La firma sulla busta paga non è mai rinuncia a contestarla

Quando il datore di lavoro ci consegna la busta paga, sia che lo faccia in modo materiale o digitale ci chiede sempre di dichiarare di averla ricevuta. La firma che apponiamo in quel momento, però non ci impedisce di contestarne il contenuto, o addirittura di dovere rimanere zitti e buoni nel caso alla busta paga non segua anche lo stipendio.

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Sappiamo tutti che cos’è la busta paga: si tratta di quel documento che ci viene consegnato, o che più spesso troviamo sulla nostra pagina personale del portale dell’azienda. Dentro ci troviamo nel dettaglio tutte le voci che formano il nostro stipendio. È un obbligo per il datore di lavoro consegnarlo ogni mese ai propri dipendenti. Per il dipendente è un diritto riceverlo, ma è anche un dovere verificarne il contenuto e avvertire per tempo l’azienda nel caso ci siano degli errori. Succede spesso, infatti che ci siano delle sviste nella compilazione, in genere subito corrette, oppure portate a conguaglio con lo stipendio del mese successivo

In genere per evitare di dovere tornare dopo parecchio tempo sul contenuto di buste paga vecchie di parecchi mesi viene chiesto al lavoratore di dichiarare di avere letto il contenuto della busta paga e di confermare che tutto sia regolare, a volte anche di rinunciare con quella firma a future contestazioni. In altri casi alla firma apposta al momento della ricezione della busta paga viene attribuito anche il potere di dichiarare di avere ricevuto lo stipendio. Tenendo conto del fatto che spesso il lavoratore firma se non costretto, comunque sentendosi in obbligo di farlo per evitare ritorsioni, la giurisprudenza ha sempre escluso che a questa firma potesse essere dato un valore di accettazione senza riserve.

Che cos’è la busta paga

Si tratta di un preciso obbligo che va assolto dal datore di lavoro. Secondo la legge con l’articolo 1 della legge 4 del 1953, che è arrivato fino al nuovo millennio senza grosse modifiche,

vi è l’obbligo di consegnare al momento della corresponsione della retribuzione ai lavoratori dipendenti, con esclusione dei dirigenti, un prospetto di paga in cui devono essere indicati il nome, il cognome e la qualifica professionale del lavoratore, il periodo cui la retribuzione si riferisce e tutti gli elementi che contribuiscono a formare la retribuzione e le trattenute.

Il nome busta prende il nome dall’abitudine, in passato, di inserire dentro una busta oltre al prospetto anche la somma in contanti, o l’assegno spettante al lavoratore. Oggi il pagamento in contanti, non solo è vietato ma è anche sanzionato, ma è possibile usare un assegno. Permane invece l’obbligo di compilare e consegnare la distinta. Non esiste un modello predefinito, per legge, ma vi à l’obbligo di indicare tuti i dati che spieghino esattamente in che modo si sia arrivati alla somma finale.

In che modo può essere consegnata la busta paga

Il metodo classico è quello di consegnare una copia cartacea al lavoratore, e fargli firmare una seconda copia che verrà conservata dal datore di lavoro sia come prova dell’avvenuta consegna sia per essere mostrata nel caso ci siano controlli fiscali o imposti dalle leggi sul lavoro. Oggi è possibile approfittare della tecnologia e consegnarla, o con una email, o utilizzando un apposito portale.

La email deve essere intestata al destinatario della busta paga, può essere usata una email ordinaria, visto che non esiste uno specifico obbligo di legge di utilizzare la posta certificata, che sarebbe comunque consigliabile perché garantisce meglio la riservatezza dei dati comunicati. Il datore di lavoro in genere chiederà una conferma di ricevimento che servirà per provare l’avvenuta consegna. Al lavoratore dovrebbe essere garantita l’effettiva lettura della busta paga e anche l’effettiva possibilità di stamparne una copia cartacea. Per chi non abbia i dispositivi per accedere alla lettura delle email o una stampante, dovrà essere valutata la possibilità di consegnare direttamente una copia cartacea o di lasciare accedere il lavoratore a un computer o a una stampante aziendale. La diffusione capillare degli smartphone, dovrebbe risolvere almeno il problema della lettura della busta paga.

La seconda alternativa è quella di caricare la busta paga su un apposito portale, dove ogni lavoratore può accedere solo alla sua pagina tramite uno username e una password. Il datore di lavoro si renderà responsabile di garantire la protezione di dati. Anche questi portali in genere prevedono un meccanismo di avvenuta lettura della busta paga.

La firma sulla busta paga deve essere leggibile?

Per firma si intende comunemente l’apposizione del proprio nome e cognome, in questo ordine, in calce a un documento. In realtà molto spesso viene apposta solo una sigla, dalla quale non è possibile risalire al nome di chi l’ha apposta. La legge in effetti non chiede che la firma sia leggibile, salvo casi indicati espressamente. Anche in quelli però difficilmente l’atto sarà dichiarato nullo. Eventualmente ci sarà una sanzione a carico di chi doveva vigilare sulla corretta apposizione della firma.

