Maximulta a Poltronesofà: quando la pubblicità è ingannevole

Una multa da un milione di euro è stata comminata a Poltronesofà da parte dell'Antitrust. L'autorità garante accusa l'azienda di aver diffuso pubblicità ingannevoli e omissive per tutto il 2020. L'accusa è grave e riguarda proprio i contenuti delle offerte proposte, a partire dai prezzi, continuando con gli sconti e finendo ai termini di scadenza delle offerte. Scopriamo quando una pubblicità è ingannevole o aggressiva, secondo il nostro ordinamento.

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Una multa da un milione di euro è stata comminata a Poltronesofà da parte dell'Antitrust. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato accusa l'azienda di divani di aver diffuso pubblicità ingannevoli e omissive per tutto il 2020. L'accusa è grave e riguarda proprio i contenuti delle offerte proposte.

Ed ecco che è scattata la maxi sanzione da un milione di euro. Ma vediamo più nei particolari quali sarebbero gli inganni diffusi da Poltronesofà nei confronti dei proprio clienti.

Quali sono le pubblicità ingannevoli diffuse da Poltronesofà?

Le campagne oggetto del contendere, avrebbero riguardato la durata temporale delle promozioni e l’entità degli sconti assicurati ai consumatori.

Secondo quanto riportato dalla nota ufficiale, è risultata scorretta la pubblicità riguardante i  doppi saldi diffusa a inizio 2020 . Perché nella realtà dei fatti lo sconto non riguardava tutti i prodotti come si poteva facilmente credere dalla pubblicità, ma soltanto alcuni precisi divani del catalogo e soltanto nel rivestimento presente in negozio. 

L'azienda poi ha anche diffuso messaggi sul pagamento rateale di 48 mesi senza interessi, che sarebbe scaduto il 9 febbraio 2020. Successivamente Poltronesofà ha anticipato la scadenza al 19 gennaio, mettendo fretta ai clienti, per poi rimetterla nuovamente al 9 febbraio. 

Questo ha fatto credere ingannevolmente ai consumatori di doversi affrettare a effettuare l'acquisto per non perdere l'opportunità di pagamento rateale senza interessi. E lo si è così privato dolosamente della possibilità di prendere una decisione in più tempo. e soprattutto di prendere una decisione consapevole.

Ingannevole anche la pubblicità: “Supervalutiamo il tuo divano fino a 1.500 Euro”, diffusa a giugno 2020 Lo sconto era già incluso di default in tutti i cartellini di vendita dei divani a prescindere da una eventuale valutazione del divano usato. 

Ma non è finita qui. Ingannevole e omissiva anche la pubblicità riguardante il famosissimo "25% di sconto + un altro 25% su tutta la collezione”, diffusa a settembre 2020. Ingannevole l'entità dello sconto, ingannevole l'applicabilità dello sconto a tutta la collezione e ingannevole la scadenza. 

Affermazioni come "c'è tempo solo fino a...." convince i consumatori che hanno necessità di affrettarsi se vogliono approfittare dello sconto e queste sono pratiche molto scorrette a danno proprio dei consumatori.  

Secondo l'Antitrust, ogni  “pratica commerciale scorretta” e cioè ogni pubblicità, dichiarazione, azione, volta a omettere una informazione necessaria per il consumatore o volto a ingannarlo, è scorretta e si contrappone al fondamentale principio di diligenza professionale che tutte le aziende devono portare avanti. 

Quali sono le pratiche commeciali ingannevoli?

Secondo gli articoli 21-23 del Codice del consumo, le pratiche commerciali sono ingannevoli quando inducono dolosamente in errore il consumatore, e falsano il suo processo decisionale

La parte ingannevole può riguardare il prezzo, il tempo di disponibilità del prodotto sul mercato, il tempo di disponibilità di uno sconto, i rischi connessi al suo impiego eccetera

Sono illecite anche tutte quelle pratiche che spingono il consumatore a non tenere conto delle normali regole di prudenza o vigilanza e che possano mettere in pericolo la sua sicurezza o quella di bambini e adolescenti. 

Ingannevole è anche la pratica di vendere dei prodotti a prezzo scontato perché si è in procinto di cessare l'attività commerciale, quando invece così non è nella realtà. 

Ingannevole è anche la pubblicità comparativa diffusa in maniera selvaggia e con l'unico obbiettivo di ledere  un concorrente.

La pubblicità comparativa è ammessa dal nostro ordinamento, quando serve per promuovere i prorpi beni mettendoli a confronto con quelli di un'altra azienda.  Ma non deve essere ingannevole e soprattutto deve confrontare i prodotti in modo oggettivo e non provocare confusione nei consumatori né discredito e danno all'altra azienda.

Quando le pratiche commerciali sono aggressive?

La pubblicità aggressiva, invece, si concretizza quando l'azienda mette in campo delle vere e proprie molestie, coercizioni, e altre forme di condizionamento della scelta del consumatore attraverso comportamenti vari,  che potrebbero finire anche in vere e proprie minacce fisiche e verbali (articoli 24-26 del Codice del consumo).

