Parcella del tuo avvocato: sai quanto può chiederti?

Quale parcella potrà chiederti il tuo avvocato? Come per ogni prestazione d'opera, anche il professionista forense ha diritto alla sua retribuzione

Essere avvocati, talvolta, se non spesso, non è una vita semplice. Chi ha praticato la professione probabilmente sa di cosa parlo. in particolare, ciò che affligge da sempre la categoria, è la difficoltà che molto spesso incontrano i professionisti forensi nell’ottenere il pagamento della parcella.

Infatti, è ormai diventa una sorta di tradizione rincorrere i clienti per ottenere il pagamento di quanto dovuto, soprattutto se il giudizio non ha l’esito sperato. Quindi, prima di illustrare come si determina la parcella di un avvocato, è necessario ricordare al lettore che, come per qualsiasi professionista, è necessario adeguatamente remunerare chi svolge la propria attività in vostro beneficio.

L’onere di pagare la parcella all’avvocato ricade su chi conferisce il mandato, che non necessariamente è il beneficiario della prestazione. Ad esempio, il genitore che conferisce l’incarico al figlio, dovrà provvedere al pagamento delle spese. 

A volte il dovere di assicurare l’adeguata remunerazione al professionista, grava anche sui colleghi. Laddove si proceda alla nomina di un nuovo difensore, quest’ultimo, infatti, dovrà adoperarsi affinché il precedente sia ripagato dei suoi sforzi e del suo tempo. 

Ovviamente, anche in tal caso l’onere grava sempre su chi provvede a conferire all’incarico, mentre il nuovo nominato provvederà all’attività di intermediazione.

Dati i primi principi di riferimento possiamo ora provvedere a individuare i parametri per calcolare il compenso, dunque la parcella del vostro avvocato.

Come pattuisce il compenso in parcella?

La parcella dell’avvocato è, nella sostanza, la pattuizione in base alla quale il cliente provvederà a retribuire il difensore.

L’art. 2233 co3 c.c. introduce specifiche disposizione sulla forma del patto con cui le parti stabiliscono il compenso, richiedendo esplicitamente la forma scritta.  L’art. 9 del D.L. 1 del 2012 convertito dalla L.27 del 2012 dispone, a sua volta, che la controprestazione richiesta dal professionista deve essere convenuta secondo quanto disposto dalle norme in materia. Dunque le parti sono tenute, in ossequio alle disposizioni contemplate dall’ordinamento, provvedere al conferimento dell’incarico mediante atto scritto.  

Il professionista è poi tenuto al rispetto di alcuni principi di trasparenza e pubblicità.

Infatti, il cliente deve essere reso edotto della natura e delle prestazioni che verranno poste in essere in attuazione dell’incarico.  Il professionista dovrà indicare le necessarie attività da compiersi, nonché le relative spese e gli oneri che dovranno essere sopportati in esecuzione del mandato. 

Inoltre, devono essere indicati i dati della polizza  assicurativa  per i danni provocati nell’esercizio dell’attività professionale.

Il professionista è inoltre tenuto a redigere un preventivo da comunicare tempestivamente al cliente, che dovrà appunto tener conto del tenore della prestazione che si presuppone sarà compiuta dall’avvocato stesso. La parcella, così redatta, deve indicare ciascuna voce di costo, le spese sostenute, gli oneri anticipati e i contributi dovuti. 

Come quindi abbiamo poc’anzi sostenuto, la stipulazione del corrispettivo deve essere posta in essere nel rispetto di alcuni principi fondamentali, in modo tale da consentire al cliente di sapere sin da subito a quale onere andrà in conto, e poter valutare adeguatamente la propria scelta difensiva.

Come si determina il compenso?

L’ammontare del compenso dedotto in parcella è espressamente previsto sulla base di un accordo tra le parti. 

L’art. 13 co 3 della L. 247 del 2012 prevede la massima libertà nella determinazione del compenso, ammettendo anche la pattuizione a tempo, in misura forfettaria per uno o più affari. 

Le parti sono quidni chiamate anche a determinare le modalità di erogazione della controprestazione. Queste saranno indicate dalle stesse in considerazione di molteplici fattori, anche e soprattutto delle tempistiche dell’attività difensiva. Dunque, se quest’ultima è posta in essere in tempi dilazionati, nulla vieta che il corrispettivo sia altrettanto reso in forma frazionata.

Esso inoltre puà essere determinato anche in misura percentuale sul valore dell’affare o u quanto si prevede possa giovarsene il destinatario della prestazione, non solo a livello patrimoniale.

