Mondiali Qatar 2022, 6.500 lavoratori morti e la FIFA tace!

Un’indagine avviata nel 2013 dal The Guardian ha denunciato la morte sospetta e tenuta nascosta, forse allo scopo di evitare risarcimenti, di 6.500 operai, tutti migranti impegnati nei lavori per la costruzione delle infrastrutture in vista dei Mondiali Qatar 2022. L’indagine prosegue e sempre più scheletri saltano dall’armadio, mentre il Governo del Qatar e la FIFA osservano in silenzio.

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Il 23 febbraio 2021 un articolo apparso sul giornale inglese The Guardian riassumeva i risultati di un’inchiesta iniziata nel 2013 e denunciava come gli interventi infrastrutturali che si stanno realizzando in Qatar nascondano la morte di 6.500 lavoratori, tutti immigrati, provenienti da Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka.

Le morti si sono verificate nell’arco di tempo di dieci anni, cioè dal 2010 quando il paese ha ottenuto la possibilità di ospitare i Mondiali di Calcio 2022.

L’indagine è stata portata avanti da Pete Pattison e i dati vengono da fonti e rapporti governativi, in base ai quali in Qatar ci sarebbe la media di 12 lavoratori morti a settimana, impegnati nelle grandi opere edilizie per la realizzazione della Coppa del Mondo di Calcio dell’anno prossimo.

Le informazioni pubblicate dal The Guardian provengono dai Governi dei diversi stati di appartenenza dei lavoratori, secondo i dati 5.297 lavoratori deceduti provenivano da Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Mentre l’ambasciata pakistana in Qatar ha conteggiato le morti di 824 lavoratori, avvenute tra il 2010 e il 2020.

Secondo il giornalista però il vero bilancio delle vittime sarebbe molto più alto poiché alcuni lavoratori provengono da aree che non hanno mai raccolto dati in merito, come il Kenya e le Filippine. A cui si aggiunga che nei numeri forniti non sono conteggiate le morti avvenute nel 2021 e negli ultimi mesi del 2020.

The Guardian scopre le morti segrete dietro i Mondiali Qatar 2022

Dopo essersi aggiudicata la possibilità di ospitare i Mondiali di Calcio nel 2022, come sempre accade, il Qatar ha aperto una serie di cantieri per la realizzazione delle opere edilizie in preparazione della competizione.

Si parla addirittura della costruzione di una nuova città che dovrà ospitare la finale e sette nuovi stadi, oltre alle opere di ristrutturazioni e il potenziamento di strade, trasporti, alberghi, etc.

Nick McGeehan, direttore del FairSquare Projects, che si occupa dei diritti dei lavoratori nel Golfo, a proposito della questione Qatar ha specificato che, benché  le morti non siano classificate nei diversi rapporti sulla base del lavoro svolto, un incremento così cospicuo nei decessi dei lavoratori si può presumibilmente spiegare solo con l'inizio del lavori per la Coppa del Mondo. Del resto l’unica cosa che si conosce riguardo le vittime e il loro stato di migranti è che si erano recati in Qatar per lavorare.

Ancora, un’altra polemica sorge in base alla classificazione di queste morti fatta dallo stesso Qatar, per cui molti decessi sul lavoro non sono stati classificati come tali. Ad esempio, il totale ufficiale dei decessi legati alla costruzione dei soli stadi per i Mondiali è di 37 persone. Ma 34 di queste morti sono state classificate dal Governo come “non legate al lavoro”, quando sia sa con certezza che alcune sono avvenute in cantiere in seguito a crolli improvvisi.

The Guardian conclude sulla base dell’indagine portata avanti che il Qatar è del tutto incapace di offrire delle adeguate condizioni lavorative ai circa due 2 milioni di lavoratori proveniente da altri Stati.

L’imponenza delle opere che si stanno realizzando in Qatar per i Mondiali 2022 può essere osservata nel video YouTube di The World n Us:

  

Chi sono le vittime dei Mondiali Qatar 2022?

Il giornale fa anche leva sul fatto che le persone decedute rappresentavano per molte famiglie l’unica forma di sostentamento e che adesso queste stesse famiglie versano in condizioni pessime senza sapere cosa sia successo ai loro cari.

