Concorsi pubblici: quando la raccomandazione non è reato!

Che cosa dice la legge e i giudici a proposito delle raccomandazioni nei concorsi pubblici: quando sono accettabili e quando vengono considerate un reato.

Per definizione il concorso pubblico è costituito da uno o più esami che devono essere sostenuti per lavorare nelle pubbliche amministrazioni. In sostanza una selezione che fa emergere quali sono i candidati migliori, tenendo conto di criteri obiettivi e senza che la commissione possa dare giudizi legati a valutazioni di tipo personale.

Così almeno era in passato, perché in realtà anche qui, dove avrebbero dovuto accedere solo i migliori è stato sdoganato, dalla Corte di Cassazione il diritto alla raccomandazione. Sì, proprio alla raccomandazione, quella che ci fa saltare sulla sedia solo a sentirla nominare, ma che poi se agevola noi, guardiamo con meno fastidio.

Attenzione però perché non stiamo parlando di scambio di favori passaggio di mano di bustarelle, o di minacce, ma di una segnalazione. Parola diversa per dire la stessa cosa? Secondo il punto di vista degli altri candidati che non hanno santi in paradiso in effetti sì. Nella sostanza, però il risultato dovrebbe essere diverso, visto che il vincitore finale del posto di lavoro sarebbe comunque il candidato più meritevole.

Cosa è un concorso pubblico

Il concorso pubblico è una delle modalità che consentono l’accesso alle dipendenze di una pubblica amministrazione. Rientrano sotto questo termine sia gli uffici pubblici centrali, sia quelli periferici, quelli degli enti locali come regioni comuni e province e anche quelli delle aziende o società che offrono servizi pubblici.

L’articolo 1 del DPR numero 407 del 1994 dice che

queste selezioni devono svolgersi in modo da garantire l’imparzialità, l’economicità, e il rapido svolgimento dello stesso, utilizzando tutto quanto messo a disposizione dalla tecnologia e se necessario ricorrendo anche a preselezioni o al decentramento degli esami nelle sezioni locali.

In sostanza si tratta di un esame, al quale possono accedere tutte le persone in possesso dei titoli di studio o delle caratteristiche previste nel bando, ai quali viene garantito un trattamento equo e una valutazione fatta solo sulla base delle effettive capacità e conoscenze.

I concorsi pubblici sono previsti dalla Costituzione

La necessità che l’accesso alle pubbliche amministrazioni sia trasparente viene sancito anche dalla nostra Costituzione. Che all’articolo 97 stabilisce che

agli impieghi delle pubbliche amministrazioni si accede tramite concorso salvo i casi stabiliti dalla legge. Lo stesso articolo prevede poi che gli uffici pubblici siano organizzati in modo da garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazione.

Nella normalità dei casi, quindi è necessario che a tutela sia dei candidati che dell’interesse di tutti ci si avvalga di procedure che siano state codificate, in modo da evitare che durante il concorso pubblico ci possano essere delle preferenze a favore di un candidato a discapito degli altri. Portando in questo caso anche all’assunzione di personale inadeguato che leda il buon funzionamento della cosa pubblica.

Quando raccomandare per un concorso pubblico è reato

Iniziamo col dire che un dipendente pubblico non è mai autorizzato, a spingere segnalare o favorire il candidato di un concorso pubblico. Se lo facesse si troverebbe ad essere accusato per il reato di abuso d’ufficio previsto dall’articolo 323 del codice penale che

punisce con la reclusione da uno a quattro anni violando leggi o atti aventi forza di legge, nei casi in cui non ci sai una discrezionalità residuale in modo intenzionale provoca ad altri un danno oppure porta a sé o ad altri un ingiusto profitto.

Nel caso del concorso pubblico per pubblico ufficiale si intendono sia i componenti della commissione esaminatrice, che i dipendenti di una qualsiasi amministrazione pubblica che i politici. Quindi divieto di spintarella non solo a chi valuta i candidati, ma anche a chi lavora nel settore pubblico a qualsiasi titolo e anche al sindaco, piuttosto che a un consigliere o a un assessore.

Quando la raccomandazione per un concorso pubblico non è reato

Questione diversa è il caso in cui il candidato di un concorso pubblico sia stato segnalato da un privato, che ne ha decantato alla commissione d’esame le sue capacità. In questa ipotesi la Corte di Cassazione con la sentenza numero 40061 del 30 settembre 2019 ha escluso che si potesse contestare un reato a chi abbia fatto la raccomandazione, purché si sia limitato a segnalare e non abbia preso iniziative di altro tipo.

Per iniziative ulteriori oltre a quello di segnalare a uno o più componenti della commissione un candidato particolarmente dotato o adatto alla mansione per le quali si sta facendo la selezione, si intendono tutte quelle che hanno lo scopo di imprimere una forza maggiore alla richiesta fatta.

Quindi offrire denaro o altro vantaggio, così come minacciare o fare intendere che non aderire alla richiesta potrebbe portare a conseguenza sgradevoli costituisce sempre reato. Lo costituisce anche se il destinatario della richiesta, la ignora, la rifiuta, o indipendentemente da quella ritenga che quello sia il candidato migliore per quella posizione. 