Aggressivi sono tutti quei tentativi di vendita che danno l'impressione al consumatore di non potere lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto, o le visite a domiciliio ripetute nonostante la richiesta di non tornare più a quell'indirizzo.

Aggressive sono anche le ripetute telefonate da parte di call center che ora possono concretizzarsi in un vero e proprio realto di stalking. Come spiega perfettamente il sito La legge per tutti, questi call center possono essere anche denunciati.

L'Antitrust ha multato anche alcune aziende di patatine in busta

Tempo fa furono multate anche alcune aziende di patatine in busta che avevano attribuito ai loro prodotti alimentari, informazioni nutrizionali e modalità di produzione che in realtà non avevano. Queste aziende vantavano la loro artigianalità, nonostante fossero spudoratamente industriali.

Dopo varie segnalazioni da parte di privati consumatori ma anche dell'Unione nazionale consumatori, l'Antitrust ha multato le aziende con una multa complessiva di un milione di euro per pubblicità ingannevole e informazioni scorrette. Le aziende in questione erano San Carlo, Amica chips e Ica food.

Attraverso immagini e scritte,  i prodotti si vantavano di avere caratteristiche salutistiche che invece non avevano oppure davano informazioni in merito agli ingredienti i modi di cottura che non corrispondevano affatto alla verità. Anche il ridotto contenuto di grassi vantato non era veritiero

Insomma tutto era volto a portare il consumatore ad acquistare il prodotto tramite informazioni ingannevoli e quindi condizionando dolosamente la sua scelta

Anche il fatto che venissero identificate come patatine prodotte con olio di oliva era ingannevele, perché nel retro della confezione dove c'era l'effettivo quantitativo di olio di oliva, si comprendeva come la percentuali fosse minima rispetto ad altri oli utilizzati.  

Multa per informazioni nutrizionali non corrette

180 mila euro di multa anche per Danone due anni fa, che, come racconta greenme faceva credere ai consumatori che il suo yogurt bastasse per soddisfare il fabbisogno di calcio. L’Antitrust ha multato Danone per 180mila euro per pratica commerciale scorretta. 

I consumatori a causa di quelle informazioni scorrette passate durante gli spot in tv, erano convinti che bastasse assumere questo yogurt per vedere aumentato di tanto i livelli di calcio.

L’azienda diceva che uno yogurt di Danaos conteneva 400 mg, ossia il 50% della dose giornaliera raccomandata. Questo era ingannevole non perché il vasetto non contenesse 400 mg di calcio, ma perché la dose di calcio necessaria giornalmente soprattutto nelle donne in età avanzata, può essere di molto superiore agli 800 milligrammi al giorno, arrivando anche ai 1250.

Come se non bastasse la pubblicità aumentava la sua credibilità scientificità attraverso l’endorsement con il Policlinico Gemelli”.  Questo faceva erroneamente credere che lo yogurt avesse ricevuto una approvazione scientifica rispetto alla quantità di calcio, dal Policlinico Gemelli, cosa mai avvenuta.

Si trattava infatti solo di un accordo commerciale volto ad incentivare azioni di educazione e sensibilizzazione sull’importanza del calcio per prevenire l'osteoporosi. La Danone fece ricorso convinta di avere la ragione dalla sua parte, ma perse e fu costretta a pagare.

Autorità intervenuta anche sulle mascherine U-mask

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha fatto partire un provvedimento contro U-Mask. Questo procedimento riguarda le società U-Earth Biotech Ltd. e Pure Air Zone Italy S.r.l L'attività di promozione di queste mascherine, infatti, avverrebbe utilizzato informazioni ingannevoli, come racconta il Corriere.it.

Si dice infatti che tali mascherine siano autosanitizzanti e antiproliferative grazie alla composizione di quattro strati filtrazione. Secondo l’Autorità, questa pubblicità sarebbe ingannevole oltre ad essere aggressiva, visto il momento delicato che stiamo vivendo e la maggiore sensibilità dei consumatori riguardo ad argomenti come la salute. 

I consumatori infatti sono indotti ad acquistare, ad un prezzo molto elevato, € 33,60 delle mascherine che nella realtà non hanno quel potere filtrante e questo non solo è ingannevole, ma produce un danno alla salute dei consumatori. 

U-Mask afferma che ogni singolo filtro può essere utilizzato per  200 ore, ma di questo non c'è alcuna prova scientifica o di laboratorio. Infine  U-Mask non è certificata come dispositivo di protezione individuale ma come dispositivo medico di “classe I”.

Non si scherza con la salute dei consumatori e non si scherza con il loro diritto di scelta consapevole, avendo a disposizione le informazioni giuste, corrette, senza pressioni e senza inganni. Per fortuna c'è chi vigila su tutto questo come l'Antitrust e anche le tante associazioni dei consumatori che tentano di proteggere i loro associati in questa giungla di pubblicità a volte davvero molto scorrette.