Non è un segreto che, durante la terribile pandemia di Covid-19, il settore culturale sia stato uno dei più colpiti a livello globale.
In Italia, il settore culturale ha subito perdite del 10% totali solo nel 2021, esacerbando una situazione già iniziata l'anno scorso. Se nel 2020 il 33% delle aziende culturali ha chiuso il bilancio con grande bisogno di credito, nel 2021 tale percentuale è salita al 40% delle aziende.
Secondo un articolo di Martina Pirelli uscito sul Sole 24 Ore l'11 novembre, il giro d'affari pre-covid nel mondo della cultura totalizzava 1,5 miliardi di euro l'anno. Ad un tale numero, secondo le stime, si ritornerà solo nel 2023.
Altri, tuttavia, sono molto più ottimisti. Ora che stiamo lentamente lasciando la pandemia alle spalle (si spera), il momento è maturo per investire nuovamente nella cultura e far crescere i propri ricavi.
Si perché la pandemia ha, come tristemente sappiamo, avviato un processo di selezione che ha velocizzato l'uscita di scena di moltissime aziende, lasciandone di meno ad operare sul mercato.
Per quanto si tratti di un dato molto triste, potrebbe comunque favorire il settore culturale negli anni a venire, poiché il volume di affari è più concentrato sulle aziende esistenti e, quindi, maggiore.
L'avvocato Giuseppe Calabi, intervistato dal Sole, la mette su questi termini:
L'Italia vanta enormi capacità artistiche ed imprenditoriali per cui abbiamo delle opportunità di crescita che vanno sostenute con riforme che mirino ad una maggiore semplificazione e digitalizzazione del settore.
Riforme, come vedremo, che sono seriamente considerate dalla cabina di regia governativa e che verranno implementate nei prossimi mesi e all'inizio dell'anno prossimo.
Al di là di tutto questo, inoltre, è impossibile negare l'enorme crescita che il settore culturale vedrà nel futuro immediato. Ora che tutto sta riaprendo e che tutti hanno voglia di ricominciare a vivere, non sarebbe folle pensare che i ricavi del settore culturale potrebbero addirittura essere maggiori del periodo pre-pandemia.
In effetti, l'Osservatorio Nomisma stima un valore aggiunto di 1.46 miliardi di euro per il settore culturale. Per ogni euro che gira nel settore, gli investitori ne ricavano 2.6.
Con l'uscita del Regno Unito dall'UE, inoltre, il ruolo dell'Italia nel settore delle aste è aumentato vertiginosamente, dal 2% nel 2019 al 6% nel 2020.
Nel giorno in cui Google celebra il pittore Johannes Vermeer per il suo 389° anno di nascita, vediamo quali sono i motivi per cui investire nella cultura adesso è la mossa giusta per i "lupi" da borsa.
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Una crescita reale
Parola ai numeri: in Italia il settore culturale vanta un'occupazione ed una generazione di profitti incredibile.
Secondo Alessandra di Castro, presidentessa dell'Associazione Antiquari, in Italia il mercato dell'arte contribuisce allo sviluppo con 4 miliardi complessivamente, ed altrettanto decisivi sono la promozione e lo sviluppo dell'eredità culturale di cui, come sappiamo l'Italia è strapiena.
Gli addetti specializzati del settore, dai musei alle case d'asta ai restauratori, sono oltre 36mila, con un reddito da lavoro generato pari a 430 milioni di euro.
Molti di questi soggetti, ovviamente, hanno perso il loro lavoro durante la pandemia, e sono pronti a tornare in sella per offrire le loro prestazioni. In Italia, d'altronde, abbiamo alcuni dei migliori addetti d'arte d'Europa, grazie alla tradizione millenaria del nostro paese sulla cura e preservazione del patrimonio artistico.
Il settore, inoltre, non guarda affatto solo al passato come si potrebbe immaginare. Le nuove tecnologie, infatti, permettono la digitalizzazione dei reperti artistici e storici, per permettere un miglior studio, fruizione ed archiviazione di essi.
I ricavi delle vendite grazie alla digitalizzazione, inoltre, sono aumentati con la pandemia e non accennano a diminuire, siccome ora la popolazione si è abituata a questo tipo di fruizione dell'arte. Si stima, d'altronde, che nel 2021 7 aziende su 10 avranno aumentato il loro fatturato grazie alla digitalizzazione dei propri reperti.
Ed è proprio grazie alla digitalizzazione che le aziende che hanno potuto hanno mantenuto stabili le loro transazioni. Secondo l'articolo di Martina Pirelli (da cui tutti questi dati sono presi), in media ogni operatore ha svolto 221 transazioni nel 2020, con poca differenza rispetto alle 224 del 2021.
Per digitalizzare l'intero patrimonio italiano, tuttavia, servono fondi ed investimenti che infatti lo stato vuole incentivare. Come specificheremo meglio più avanti, infatti, il governo Draghi ha intenzione di stanziare milioni per la digitalizzazione del patrimonio culturale.
Se siete interessati allo sviluppo dell'arte digitale, vi linkiamo un video a riguardo di ArteConcas:
Ma prima di entrare nel dettaglio sulla digitalizzazione vediamo quali sono gli incentivi alla cultura previsti dal governo Draghi per il 2022.