Non serve a escludere il reato neppure il fatto che il candidato fosse del tutto ignaro di quello che si stava macchinando per favorirlo e anche se lo sapeva ed aveva espresso il suo parere contrario.

Limiti da tenere perché la raccomandazione per un concorso pubblico sia legittima

La raccomandazione poi, sarebbe legittima solo se, non viene dichiarato qualcosa di falso. Falsificare il curriculum, fornire delle referenze rimaneggiate, dichiarare che il candidato abbia fatto delle esperienze che in realtà non sono effettive costituisce un reato. Si tratta di dichiarazione di falso in atto pubblico che sé contestabile sia al candidato sia a chi lo abbia aiutato.

Cosa diversa invece è il curriculum non falsificato, ma semplicemente abbellito. Per esempio se si enfatizza un po’ troppo le proprie capacità, oppure si millantano apprezzamenti pubblici ricevuti che in realtà sono solo fantasie.

In effetti in genere nei concorsi pubblici ciò che conta sono i risultati degli esami e le effettive esperienze avute, intese come numero di anni durante i quali si sono ricoperte determinate mansioni, oppure il livello di istruzione raggiunto e i corsi seguiti. Aggiunte di altro tipo invece difficilmente hanno un peso rilevante.

Come è punito che accoglie la raccomandazione per un concorso pubblico?

Altra questione è qual è la posizione di chi riceve e decide di tenere conto della segnalazione di un privato per indirizzare verso una certa direzione il concorso pubblico. Quali sono i limiti entro cui rimanere per evitare di essere accusati di abuso d’ufficio?

Se in passato su questo punto era unanime la condanna della commissione che accettava la spintarella, oggi a seguito della riforma del codice penale, la questione non è più così pacifica.

Con il decreto semplificazioni del 2020 all’articolo 332 del codice penale è stata aggiunta una postilla, che ne ha cambiato l’interpretazione. Si tratta della parte dove si dice che non integra l’abuso di ufficio una scelta fatta nei casi in cui possa essere esercitato il potere discrezionale. Quindi è punibile solo chi viola una legge e un regolamento che non lascia alcun margine di discrezionalità.

Facendo seguito a questa modifica del legislatore la Corte di Cassazione con la sentenza numero 14214 del 15 aprile 2021 ha assolto una commissione che aveva valutato in modo piuttosto elastico il curriculum e i titoli presentati da uno dei candidati. La ragione è stata che nel bando di concorso non fossero indicati criteri così precisi da escludere del tutto il ricorso alla discrezionalità.

Mancando queste precisazioni si entra nel campo del nucleo valutativo tecnico della commissione che non è oggetto di sindacato. Si tratta cioè della capacità di chi è deputato ad esaminare i candidati di stabilire la preparazione del singolo, che per forza di cose non può essere del tutto oggettiva ma che ha sempre una componente personale.

Mentre non esiste alcun obbligo di autoescludersi da una commissione nell’ipotesi in cui si sia ricevuto una raccomandazione, esiste invece nei casi in cui tra i candidati ci siano dei parenti stetti e tutte le volte in cui ci sia un conflitto di interessi, perché ci sono rapporti di lavoro, amicizia o affari.

Allora concorsi pubblici solo per i raccomandati?

No, le cose non stano così, nonostante agli onori della cronaca salgono solo i casi in cui ci siano state delle scorrettezze. In realtà dare e accogliere raccomandazioni in un concorso pubblico non è poi così semplice. Come abbiamo visto, il limite tra quello che è legale e quello che non lo è viene punito penalmente, è piuttosto sottile.

Si dovrà innanzitutto attenersi a una semplice segnalazione delle capacità del candidato, senza che questo possa essere interpretato come una ingerenza illecita o un tentativo di corruzione. Attenzione perché anche solo fare intendere che lo stesso favore sarà ricambiato alla prima occasione, magari assumendo il figlio o la moglie di uno dei componenti della commissione basta a integrare il reato.

Altri limiti sono dati dal modo in cui le prove d’esame sono strutturate. Cominciamo dalla prova scritta che è segreta e viene corretta senza sapere chi ne sia l’autore.

Naturalmente rimane sempre la possibilità che conoscendo la grafia si possa risalire al candidato, ma la regola è che l’elaborato non sia firmato, e che il nome dell’autore sia inserito in una busta chiusa a parte.

Quando poi, si tratta di quiz a risposta multipla o dove la scelta è solo tra vero o falso, spesso la commissione non vede neppure la prova, che viene corretta in automatico da un computer, che fornisce solo l’esito finale. In questa fase, è escluso che una raccomandazione fatta entro i limiti fissati dalla Cassazione possa avere luogo.

La possibilità esiste, invece nella prova orale, dove per forza di cose il candidato non può essere anonimo. Ma in questo è stato previdente il legislatore che ha previsto che le interrogazioni fossero pubbliche.

Un esaminando chiaramente impreparato al quale sono fatte domande estremamente semplici e che ciò nonostante vince il concorso probabilmente consentirà agli altri concorrenti di presentare e vincere un ricorso.

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