Come proteggere i nostri figli dai maltrattamenti all’asilo nido

Come possiamo proteggere i nostri figli dai possibili maltrattamenti all'asilo nido? Quando possiamo far scattare una denuncia?

Come possiamo proteggere i nostri figli dai possibili maltrattamenti all’asilo nido? Quando possiamo far scattare una denuncia? E cosa succedere se qualcuno assiste a qualche episodio di violenza, ma tace nel timore di essere licenziato?

Il silenzio, in questo caso, non è mai giustificato: né dalla morale, né dalla giurisprudenza. Stando ad una recente sentenza del Tribunale di Roma, nel momento in cui si dovesse assistere ad atteggiamenti o metodi di correzione poco ortodossi nei confronti di uno o più bambini e si decida di non parlare, si può essere licenziati. Nel caso in cui un dipendete dovesse assistere a dei maltrattamenti all’asilo nido e non si faccia parte diligente per denunciare il fatto, può perdere il posto di lavoro. Non sarà sufficiente il richiamo disciplinare.

Ma cerchiamo di capire com proteggere i nostri figli e come ci dobbiamo comportare quando scopriamo dei maltrattamenti all’asilo nido.

Maltrattamenti all’asilo: di cosa stiamo parlando

Che cosa si intende per maltrattamenti all’asilo? Generalmente vengono intesi non solo e soltanto le botte, gli strattonamenti forti; ma vi rientrano anche le malversazioni psicologiche, che portano, ad esempio, ad umiliare e sottovalutare il bambino. O, addirittura, a sottoporlo a continue sevizie che si ripetono nel tempo.

Quello di cui stiamo parlando, quindi, sono dei comportamenti di violenza psicologica o fisica, che possono incidere in maniera negativa sullo sviluppo della personalità del bambino. Ma anche sulla valutazione che lo stesso può fare di sé e delle proprie capacità. Purtroppo non è facile riuscire a capire quando ci siano dei maltrattamenti all’asilo: non sempre compaiono dei segni evidenti sul suo corpo, che possano far scattare il giusto campanellino d’allarme nei genitori. Aggiungiamoci una cosa: se si tratta di una piccola contusione, sarà sempre possibile affermare che il bambino sia caduto od abbia sbattuto da qualche parte. Premettiamo, comunque, che un qualsiasi bambino potrà essere sempre un po’ sbadato e sicuramente ci può stare che ogni tanto si faccia male. Dovranno essere poi i genitori a saper cogliere se questi episodi siano troppo frequenti e sia il caso di approfondire ulteriore il problema.

Quello a cui è necessariamente importante stare attenti sono i segnali invisibili: quando compare una paura ingiustificata dei grandi. O l’assoluto disinteresse a relazionarsi e a preferire rimanere da soli. Eventuali disturbi del sonno o la perdita di appetito. Gli scatti improvvisi di aggressività, troppo spesso eccessivi ed ingiustificati.

Come difendere i più piccoli

Nel momento in cui si abbia il sospetto che ci siano delle malversazioni psicologiche nei confronti del bambino o in presenza di lesioni frequenti, è sempre importante rivolgersi ad un consultorio o ai servizi sociali. Il primo obiettivo è quello di identificare la causa del malessere e quindi prendere i dovuti provvedimenti. Sarà coinvolto anche il Pronto Soccorso, per ottenere un parere medico sulle eventuali lesioni che il bambino presenta.

Una volta che si sono ottenute delle prove certe e documentate, si potrà aprire un procedimento giudiziario. Per farlo si dovrà presentare una querela, sempre che il reato non sia perseguibile d’ufficio. I reati perseguibili a querela sono la minaccia, le lesioni personali lievi, la molestia e la violenza sessuale, escludendo i casi per i quali è prevista la procedibilità d’ufficio. Nel momento in cui si presenta una querela, sarà necessario riportare tutti i fatti contestati e che costituiscono un reato. Sulla base di questi il Pubblico Ministero dovrà decidere se ci siano gli estremi per aprire un’indagine. O se più semplicemente archiviare l’intero episodio. La querela dovrà riportare i fatti contestati che costituiscono reato e sulla base dei quali il pubblico ministero deve decidere se ci sono gli estremi per aprire un’indagine o, in caso contrario, se archiviare l’episodio.

Maltrattamenti all’asilo: i rischi che si corrono

Quali sono le conseguenze dei maltrattamenti all’asilo, per gli operatori violenti? Generalmente chi è colpevole di alzare le mani con i bambini o malversarli psicologicamente va incontro ad un doppio procedimento: uno di tipo penale e l’altro di tipo disciplinare.

Il procedimento penale ha lo scopo di accertare che l’educatore si sia realmente macchiato del reato per il quale è accusato. Sui maltrattamenti all’asilo, la legge arriva a punire fino a sei mesi di carcere quanti

chiunque abusando dei poteri correttivi e disciplinari di cui dispone per ragioni educative, di istruzione, cura o vigilanza, cagiona un danno psico-fisico ai soggetti sottoposti alla propria autorità.

Gli atti di violenza fisica o morale lieve non rientrano nell’elenco di quelli punibili, se sono messi in atto per evitare che i più piccoli commettano degli atti oggettivamente pericolosi per sé stessi o per gli altri. O che abbiano lo scopo di reprimere un atteggiamento insolente: una sculacciata, può essere perdonata.

Diventano, invece, veri e propri maltrattamenti all’asilo quelli che potrebbero produrre un vero e proprio danno fisico o psicologico. Questa volta stiamo parlando di bambini malmenati violentemente o presi a schiaffi. O, addirittura, costretti a subire delle vere e proprie umiliazioni o vessazioni, come mangiare in ginocchio per un mese.

In questo caso stiamo parlando di una vera e propria violenza privata, che prevede la reclusione fino a quattro anni. Nella giurisprudenza, nel corso del tempo, si è consolidato l’orientamento che, per comportamenti di questo tipo, si arrivare a contestare il reato più grave di maltrattamenti in famiglia, che può portare alla reclusione da due a sei anni.

Vie è poi anche il procedimento disciplinare. Il codice di condotta dei dipendenti pubblici della pubblica amministrazione prevede la sospensione dal servizio e la sospensione dal servizio e la privazione della retribuzione fino a sei mesi il lavoratore che abbia commesso atti o comportamenti lesivi della dignità altrui o abbia posto in essere molestie di carattere sessuale anche una sola volta o che non riguardino allievi e studenti.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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