Covid, zona gialla addio? Le regioni vogliono abolirla!

Le regioni stanno pressando il governo perché abolisca il sistema delle zone colorate per il controllo della pandemia, ritanuto ormai obsoleto.

Il coronavirus ha scatenato nell’ultimo mese una quarta ondata che ha colpito tutta Europa e il nord America. La coda della variante delta e l’arrivo della nuova e contegnosissima variante omicron hanno fatto impennare i contagi a livelli mai visti. In Italia si sono raggiunti e superati più di una volta i 200.000 nuovi positivi al giorno, dato record di molte volte superiore ai picchi della seconda ondata, la più grave. 

Nonostante questi numeri le ospedalizzazioni e i decessi sono rimasti sotto controllo. Merito principalmente dell’ampia copertura vaccinale che la campagna di immunizzazione guidata dal generale Figliuolo ha permesso di raggiungere. Ormai più del 90% della popolazione adulta è almeno parzialmente protetta, mentre procedono le vaccinazioni dei bambini. 

Anche se i numeri risultano ancora molto alti, sembra che la pandemia abbia ormai raggiunto il suo picco e che i casi siano destinati a scendere. Questa è una delle ragioni per cui i governatori delle regioni italiane hanno chiesto di abolire il sistema a zone che ha relegato molte regioni in zona gialla nell’ultimo mese. 

Secondo i presidenti di regione il sistema avrebbe ormai perso senso, e andrebbe quindi rimosso del tutto. Il governo rimane tentennante su questa opzione, ma intanto prepara nuove misure che alleggeriranno il Green Pass per alcuni ambiti. 

Il vaccino si dimostra poi sempre più efficace, in particolare se somministrato con il booster. I dati mostrano che un paziente immunizzato ha probabilità basissime di contrarre la forma grave della malattia, anche se infettato da omicron. Uno studio rivela poi che le principali reazioni avverse si manifestano anche in chi ha assunto un placebo, e derivano quindi dal condizionamento mentale. È l’effetto nacebo.

Zona gialla, la pandemia inizia a rallentare

Può non sembrare, ma la quarta ondata di Coronavirus in Itali sta rallentando. Non si direbbe a guardare i dati giornalieri, che anche ieri parlano di quasi 200.000 nuovi contagi, cifre che sembrano identiche a quelle di una settimana fa. Ma proprio in questa ultima osservazione sta il primo segnale positivo: il Covid ha smesso di crescere. 

Nella settimana che va dal 10 al 17 di gennaio, i nuovi casi erano passati da una media di 160.000 al giorno ad una di oltre 180.000, una crescita di ben 20.000 casi. Se si considerano invece i dati di questa settimana, la media è rimasta attorno ai 180.000, con anche una leggerissima flessione. Siamo quindi passati da una crescita di 20.000 casi a settimana a una di zero casi. 

Il rallentamento si vede invece molto bene dal numero di casi attivi, quindi dal numero di persone che risultano ad ora positive al coronavirus. Questo dato ha raggiunto il suo picco il 10 gennaio e da quel momento non ha fatto altro che calare. I nuovi guariti intanto si moltiplicano, raggiungendo una cifra di oltre 120.000 al giorno. 

La situazione è stata ben descritta dal coordinatore del comitato tecnico scientifico Franco Locatelli in un’intervista al Corriere della Sera:

“Certamente siamo in una situazione delicata e con numeri ancora crescenti per quel che riguarda l’incidenza d’infezioni. Tuttavia, la crescita percentuale dell’ultima settimana è stata inferiore alla precedente e, negli ultimi giorni, vi sono evidenze di chiara decelerazione della curva epidemica in linea con quanto osservato in altri Paesi. Nel Regno Unito si sta assistendo alla riduzione dei ricoveri.”

Anche nel resto del continente quindi la quarta ondata si sta esaurendo. In testa c’è in Regno Unito, che aveva cominciato a subire le conseguenze della quarta ondata alcune settimane in anticipo rispetto al continente. Qui il governo ha già deciso di rimuovere le restrizioni come le mascherine o il pass vaccinale. 

Zona gialla, le novità sul Green Pass

Con la curva epidemiologica che si appiattisce e sembra destinata a cominciare a scendere molto presto, anche il governo italiano si prepara ad allentare alcune delle restrizioni imposte per affrontare questa situazione critica.

Il presidente del consiglio Mario Draghi sta infatti lavorando con il consiglio dei ministri ad un nuovo DPCM che modifichi alcune delle regole legate al Green Pass.

In particolare il governo sarebbe pronto ad allentare le norme su alcuni esercizi commerciali che non avranno più l’obbligo di controllare il Green Pass dei propri clienti. Si tratta soprattutto di negozi di generi di prima necessità: negozi di alimentari, supermercati, farmacie, benzinai e rivenditori di combustibile, ma anche edicole librerie e tabaccai, anche se per questi ultimi si parla solo dei distributori automatici all’aperto.

Da oggi 20 gennaio scattano invece alcune nuove norme che riguardano il Green Pass base. La certificazione ottenibile non solo con guarigione o vaccino, ma anche con un tampone negativo, sarà necessaria per entrare da parrucchieri ed estetisti. 

Allo stesso modo servirà per avere accesso alle banche e agli uffici postali. Questo obbligo scatterà soltanto dal primo di febbraio, data entro la quale entreranno in vigore anche le regole meno stringenti descritte in precedenza. 

