Condominio, chi paga per i morosi? L’amministratore

Cosa succede in un condominio se ci sono dei morosi? Quali sono gli obblighi in capo all'amministratore per sollecitarli al pagamento? Scoprilo nell'articolo.

Cosa succede in un condominio se ci sono dei morosi? Quali sono gli obblighi in capo all’amministratore per sollecitarli al pagamento? Partiamo da una certezza: è necessario agire immediatamente contro chi si dimentica di pagare le spese condominiali. Sarà necessario inviare loro una raccomandata, con la quale si manda una diffida ufficiale ed entro sei mesi è necessario agire con un decreto ingiuntivo. Sono compiti che spettano direttamente all’amministratore di condominio, il quale deve farsi parte attiva in queste operazioni.

Inutile nascondersi dietro ad un dito. Quando si parla di morosi, nessun condominio è esente da questo problema. Non importa se l’edificio sia collocato in un quartiere disagiato o nel centro storico ed aulico della città. Preso atto di questa incancellabile verità, non possiamo far altro che constatare che la riforma del condominio ha sostanzialmente modificato i compiti dell’amministratore, provvedendo ad attribuirgli degli obblighi ben precisi. E soprattutto dei poteri, nel momento in cui debba procedere con il recupero delle quote delle spese, che non sono state versate dai proprietari. 

Senza dubbio, la novità più importante risiede nella facoltà dell’amministratore di poter (anzi dover) agire direttamente contro i morosi, senza la necessità di chiedere l’autorizzazione dell’assemblea. L’amministratore avrà la facoltà di nominare un avvocato di propria fiducia e di conferirgli il mandato per il deposito in tribunale del ricorso per decreto ingiuntivo. Per effettuare queste operazioni non sarà obbligato ad informare i condomini nelle opportune riunioni.

Condominio: a chi spetta agire velocemente

La riforma del condominio ha introdotto un’ulteriore norma nel Codice Civile (articolo 1129), che stabilisce chiaramente che l’amministratore ha l’obbligo

di agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dai morosi entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio a cui si riferisce.

Una domanda, che molti esperti del settore si sono posti, è cosa possa accadere nel caso in cui l’amministratore si limiti ad inviare unicamente delle lettere di messa in mora e gli eventuali solleciti. Desistendo, quindi, dalle azioni giudiziarie vere e proprie. Riferendosi ad una vicenda che era avvenuta precedentemente alla riforma del condominio, la Corte di Cassazione aveva sottolineato che l’amministratore ha semplicemente il potere di agire contro i morosi, ma non ha alcun obbligo di farlo. L’amministratore dovrà comportarsi adottando la diligenza del buon padre di famiglia. Semplificando al massimo, secondo i giudici l’amministratore di condominio, nel caso in cui proceda con le diffide ma poi non presenti richiesta del decreto ingiuntivo al giudice, non è responsabile. Con la riforma del condominio sono cambiate un po’ di cose. Vediamo in quali casi l’amministratore si potrebbe trovare nella situazione di pagare di tasca propria.

Condominio, i sospetti che possono nascere

Proviamo a fare un esempio pratico. Un condominio ha seri problemi finanziari, perché alcuni proprietari non provvedono a pagare da molto tempo le spese di loro competenza. Alcuni di questi soggetti hanno dei buoni rapporti con l’amministratore: nasce, quindi, il sospetto – almeno negli altri condomini – che il mancato recupero delle somme non pagate, sia determinato ad una sostanziale accondiscendenza da parte dell’amministratore nei confronti dei morosi.

Mossi da questi sospetti, alcuni condomini chiedono l’accesso ai documenti condominiali. A questo punto ci si accorge che sono state inviate unicamente delle raccomandate di sollecito, ma alla fine non si è fatto nulla di concreto. Non è nemmeno stato conferito un incarico ad un avvocato, né è stata presentata una richiesta per ottenere un decreto ingiuntivo. La mossa successiva è quella di chiedere immediatamente la convocazione di un’assemblea condominiale, nella quale chiedere la revoca dell’amministratore, al quale saranno chiesti i risarcimenti dei danni subiti dal condominio per la sua passività. I debiti, che sono stati accumulati nel tempo, hanno portato più volte alla sospensione dei servizi essenziali, come l’ascensore, la luce o la pulizia delle scale. La difesa dell’amministratore è quella di non essere rimasto con le braccia conserte: il fatto che sia stato diligente lo dimostrerebbe il numero di raccomandate spedite ai morosi. Chi ha ragione?

Rispondiamo immediatamente, ricordando che l’amministratore di condominio è un professionista, il quale è stato delegato a svolgere un particolare incarico di natura professionale. Sarà tenuto, quindi, a svolgerlo con la solerzia e la diligenza del buon padre di famiglia. Dovrà quindi provvedere ad attendere ai compiti che gli sono stati imposti dalla legge: tra questi rientrano anche la tutela delle parti comuni dell’edificio e l’attuazione delle decisioni dell’assemblea condominiale. Tra i compiti da svolgere con la massima diligenza vi è anche quello che prevede la riscossione delle quote condominiali. Il Codice Civile, tra l’altro, prevede che 

per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo.

Il fatto che sia stato utilizzato il verbo potere al posto di dovere farebbe pensare che siamo davanti ad una semplice facoltà e non ad un vero e proprio obbligo. Si potrebbe presupporre che l’amministratore di condominio si comporti correttamente – come il buon padre di famiglia – nel momento in cui invia una semplice diffida ai morosi. Ma non è proprio così.

Quando c’è una reale responsabilità dell’amministratore di condominio

Il Codice civile, come abbiamo visto in apertura, prevede che

salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

Quello che chiarisce quale debba essere l’atteggiamento dell’amministratore di condominio sono le parole riscossione forzosa. Qui, sicuramente, non ci sono dubbi interpretativi: il legislatore si riferisce esplicitamente al pignoramento, il quale potrà scattare unicamente dopo la richiesta di un decreto ingiuntivo al giudice. Ricordiamo che, in ambito condominiale, il decreto ingiuntivo è sempre provvisoriamente esecutivo. Quindi obbliga a pagare da subito.

Sostanzialmente questo significa che, dato che l’amministratore ha l’obbligo legale di agire contro i morosi, ne consegue che, se dovesse decidere di non provvedere a nominare l’avvocato e a depositare il decreto ingiuntivo, è responsabile personalmente della propria negligenza. La conseguenza è che potrà essere revocato per giusta causa, oltre ad essere obbligato a risarcire i danni procurati ai condomini in regola coi pagamenti. L’assemblea comunque può esonerare l’amministratore di condominio dall’agire contro i morosi, ma deve farlo espressamente.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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