Quello che deve essere presente, invece è un collegamento diretto tra quella sigla o quello scarabocchio e la persona che ha apposto la firma. In definitiva se si decide di usare una sigla, dovrà sempre essere la stessa, in modo che in caso di contestazioni si possa, tramite testimoni, o tramite il confronto con altri documenti firmati in precedenza, provare che sia la firma del lavoratore.

Che cos’è la firma per ricevuta della busta paga

Al momento della consegna della busta paga spesso il datore di lavoro ci chiede di firmare un modulo e di apporvi la data. In alternativa al momento dell’accesso al portale dove sono visibili tutti i nostri documenti ci viene chiesto di spuntare la casella per avvenuta visione o per apertura del file contenete la busta paga. Firma, o spunta che sia, ha solo il valore di dichiarare che il datore di lavoro ha assolto al suo obbligo di consegnarci il documento. Obbligo che non è assolto solo compilando la busta paga, ma creando le condizioni ideali per permetterci di leggerlo. 

Questa firma non ha e non potrebbe avere alcun valore di prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio, perché spesso quello è successivo, e comunque non avviene più in contanti e quindi non lo possiamo verificare subito. Pensiamo per esempio al caso in cui ci venga consegnato un assegno dove viene indicata la cifra esatta, ma che al momento dell’incasso risulta scoperto. Allo stesso modo,

firmare, non significa che noi rinunciamo al nostro diritto di opporci al contenuto della busta paga, perché non abbiamo avuto il tempo materiale per leggerla con attenzione, o se necessario di chiedere una consulenza, o chiarimenti dal datore di lavoro.

Come la Cassazione considera la firma sulla busta paga

Con la sentenza 254 del 2006 la Cassazione ha stabilito che

soltanto la sottoscrizione apposta dal dipendente sui documenti fiscali relativi alla sua posizione di lavoratore subordinato costituisce quietanza degli importi ivi indicati come corrispettivo da parte del datore di lavoro, ed ha il significato di accettazione del contenuto della dichiarazione fiscale e di conferma dei dati ivi riportati.

I documenti a cui si fa rifrimento sono il CUD rilasciato per presentare la dichiaraizone dei redditi. 

Con la sentenza 21699 del 2016 la suprema corte da ribadito il concetto stabilendo che la firma prova solo l’avvenuta consegna della busta paga e non del pagamento dello stipendio. L’avvenuto pagamento sarà dimostrabile in altri modi, resi molto più semplici e efficaci con l’obbligo di versare lo stipendio solo con strumenti tracciabili.

Firma della busta paga per accettazione

In calce al documento che viene fatto firmare ci possono essere delle voci diverse, che in ogni caso mai possono essere usate come prove dell’aver ricevuto lo stipendio. In fondo alla busta paga si può trovare la dicitura per presa visione, o per accettazione. Il significato di questi termini è solo che il documento è stato consegnato al lavoratore.

In alternativa si può trovare la scritta “per quietanza”. Oppure un testo più lungo dove il lavoratore dichiari di accettare come corretti e veritieri tutti i dati contenuti nella busta paga, oltre a confermare di avere ricevuto la somma indicata nel documento. Evidentemente una dichiarazione del genere richiederebbe di avere il tempo innanzitutto per controllare tutte le voci e verificare che non ci siano stati degli sbagli, in secondo luogo quello di controllare che i soldi siano stati effettivamente versati.

In realtà la firma mentre fa prova piena anche davanti al giudica dell’avvenuta condegna della busta paga, costituisce solo presunzione dell’avvenuto pagamento. Se non ci sono contestazioni da parte del lavoratore si considera tutto regolare. Se però ci sono delle contestazioni, magari confermate da un testimone che afferma di aver visto il lavoratore firmare solo per aver ricevuto la busta paga, il datore di lavoro dovrà dimostrare in altro modo di avere effettivamente provveduto ai pagamenti. Visto l’obbligo di versare lo stipendio con uno strumento tracciabile, una prova di questo tipo è piuttosto semplice.

La Cassazione con la sentenza 157 del 1986 a questo proposito dice che in caso di busta paga firmata si deve ritenere sussistente una presunzione di corrispondenza tra la retribuzione percepita e quanto indicato in busta paga anche se tale presunzione può sempre essere contestata dal dipendente.

La legge 205 del 2017 ha definitivamente stabilito che

la firma pur apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

Ci si può rifiutare di firmare la busta paga?

In teoria non esiste alcun obbligo di firmare la busta paga. In realtà però, non c’è una valida ragione per rifiutarsi da farlo, visto che come abbiamo visto non si tratta di dichiarare che il documento sia regolare o che si sia ricevuto lo stipendio, ma solo di certificare che il documento ci è stato consegnato.

Nel caso questo comportamento provochi dei danni al datore di lavoro, è possibile che siano applicate delle sanzioni disciplinari al lavoratore, che insista a tenere un atteggiamento poco collaborativo opponendo un rifiuto ingiustificato di firmare. Possibile infine che al lavoratore possa arrivare una richiesta di risarcimento di danni, nel caso ce ne siano, e possa essere dimostrato che discendano dal rifiuto del lavoratore di attestare che il datore di lavoro ha assolto al suo obbligo di legge di consegnargli la busta paga.