Queste misure dovrebbero presagire un lento ritorno alla normalità. Anche alcuni virologi stanno infatti iniziando a considerare la pandemia verso la fine.

La variante omicron è molto meno aggressiva delle precedenti, e nonostante l’OMS abbia messo in guardia da nuove varianti, la strada del virus dovrebbe andare verso una sempre maggiore contagiosità ma una sempre minore mortalità. 

Zona gialla, le regioni contro il sistema a zone

Proprio questa situazione ha spinto i governatori delle regioni italiane a chiedere modifiche radicali del sistema a zone. Fin dalla seconda ondata di coronavirus l’Italia è stata divisa in zone colorate, in modo che il contagio si potesse controllare con misure mirate a livello regionale.

Le zone sono quattro, bianca quando il contagio è completamente sotto controllo, gialla quando iniziano a manifestarsi i primi segnali critici, arancione quando la situazione ospedaliera diventa grave e rossa quando il contagio è fuori controllo.

Questo sistema, che aveva trovato la sua applicazione massima nella seconda ondata, è poi diventato dormiente durante l’estate del 2021. Tutte le regioni italiane erano infatti tornate in zona bianca, senza che nessun dato potesse realisticamente spingerle a cambiare colore. La quarta ondata però ha nuovamente risvegliato il sistema, che però ha agito in maniera diversa. 

Il basso tasso di ospedalizzazioni dovuto ai vaccini ha infatti limitato gli effetti del Covid sui sistemi sanitari regionali e solo la Val d’Aosta ha raggiunto la zona arancione. Nonostante molte regioni siano andate in zona gialla, la principale restrizione che questa zona porta, le mascherine all’aperto, è stata imposta già a dicembre a livello nazionale, e quindi il passaggio in zona gialla non significava nessuna nuova restrizione.

Zona Gialla, la proposta di Fedriga

Da qui la nuova proposta delle regioni, con il presidente del Friuli Venezia Giulia Fedriga in testa. Considerare al fine delle restrizioni soltanto i pazienti ospedalizzati che hanno sviluppato sintomi della malattia, e non quelli asintomatici. Questo atteggiamento risolverebbe il problema dei pazienti che si recano in ospedale per motivazioni diverse dal covid e che vengono scoperti infetti, ma asintomatici, in ospedale. 

Il governo sembra essere ancora incerto su questa misura, ma concorda con i governatori che sia necessario superare il sistema dei colori, che ha perso di efficacia e di senso davanti ai mutamenti della pandemia e al diffondersi dei vaccini. Sull’argomento ha commentato il sottosegretario alla salute Andrea Costa

“C’è una platea del 90 per cento di vaccinati. Di fronte a questo il sistema dei colori generalizzati non ha più senso. L’unico criterio che deve rimanere è quello della zona rossa”

Zona gialla, come sta andando la campagna vaccinale

Proprio la campagna vaccinale sta vivendo uno dei suoi momenti migliori. Le somministrazioni sono ormai stabilmente sopra il mezzo milione di dosi al giorno da oltre un mese, raggiungendo spesso anche picchi di 600.000. 

Il dato è trainato dalle terze dosi o dosi booster. La popolazione ha risposto prontamente all’appello per il secondo richiamo del vaccino, e in poco più di un mese e mezzo dall’inizio della campagna vaccinale per il booster quasi la metà della platea vaccinatile ha già raggiunto l’immunità.

Le sole terze dosi viaggiano ad un ritmo di oltre 400.000 al giorno e compongono la maggioranza assoluta delle somministrazioni giornaliere. 

Il governo ha fatto molto anche per spingere gli ultimi indecisi a vaccinarsi. Prima il Green Pass al lavoro, poi il Super Green pass, ma l’unica misura che sembra aver sortito qualche effetto è l’obbligo vaccinale per gli ultra cinquantenni.

Da quando questa norma è in vigore, si è verificato un aumento delle prime dosi che si sono stabilizzate sopra le 50.000 al giorno. Di questo passo mancano pochi giorni al raggiungimento del 90% della popolazione vaccinata. 

Zona gialla, il 60% delle reazioni avverse al vaccino sono “nacebo”

Riguardo al vaccino, molti sono ancora spaventati dalle reazioni avverse che l’immunizzazione può causare. Le conseguenze serie sono rarissime e la malattia è comunque molto più pericolosa, ma un nuovo studio dell’università di Harvard pare aver scoperto che il 60% delle reazioni minori al vaccino sono dovute all’effetto nacebo. 

Si tratta di una reazione simile all’effetto placebo. La mente umana è infatti in grado di modificare le reazioni del corpo, e se sa che sta assumendo una cura può mostrare segni di miglioramento anche se la cura non ha alcun effetto.

Per questa ragione nei test metà dei pazienti riceve soltanto una soluzione salina, per controllare che gli effetti della cura non siano dovuti al condizionamento mentale. Ma questo effetto può accadere anche al contrario: se la mente sa che sta per assumere qualcosa di nocivo, può presentare reazioni avverse, questo è l’effetto nacebo. 

Lo studio ha analizzato oltre 40.000 pazienti e ha riscontrato che il 30% di coloro che avevano assunto una soluzione salina al posto del vaccino, presentavano comunque sintomi locali come il dolore al braccio, mal di testa e stanchezza, anche se non avevano assunto nulla. Questo ha portato a concludere che oltre la metà delle reazioni avverse lievi sia mero condizionamento mentale. 

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