Lavoro nero, denunciarlo conviene: ecco dove farlo e come

Come e dove denunciare il lavoro nero in modo anonimo, cosa succede dopo una segnalazione, conseguenze per il datore e per il lavoratore.

Sembra sempre più difficile trovare lavoro e quando si riesce a trovarlo non è detto che tutto sia perfettamente in regola. La piaga del lavoro nero, infatti, non accenna a chiudersi, anzi si sta sempre più diffondendo in tutti i settori, spesso affiancandosi al cosiddetto lavoro grigio: quello in cui il lavoratore è solo parzialmente regolare, per esempio facendo un numero di ore più elevate di quelle che risultano.

A volte vittima, a volte complice più o meno consapevole è lo stesso lavoratore, che è chiamato dallo Stato a collaborare e a tutelarsi presentando denuncia in tutti i casi di irregolarità. Le denunce però sono ancora molto poche: spesso perché non si sa bene a chi rivolgersi, o perché si attende troppo a lungo, ma nella maggior parte dei casi per il timore di subire delle ritorsioni, se non di perdere il tanto desiderato posto. Consapevole di questo il legislatore ha adottato una serie di cautele semplificando questo tipo di segnalazione e offrendo a chi voglia farle anche l’anonimato, con la garanzia così di non correre rischi. 

Come fare una denuncia

La denuncia per chi abbia un lavoro in nero può essere fatta in modo molto semplice rivolgendosi alla Guardia di Finanza oppure all’Ispettorato del Lavoro competente per territorio. Va precisato che le denunce anonime non vengono mai prese in considerazione quindi è inutile farle. Tenendo però conto che in questa situazione il lavoratore è la parte debole, viene garantito l’anonimato, cioè non verrà svelato al datore se ci sia stata una segnalazione, oppure se le verifiche siano state fatte di propria iniziativa. 

Chi si rivolge all’ispettorato lo può fare o con la PEC o inviando una raccomandata, utilizzando per essere sicuri di avere fornito tutti i dati necessari e utili anche il modulo che si trova sui siti di tutte le sezioni locali. Già in questa fase è importante allegare alla segnalazione anche le prove di cui si dispone: per esempio orari di lavoro, ricevute di pagamenti, o anche segnalare chi siano gli eventuali testimoni che possano confermare quanto sosteniamo.

Altro modo per affrontare il problema è quello di rivolgersi alla Guardia di Finanza, competente ad occuparsi della questione da un altro punto di vista: quello fiscale, visto che possiamo presumere che ad essere sommerso non sia solo il lavoro, ma anche i proventi che ne derivano. In questo caso è possibile scaricare un modulo online, che deve essere solo compilato con i dati propri, dell’azienda e le prove di cui si dispone.

Ultima possibilità è quella di farsi assistere da un sindacato ed iniziare una vertenza. In quel caso si partirà da un tentativo di conciliazione che per forza di cose non potrà mai prevedere l‘anonimato, per poi proseguire in sede giudiziaria.

Termini per denunciare il lavoro in nero 

Un lavoratore ha la possibilità di denunciare il lavoro in nero sia nel periodo in cui stia effettivamente lavorando sia in seguito. In questa ultimo caso, però lo deve fare per legge entro cinque anni dal momento in cui è cessato il comportamento antigiuridico. Più precisamente entro in quinquennio da quando il rapporto di lavoro irregolare si sia concluso.

Dovremo quindi avere come riferimento il momento in cui abbiamo dato le dimissioni, siamo stati licenziati, oppure il nostro contratto sia diventato per iniziativa del datore regolare. Trascorso questo termine, non potremo più fare nulla.

Cosa succede in caso di denuncia per lavoro nero

Succede che ispettorato o Guardia di Finanza nel caso ritengano che la denuncia presentata sia credibile dispongono un’ispezione presso l’azienda. Nel corso della stessa saranno sentiti gli altri lavoratori chiedendo documenti e informazioni sugli orari e i giorni di riposo. Saranno poi fatte delle verifiche sui registri in possesso dell’azienda e dei controlli incrociati con i dati in possesso dell’INPS, dell’INAIL e dei Centri per l’Impiego.

A seconda dell’esito delle verifiche potranno essere comminate delle multe anche molto salate con conseguenze ancora più gravi nel caso di infortunio, al datore di lavoro e sarà imposto l’obbligo di regolarizzare tutti quelli che non siano a norma con la legge. Nel caso invece tutto fosse a norma non succederà nulla. Chi ha fatto la denuncia continuerà a rimanere nell’anonimato, salvo il caso che si tratti di una segnalazione chiaramente pretestuosa, per creare problemi, nel qual caso non è escluso che sia segnalato alla procura.

Quali sono i rischi di chi ha lavoratori in nero

Un deciso giro di vite al lavoro nero è stato fatto sul finire dello scorso anno con le nuove norme introdotte dal Governo di Mario Draghi che nel comunicato stampa numero 41 del 2021 del Consiglio dei Ministri spiega:

“La presenza del 10% di lavoratori in nero comporta la sospensione dell’attività, senza che sia richiesta la recidiva, esclusa inoltre la possibilità di contrattare con la pubblica amministrazione per tutto il periodo.”

Interrompere l’attività però è solo una delle conseguenze, perché a questa si associano anche sanzioni amministrative, che a secondo del perdurare della situazione del numero dei collaboratori nascosti può arrivare a diverse migliaia di euro. 

Ma a cascata ci sono tutte le conseguenze legate al mancato versamento dei contributi agli enti previdenziali, alla possibile evasione fiscale, e alla necessità di fare fronte alle richieste di risarcimento che potranno essere avanzate dai lavoratori che avranno diritto sia ad avere un contratto regolare sia ad ottenere tutto quanto è stato loro negato fino a quel momento.

Rischi per chi lavora in nero

Evitare di denunciare il lavoro nero per paura è qualcosa che viene tutelato. Non è lo stesso nell’ipotesi in cui la situazione faccia comodo allo stesso lavoratore, che finge di essere disoccupato per accedere a bonus o a sussidi.  L’articolo numero 7 della legge sul reddito di cittadinanza dice:

“L’omessa comunicazione di variazioni di reddito o di patrimonio anche se provenienti da attività irregolare, ai fini delle riduzione o della revoca del beneficio, è punita con la reclusione da uno a tre anni.”

Una particolare severità è prevista a favore di questo tipo di sostegno, ma chi lavori in modo irregolare e in quel modo approfitti di Naspi, bonus per chi abbia un ISEE basso, o per qualsiasi tipo di sussidio dovrà quantomeno restituire tutto quanto ricevuto comprensivo degli interessi. Il rischio poi a seconda del tipo di macchinazioni messe in moto per nascondere l’attività svolta è quello di essere incriminato per truffa ai danni dello Stato o per falso in atto pubblico. Sanzioni gravi sono applicate anche ai datori che abbiano lavoratoi in queste condizioni.

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