economiche delle parti coinvolte. Su questo importante parametro di valutazione, giudicherà se le prestazioni siano sproporzionate e se sia anche legittima la clausola che prevede l’aggiornamento del canone di locazione.

Affitto: in quale misura deve essere aggiornato il canone

L’ultima domanda, alla quale è necessario rispondere, è come debba essere aggiornato all’inflazione il canone di affitto? L’adeguamento potrà arrivare nei seguenti modi:

  • corrispondere al 100% della variazione Istat nei contratti di locazione a canone libero. In questo caso ci stiamo riferendo ai contratti di durata di 4 anni più altri 4 di rinnovo automatico;
  • arrivare ad un massimo del 75% della variazione Istat nel caso in cui si sia sottoscritto un contratto di locazione a canone concordato. Stiamo parlando di quei contratti, che hanno una durata di tre anni più altri due di rinnovo. Alcuni accordi locali possono però prevedere un limite più basso.

Questo, sostanzialmente, significa che sarà possibile vedersi chiedere un aumento, da parte del padrone di casa, di una percentuale pari all’indice pubblicato dall’Istat, nel caso in cui si sia sottoscritto un contratto 4+4. Il discorso è diverso, nel caso di contratti di affitto con cedolare secca il locatore non può chiedere l’aggiornamento del canone all’inflazione accertata dall’Istat.  

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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