Gli investimenti del governo nella cultura
Dario Franceschini, il Ministro della Cultura italiano, ha parlato così all'intervento per l'Osservatorio Nomisma:
C’è un grande spazio di crescita per l’industria dell’arte in tutto il mondo e l’Italia deve avere un ruolo di guida. Lo sforzo che le istituzioni culturali devono compiere è quello di lavorare affinché, oltre alla doverosa tutela del patrimonio che ci hanno lasciato le generazioni precedenti, si creino le condizioni per aumentare gli investimenti e la crescita di questo settore, in particolare ora, nel momento della ripartenza dopo le grandi difficoltà attraversate dal settore a causa dell’emergenza. Per questo è fondamentale ridurre al minimo la burocrazia e scommettere sulle nuove professioni della cultura.
Sostanzialmente, più investimenti governativi e meno burocrazia per facilitare quelli privati sono le linee guida del governo per aumentare il proprio supporto alla cultura.
Nella legge di bilancio approvata lo scorso ottobre, il governo Draghi ha inserito anche svariati sussidi ed incentivi alla cultura, divisi tra interventi diretti dalle casse dello stato ed interventi indiretti, ovvero agevolazioni fiscali per i privati che decidono di investire nel settore (i cosiddetti tax credit).
Tanto per iniziare vi saranno 100 milioni stanziati per la protezione del patrimonio culturale, a richiamare l'articolo 9 della nostra Costituzione per la preservazione e la cura della nostra eredità storica ed artistica. Nel 2022 e nel 2023, gli investimenti saranno aumentati di 70 milioni l'anno.
Per le librerie e le biblioteche saranno stanziati 30 milioni direttamente, nonché uno sconto del 30% per l'acquisto di materiale cartaceo da parte di questi enti. Gli archivi, inoltre, riceveranno una spesa autorizzata di 100 milioni di euro entro il 2025.
Il fondo istituito nel 2016 da Dario Franceschini per il sostegno di cinema, audiovisivo e spettacolo viene aumentato di 110 milioni, portando la spesa minima annuale a 750 milioni di euro. Il Fondo Unico per lo Spettacolo (FUS), inoltre, verrà incrementato di ulteriori 20 milioni.
Dal 2022, inoltre, le orchestre sinfoniche e liriche riceveranno 100 milioni di euro dallo stato ed altri 50 milioni ancora nel 2023.
Per quanto riguarda il tax credit e gli incentivi fiscali, quello del cinema e dello spettacolo si è stabilizzato al 40%, attraendo tantissimi investimenti e produzioni dall'estero. Nel 2022 e nel 2023, inoltre, si stima che 10 milioni di euro verranno spesi in tax credit per librerie e biblioteche.
Rimane confermato, inoltre, il bonus di 500 euro per i diciottenni da spendere in attività ed istituzioni culturali, ad incentivare i giovani nella fruizione di cultura.
Per concludere ed ampliare il discorso, spiegando la ratio governativa dietro questo recovery plan per la cultura, Dario Franceschini ha così concluso il suo intervento al Nomisma:
Le norme introdotte alcuni anni fa avevano l’intento di sbloccare il mercato. In parte sono state applicate e in parte faticano a trovare attuazione, ma abbiamo l’impegno di lavorare perché vengano applicate, come quelle della soglia di valore e del passaporto delle opere d’arte. Ci sono molte cose da fare anche per introdurre nuove norme di semplificazione. Con il Recovery il Paese va in questa direzione. Troppe volte in passato il pubblico ha interpretato come totalizzante il compito della tutela, ma si è dedicato molto poco a conciliarla con la crescita e la creazione di posti di lavoro. È quello che faremo. Inoltre il fatto che non ci sia nessuna fiera di antiquariato nel sud del Paese è un’anomalia, ne parlerò – ha concluso – con i sindaci del Mezzogiorno.
Digitalizzazione e cultura modernizzata
Oltre a tutte queste centinaia di milioni stanziati direttamente ed indirettamente per la cultura, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede 500 milioni di euro stanziati a fondo perduto per la digitalizzazione del patrimonio culturale ed artistico del nostro paese.
Laura Moro, direttrice della Digital Library, ha spiegato che la ratio di questo fondo è fornire nuovi metodi di fruizione per le risorse artistiche italiane.
Si tratta non solo di un'apertura verso nuove utenze, ma anche verso nuovi business, più smart e meno vetusti. Curioso per una misura italiana, eppure è così.
Si partirà dal patrimonio gestito dal Ministero della Cultura (quello più importante), per passare poi alle regioni ed, infine, al terzo settore.
Altra cosa strana per un progetto italiano, si tratta di una misura a lungo termine, che vedrà lo stanziamento dei fondi diviso negli anni a venire. Fondi, per altro, di cui si è già decisa l'entità e la data. Come riportato dal Sole24 ore, infatti, verranno stanziati 11,2 milioni di euro nel 2021, 59,0 milioni di euro nel 2022, 124,3 milioni di euro nel 2023, 146,8 milioni di euro nel 2024, 99,2 milioni di euro nel 2025 e 59,5 milioni di euro nel 2026.
12 progetti distinti dunque, che hanno come obiettivo la completa digitalizzazione del patrimonio artistico-culturale italiano, nonché la sua possibile fruizione attraverso servizi online da parte di tutti i cittadini.
Entro il 2024, infatti, dovrebbe essere creata una piattaforma online per imparare e studiare di questo patrimonio. Non è ancora chiaro se tale piattaforma sarà gratuita o meno, ma si tratta comunque di un enorme passo avanti per la modernizzazione dell'arte nel nostro paese.
Per concludere, chiunque abbia intenzione di investire in un settore dovrebbe pensar bene di farlo in quello culturale, il quale sembra essere il più pronto a grandi guadagni.