Buoni fruttiferi postali: brutta sconfitta in Cassazione!

Arrivata una terribile sconfitta in Cassazione per i risparmiatori, che hanno investito nei buoni fruttiferi postali. Ha ragione Poste Italiane.

Arrivata una terribile sconfitta in Cassazione per i risparmiatori, che hanno investito nei buoni fruttiferi postali. Ha ragione Poste Italiane. Dopo innumerevoli sentenze, che hanno dato ragione ai consumatori, questa volta il risultato si è completamente ribaltato. A finire nell’occhio del ciclone sono i buoni fruttiferi postali della serie Q/P: in questa occasione i giudici della suprema corte hanno dato ragione a Poste Italiane, lasciando un po’ di stucco tutti.

Sono quatto le ordinanze che arrivano direttamente dalla Corte di Cassazione, che danno ragione proprio a Poste italiane. Questa volta il discorso sembra essere definitivamente chiuso, salvo novità dell’ultimo momento. Ma proviamo a scoprire cosa sia accaduto e quali sono i risvolti negativi per i risparmiatori.

Buoni fruttiferi postali: il pasticcio

A finire nell’occhio del ciclone sono i buoni fruttiferi postali serie Q/P, che sono stati emessi nel periodo compreso tra il 1986 ed il 1995. Molti risparmiatori sperano di riuscire ad ottenere i vecchi rendimenti, che sono stati modificati attraverso un DM, per un pasticcio che era stato commesso da Poste italiane. Proviamo a vedere cosa è accaduto nel dettaglio.

Poste Italiane invece di provvedere a stampare i nuovi titoli della serie Q inserendo i nuovi tassi di interesse, decise di mettere in circolazione quelle che erano a tutti gli effetti le vecchie cedole della serie P. Su queste fece inserire un timbro, con il quale venivano riportati i nuovi tassi e la nuova serie. A questo punto è sorto un nuovo problema: il timbro riportava gli interessi unicamente dei primi vent’anni, senza che venisse dato alcun chiarimento rispetto agli anni compresi tra il ventunesimo ed il trentesimo. In mancanza di ogni altro tipo di indicazioni, i consumatori erano nel pieno diritto di intendere e pensare che per gli anni compresi tra il ventunesimo ed il trentesimo valessero i tassi della serie P, che garantivano degli interessi più cospicui.

Questo, sostanzialmente, è il motivo per il quale nel corso degli ultimi anni sono stati molti i consumatori che hanno mosso causa contro Poste italiane per ottenere i rendimenti indicati all’interno dei buoni fruttiferi postali. La risposta che arrivava dall’azienda è che i pagamenti dei titoli erano sempre in linea con i tassi stabiliti dai decreti. Indipendentemente da quanto veniva indicato nei buoni fruttiferi postali.

Buoni fruttiferi postali: arriva la batosta

Quello che ha combinato Poste italiane è sostanzialmente un vero e proprio pasticcio, che nel corso degli anni ha innescato tutta una serie di ricorsi e di cause da parte dei consumatori. Questi hanno chiesto il rimborso dei propri buoni fruttiferi postali rispettando i tassi, che erano previsti prima del 1986.

Molti consumatori hanno deciso di rivolgersi direttamente all’Arbitro Bancario Finanziario, che ha confermato le loro ragioni. Secondo questo giudice valeva il principio del legittimo affidamento. L’Abf ha quindi chiesto direttamente a Poste italiane di rimborsare le quote mancanti, richiesta che, nel corso di questi anni, non è mai avvenuta. A dare ragione proprio ai consumatori sono arrivati anche alcuni provvedimenti giudiziari ordinari, che hanno confermato la tesi dell’Arbitro bancario finanziario. Poste italiane, invece, ha sempre ritenuto di essere dalla parte della ragione.

La Corte di Cassazione ha cambiato completamente le carte in tavola e ha dato ragione proprio all’azienda, che ha emesso i buoni fruttiferi postali. Quattro ordinanze fotocopie, ossia la n. 4384, la n 4748, la n. 4751 e la n. 4753, hanno confermato che Poste Italiane aveva ragione. Quello che la Cassazione ha completamente ribaltato è stato il principio del legittimo affidamento. La motivazione è che i risparmiatori non si sarebbero dovuti fidare di quanto era scritto sui buoni fruttiferi postali, perché dovevano essere a conoscenza del fatto che, nel frattempo, la legge era cambiata. Una tabella allegata al Decreto, infatti, aveva stabilito quali fossero i nuovi rendimenti e lo aveva fatto in modo molto chiaro.

Associazione dei consumatori: ecco cosa ne pensano

Ad intervenire a gamba tesa sulla decisione della Cassazione sui buoni fruttiferi postali, ci ha pensato Emilio Graziuso, dell’associazione Dalla parte del consumatore, che ha affermato che

con tali ordinanze si è creata una giurisprudenza massiccia, e intentare un’azione legale ora diventa molto rischioso.

Graziuso ritiene che i risparmiatori debbano essere rimborsati: siamo davanti, infatti, ad un accordo tra privati e ci si dovrebbe basare sul contratto, anche nel caso in cui la legge preveda delle regole diverse. Massimiliano Donà, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ritiene che queste sentenze siano realmente scandalose. Nel 20072 la cassazione aveva ribadito il principio del legittimo affidamento. Donà aggiunge che 

i risparmiatori avevano il diritto di essere informati che il cambio dei rendimenti non era soltanto per i primi 20 anni ma per tutti e 30. In ufficio postale, però, tale spiegazione non è stata data.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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