Non mancano anche storie particolarmente drammatiche come quella di Ghal Singh Rai, lavoratore giunto dal Nepal, che ha pagato secondo il The Guardian ben 1.000 sterline di tasse di assunzione per poter lavorare come addetto alle pulizie, ma dopo solo un mese dall’arrivo si è ucciso. E non è il solo caso!

Le morti poi non riguardano solo il lavoro in senso stretto, ma anche le vergognose condizioni di vita in cui i lavoratori migranti versano in Qatar.

Eclatante il caso di Mohammad Shahid Miah, lavoratore proveniente dal Bangladesh morto fulminato nel suo alloggio, perché c’erano dei cavi elettrici scoperti che in qualche modo sono venuti in contatto con dell’acqua.

Ancora, Madhu Bollapally, 43enne perfettamente in salute morto improvvisamente per quelle che sono state definite “cause naturali”. Al momento della morte era impiegato presso lo stesso datore di lavoro da ormai sei anni, ma la sua famiglia, composta da una moglie e un figlio di 13 anni, come “risarcimento e stipendio non pagato” ha ricevuto la misera cifra di 1.120 sterline circa (114.000 rupie).

I lunghi rapporti che rivelano l’elenco delle vittime riportano poi molto spesso la morte come dovuta a “cause indeterminate”, anche se la causa più comune additata è senza dubbio la “morte naturale”, in seguito ad insufficienza cardiorespiratoria. Circa il 69% dei decessi è stato classificato come “morte naturale”, una percentuale che però risulta incredibilmente alta per incolpare la sola Madre Natura.

The Guardian però ha anche chiarito che la gran parte delle morti viene classificata senza che sia stata fatta un'autopsia, il che influenza sensibilmente i dati a favore delle morti naturali.

Stress da caldo dietro le morti misteriose dei 6.500 lavoratori 

In precedenza, The Guardian aveva già rintracciato quale potesse essere la causa dietro l’aumento del numero di decessi tra i lavoratori in Qatar, cioè l’intenso caldo estivo e il fatto che gli operai siano costretti a lavorare senza interruzione a temperature altissime.

L'ipotesi del giornale è stata confermata dai risultati di una ricerca portata avanti dalle Nazioni Unite, che ha rivelato come per almeno quattro mesi i lavoratori in Qatar siano sottoposti a stress estremi dovuti all’attività lavorativa troppo intensa svolta all’aperto, quando le temperature sono altissime.

Che qualche problema in questo senso dovesse esserci sembra essersene accorto anche lo stesso governo del Qatar, quando una parte degli avvocati, nel 2014 suggeriva di finanziare una studio proprio per indagare sulle morti dei lavoratori e di cambiare la Legge così da poter consentire di effettuare le autopsie. 

Ma nulla di tutto ciò è accaduto, nessuno studio è stato avviato e nessuna normativa modificata, sia il Governo del Qatar che la FIFA tacciono, come se le morti non fossero mai avvenute.

Un portavoce della FIFA ha solo affermato, senza fornire alcuna prova e in modo molto generico, che l’organizzazione lavora per tutelare i suoi lavoratori e che, con l’introduzione di misure di sicurezza sempre più avanzate, ora la percentuale di morti sul lavoro nei cantieri FIFA è più bassa rispetto ad altri.

Il Governo del Qatar si difende dalle accuse, ma la FIFA tace!

Il governo del Qatar non contesta i dati, cioè il numero dichiarato di lavoratori deceduti, ma ritiene che le morti siano proporzionate alla forza lavoro impiegata per le opere infrastrutturali da realizzare per i Mondiali 2022. 

Insomma, a quanto pare morte e lavoro devono per forza andare di pari passo!

Secondo gli esponenti governativi delle morti totali solo il 10% appartiene al settore edilizio e la stessa forza lavoro proveniente da altri paese è impiegata solo al 20% in questo settore.

Ma  The Guardian insieme ad Amnesty International ha apertamente accusato lo Stato del Qatar di poca trasparenza nell’archiviazione e nella classificazione delle morti dei lavoratori. Anzi, dove i dati sono stati resi pubblici essi non combaciano tra le varie agenzie governative dei vari paesi e sono discrepanti.

Addirittura, un paese dell’Asia meridionale avrebbe dichiarato che non può fornire dati sulle morti poiché queste sono state registrate a mano su un taccuino.

Intervista a Pete Pattison del The guardian, che ha smascherato i Mondiali di Calcio Qatar 2022.

