Conto corrente, solo questi non sono pignorabili: ecco dove l’Agenzia non può colpire

Solo alcuni conti correnti permettono l'impignorabilità, a patto però che il loro "contenuto" sia regolare e previsto dalle norme. Ecco quali sono

In genere se si ha un conto corrente, e ci si trova immersi nei debiti, si rischia prima o dopo il pignoramento, dato che il conto corrente è iscritto all’Anagrafe dei Conti Correnti dell’Agenzia delle Entrate. Non si può occultare nulla, prima o dopo l’AdE provvederà al pignoramento.

A meno che non rientri in uno dei seguenti casi in cui vi è l’impossibilità del pignoramento. Vediamo meglio quali sono, e come fare per mettere al sicuro i propri soldi da eventuali ingiunzioni.

Conto corrente, solo questi non sono pignorabili: ecco dove l’Agenzia non può colpire

Se si ha un conto corrente regolare, registrato in Italia e con una somma ingente depositata, è inevitabile che possa finire pignorato se si va a rischio insolvenza con banche o addirittura col Fisco.

Ma se si ha un conto corrente all’estero, la situazione cambia: un conto corrente non è pignorabile quando non risulta presente nei database del fisco del proprio paese, e si trova in un paese estero in cui non vigono leggi stringenti sulle regolazione dei propri conti personali.

Se addirittura la banca estera garantisce il totale anonimato dei conti ad enti terzi, anche se si tratti dell’Agenzia delle Entrate, in questo caso l’impignorabilità è assicurata.

Nel caso di un conto corrente registrato in Italia, ci sono altri casi in cui si può evitare il pignoramento. Se viene riegistrato uno sconfinamento (cioè che è andato “in rosso”), il conto non è usufruibile, ma nemmeno pignorabile, dato che non ci sono somme esistenti o entranti. Addirittura in presenza di fido bancario (altresì detto “conto corrente affidato”) questi non può essere intaccato dal creditore.

Ad oggi invece la strategia della cointestazione non funziona più. Tempo fa si poteva avere la “garanzia” di avere un pignoramento dimezzato, fino al 50% dell’intera somma, dato che l’altra parte è del cointestatario.

In realtà, con la sentenza della Corte di Cassazione del 3 luglio 2019 n.29079, i conti cointestati possono anche essere posti sotto sequestro per l’intero ammontare del loro contenuto, anche se le risorse appartengono al cointestatario.

Conto corrente, quali sono le rendite non pignorabili

Dopo aver approfondito quali tipologie di conti correnti non sono pignorabili, ora si va a vedere il “contenuto” del conto che può essere soggetto o meno dal provvedimento.

Alcuni trattamenti possono essere versati in tutta tranquillità, senza rischiare il pignoramento, e sono:

  • la pensione di invalidità,

  • l’assegno di accompagnamento disabili,

  • la rendita assicurativa a vita.

Sono rendite o trattamenti non pignorabili per legge, perché costituiscono un supporto vitale alla persona che:

  • ha subìto un’invalidità sul lavoro;

  • soffre di una malattia disabilitante;

  • supporta un soggetto diversamente abile.

Pertanto il conto è salvo fintanto che non vengono depositate altre somme. Nel caso di accrediti diversi (es. stipendio, pensione, fatture…), si rischia il pignoramento. Anche se questo dipende dalla somma in sé.

Leggi anche: Conto corrente, quanti soldi conviene tenere per pagare meno tasse? Ecco la risposta

Conto corrente, la cifra anti-pignoramento da tenere dentro

Non è possibile pignorare tutto il contenuto di un conto corrente. La legge prevede che sia disponibile per il “minimo vitale” una quota che sia pari al triplo dell’assegno sociale.

A quest’oggi, l’importo dell’assegno sociale è pari a 503 euro, per cui il minimo impignorabile è di 1.509 euro. Questo serve per tutelare le famiglie dei lavoratori e pensionati, anche se debitori verso banche o Fisco.

Ovviamente il creditore può agire richiedendo la cessione di una parte della busta paga o della pensione per ricoprire il debito. Ma anche in questo caso bisogna fare dei distinguo.

Se si tratta di pensione, si potrà pignorare solo la parte eccedente al minimo vitale, sempre di 503 euro. Nel caso dello stipendio:

  • se accredito sul conto corrente, solo per la somma eccedente il triplo dell’assegno sociale;

  • se senza credito, fino al 20% sulla retribuzione netta.

L’accredito può fare la differenza in questi casi, perché in assenza del conto corrente si rischia il pignoramento diretto, anche se l’importo va a intaccare il “minimo vitale”, previsto solo per pensioni o stipendi accreditati.

Ricordiamo che il pignoramento dello stipendio non è rivolto direttamente al debitore, ma al datore di lavoro del debitore (il terzo soggetto), che dovrà versare la quota di stipendio pignorabile al creditore.

Leggi anche: Conto corrente cointestato, non sempre si può prelevare tutto: ecco in quali casi

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