Conto corrente cointestato, quando si può pignorare e quanto dura il pignoramento

Ci sono dei casi in cui un conto corrente cointestato può essere pignorato, e altri no. Ecco i casi in questione, e quando durerebbe il pignoramento.

Avere un conto corrente cointestato può essere una garanzia, non solo perché ti garantisce maggior liquidità e facilità nei versamenti, ma anche maggior protezione in caso di pignoramento.

Se si è debitori verso enti, fornitori o imprese e ci si ritrova senza soldi per rimborsare tutti, in sede di liquidazione potrebbe venire chiesto il pignoramento del conto corrente, anche se cointestato.

Ovviamente tutto dipende dalla situazione in cui ci si trova, perché ci sono casi in cui il conto corrente può non essere toccato. Nel 2023 il sistema dei pignoramenti è cambiato notevolmente, soprattutto per chi si trova in una condizione di nullatenenza.

Conto corrente cointestato, quando si può pignorare e quanto dura il pignoramento

Precisiamo intanto questo punto: per conto corrente cointestato si intende un conto la cui titolarità è spartita tra due o più soggetti. Se cointestato, può essere a sua volta a firma disgiunta o a firma congiunta.

Se disgiunta, il conto è operabile da tutti i soggetti aventi pari diritti, senza approvazione degli altri, anche per operazioni amministrative. Se congiunta, serve la presenza di tutti i cointestatari per ogni operazione, anche le più semplici come prelevare denaro contante o emettere assegni o bonifici.

Se questa soluzione può portare ad un esito diverso nel caso di eredità, non lo è nel caso di pignoramento. La normativa vigente prevede che, in caso di conto corrente semplice, si possa arrivare a prelevare tutte le finanze, oppure a disporne il blocco se le risorse sono inferiori per saldare il debito.

Nel caso di un conto corrente cointestato, solo il 50% delle somme presenti al momento del pignoramento (o analoga quota riconducibile al debitore, in caso di più cointestatari) mentre quelle rimanenti possono essere prelevate dai correntisti.

Una soluzione che permetterebbe ai cointestatari di salvare parte dei propri capitali, grazie al principio della solidarietà attiva, e al tempo stesso di garantire un rimborso sufficiente da parte dei debitori.

Se però il creditore, dopo tale pignoramento, si ritrova insoddisfatto, ha tempo fino a 30 giorni per decidere se mantenere il pignoramento del conto corrente oppure se lasciarlo libero.

Leggi anche: Conto corrente cointestato, come e quando si divide l’eredità dei soldi

Quando un conto corrente non è pignorabile

Teoricamente tutti i conti correnti, semplici o cointestati con firma disgiunta o congiunta, sono pignorabili, basta solo che venga emanata uno solo di questi provvedimenti:

  • una sentenza del giudice in favore del creditore,

  • un avviso di accertamento immediatamente esecutivo,

  • un decreto ingiuntivo,

  • una cartella dell’agente della riscossione.

Dopo 10 giorni dall’atto di precetto, può scattare il pignoramento, a meno che non si scopra che i quel conto corrente sia stato accreditato lo stipendio o la pensione.

Per legge, se prima della notifica del pignoramento vengono accreditate delle somme, non si potrà procedere al pignoramento se la giacenza sul conto corrente non eccede il triplo dell’assegno sociale.

A conti fatti, essendo ad oggi l’assegno a 503,27 euro, tutte le somme superiori a 1.509,81 euro potranno essere pignorate.

Altre modalità per non farsi pignorare il conto corrente non ce ne sono, a meno di non procedere a:

  • versare i soldi in un altro conto corrente (non intestato al debitore),

  • prelevare i soldi in contanti, nei limiti fissati per legge,

  • trasferire i soldi in un assegno circolare.

Tutte queste azioni possono essere effettuate prima dell’atto di precetto, in cui si intima al pagamento del debito entro 10 giorni dall’avviso di comunicazione. Se fatte successivamente, la banca non potrà procedere con nessuna di queste azioni, anzi si rischia l’incriminazione.

Come cambiano i pignoramenti dal 2023

Ad oggi, 2023, il sistema dei pignoramenti è previsto sia per i conti correnti, sia per carte prepagate, carte di credito e conti correnti esteri o digitali. E in genere prevede o il blocco del conto corrente o il prelievo forzoso dei soldi.

Il blocco scatta se il saldo del conto è negativo o a zero, mentre il prelievo avviene con saldo positivo e saldo superiore alla somma intimata. Se fosse positivo ma inferiore alla somma da rimborsare, scatta comunque il blocco del conto e dei bonifici in arrivo, fino all’udienza di assegnazione.

Nel caso del conto cointestato l’altro 50% è libero, e può essere soggetto a prelievi, dato che le somme da pignorare non possono superare il credito aumentato della metà.

Se il pignoramento avviene da parte delle autorità fiscali in merito a cartelle esattoriali non pagate, si può averne lo sblocco se si accetta il piano di rateizzazione delle cartelle: già dalla prima rata pagata avviene lo sblocco del conto.

Anche nel 2023, inoltre, si può essere soggetti al cosiddetto “doppio pignoramento“. Anche dopo il pignoramento del conto corrente cointestato, il debitore può pretendere anche l’altro 50% “tutelato” dal principio di solidarietà attiva, per un totale del 75% dell’intera somma presente sul conto.

È un sistema che però, seppur non vietato dalla legge, può dare luogo a un giudizio di abuso del diritto, con conseguente annullamento dell’operazione del creditore.

Leggi anche: Conto corrente cointestato, che succede se uno viene a mancare

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