Pete Pattison del The Guardian è stato intervistato da NPRG, proprio in merito alla sua inchiesta sulle morti sospette dietro i Mondiali Qatar 2022.

Nel corso dell’intervista a proposito delle cause di morte ha dichiarato che alcuni dei decessi sono ascritti a incidenti sul lavoro, altri a incidenti stradali, alcuni sono suicidi, ma la stragrande maggioranza è classificata come cosiddetta morte naturale, il che significa essenzialmente morti improvvise e inspiegabili. 

Il più delle volte queste sono collegate ad una insufficienza cardiaca o respiratoria, ma la verità è che non è stata mai indagata la vera causa medica dietro i decessi e questo è in gran parte dovuto al fatto che il Qatar effettua autopsie molto raramente.  

Così i certificati di morte di questi lavoratori sembrano quasi un copia e incolla gli uni degli altri, quantunque la reale causa dei decessi per Pete Pattison possa essere solo una: il caldo eccessivo unito all’intensa e prolungata attività lavorativa all’aperto. E si spinge fino a dire che non si possiede ancora il quadro completo della situazione e dietro queste morti deve esserci dell'altro nascosto, legato forse alle condizioni lavorative, ma non si sa cosa sia perché le autorità del Qatar si sono rifiutate di indagare.

Il caldo e l’attività lavorativa disumana dietro le morti dei lavoratori 

Del resto, prosegue Pattison, per i lavoratori migranti che sono coinvolti in lavori di manodopera - che possono essere lavori di costruzione, di giardinaggio, guardie di sicurezza - le condizioni di lavoro sono molto, molto dure in Qatar (e non solo in Qatar aggiungiamo noi).  

Quindi se una causa è il caldo l’altra sono gli orari lavorativi lunghissimi e le scarse condizioni di vita. Questi lavoratori vivono spesso lontano dal luogo di lavoro e devono viaggiare anche due ore per poter andare a lavorare. I loro alloggi sono molto spesso costituiti da stanze in cui vivono anche in 12 con scarse condizioni igieniche per forza di causa maggiore e non per volontà.

Pattison conclude: “questi non sono davvero posti in cui gli esseri umani dovrebbero vivere!”.

Alla fine dell’intervista il giornalista dedica qualche parola alla FIFA e al suo silenzio, facendo notare come essa non abbia mai intrapreso alcuna azione significativa per richiedere cambiamenti o approfondimenti. Stanno semplicemente ignorando tutta la questione!

Con i decessi per cause “naturali” il Qatar evita i risarcimenti 

Che le condizioni dei lavoratori migranti in Qatar siano vergognose lo testimonia una vicenda piuttosto nota nel Regno Unito.

Quando il Qatar ha vinto la gara per la Coppa del Mondo nel 2010, molte società di costruzioni del Regno Unito si sono lanciate nel previsto boom della costruzione di infrastrutture da 200 miliardi di sterline.  

Mentre il Regno Unito si riprendeva dalla crisi finanziaria del 2008, il dipartimento del Trade and Investment inviava gli appaltatori britannici in Qatar a presentare un'offerta per i progetti di costruzione.  

All'epoca, il leader del business sportivo Arup UK-MEA Nic Merridew affermó che il Comitato Olimpico del Qatar era "impressionato" dalla gestione dei giochi olimpici di Londra da parte dell'industria edilizia del Regno Unito.

Uno degli appaltatori di successo, Carillion, fu al centro però di un'indagine della BBC Newsnight del 2014 secondo cui i lavoratori migranti impiegati presso i suoi subappaltatori in Qatar erano costretti a lavorare in condizioni non sicure e a subire trattenute ingiuste dei salari.  

L'appaltatore da allora liquidato ha lanciato un'indagine a seguito del rapporto, i cui risultati affermano che quasi la metà delle morti dei lavoratori nepalesi, nel programma di costruzione della Coppa del Mondo in Qatar 2022, è stata attribuita a attacchi di cuore, ma per evitare pagamenti di risarcimento.

Nel 2019, un rapporto del gruppo internazionale senza scopo di lucro, il Business and Human Rights Resource Centre, ha affermato che la maggior parte delle imprese di costruzione che lavorano ai progetti in Qatar e negli Emirati Arabi "non riescono" a proteggere i diritti dei lavoratori.