In mancanza di pattuizione scritta si applicano i parametri professionali indicati nel decreto del Ministero della Giustizia su proposta del Consiglio Nazionale forense. 

L’art. 4 D.M. n. 55 del 2014 stabilisce che ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, oltre che dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare. 

Si ricorda, inoltre, che anche ai praticanti avvocati deve essere liquidato un compenso. D regola, a questi spetta la metà dei compenso spettanti all’avvocato. 

Divieto di patto di quota lite: di cosa si tratta?

Oggetto del patto con le quali avvocato e cliente stabiliscono il compenso sicuramente non può essere il bene oggetto di controversia. Quindi il legislatore ha disposto espressamente il c.d. divieto di patto di quota lite.

Il patto di quota lite si sostanzia in un accordo tra le parti, con il quale si consente al professionista forense di trattenere, a titolo di compenso per la prestazione intellettuale conclusa, una quarta dei beni o dei diritti in lite. 

In specie, il compenso in questo caso è calcolato come una percentuale di quanto conseguito dal cliente, senza procedere alla valutazione dell’attività professionale svolta, secondo i parametri che abbiamo elencato nel precedente paragrafo.

Dunque, non si terrà conto della complessità dell’opera svolta, ma si provvederà mediante accordo a consentire il trasferimento di parte del bene oggetto della lite, in violazione di quanto disposto dall’art. 2233 c.c., che invece richiede che si tenga conto dell’effettiva opera intrapresa.

Il patto implica che il valore del compenso sia determinato guardando al contenuto patrimoniale dell’oggetto della lite per la quale si procede all’attività difensiva.

Il divieto, un tempo abrogato dall’art. 2233 c.c., è stato recentemente reintrodotto con l’art. 13 co. 4 della L. n. 247 del 2012.

La ratio alla base della disciplina, invero, si desume da altro principio generale del nostro ordinamento, cioè il divieto di cessione dei crediti litigiosi, cioè di quei rapporti che sono oggetto del vaglio dell’autorità giudiziaria 

In tal modo, inoltre, si cerca di tutelare anche l’interesse del cliente oltre che la dignità e il decoro della professione forense. Il patto di quota lite, infatti, introduce una interesse specifico del professionista nella controversia, che potrebbe pregiudicare le esigenze di indipendenza nell’esercizio dell’attività professionale. 

Il patto di quota lite, dunque, è nullo, laddove previsto dalle parti.

Cosa si liquida in parcella oltre al compenso?

La parcella del professionista non prevede esclusivamente il compenso espressamente pattuito a monte dalle parti.

Oltre a quanto convenuto a titolo di corrispettivo per la prestazione erogata dal professionista, il cliente è tenuto anche al rimborso delle spese. Infatti, è prassi comune che l’avvocato anticipi eventuali oneri che gravano sulla parte. Quindi, in primo luogo egli dovrà essere reintegrato in forma specifica per tutte le spese che sono a carico del cliente.

Il limite entro i quali è consentito  il rimborso spese, viene determinato dal decreto che fissa i parametri forensi. Inoltre, lo stesso documento indica anche come devono essere documentate le spese.  

L’art. 2 del D.M. n. 55 del 2014 stabilisce che il compenso dell’avvocato deve essere necessariamente proporzionato all’importanza dell’opera. A ciò poi aggiunge che allo stesso professionista è dovuto in ogni caso, anche se determinato in sede contrattuale, una somma per il rimborso delle spese forfettarie di regola nella misura del 15% del compenso totale della prestazione.

Convenzione sui compensi

La parcella dell’avvocato potrebbe essere determinata anche sulla base di convenzioni stipulate da associazioni di categoria con enti specifici.

Il compenso nei rapporti professionali possono in via convenzionale. Infatti, è piuttosto comune che le associazioni di categoria concludano accordi con professionisti o anche con associazioni o società di avvocati. In tal caso, possono essere disposti in via pattizia i corrispettivi o meglio i parametri, in base ai quali detemrinare la controprestazione che deve essere resa all’avvocato.

In genere queste convenzioni sono stipulate in considerazione di attività poste in essere in beneficio  di imprese bancarie e assicurative, con riferimento ai casi in cui le convenzioni siano unilateralmente predisposte dalle predette imprese.

Anche in questo contesto, tuttavia, devono essere rispettati alcuni principi fondamentali. Il compenso deve essere proprozionato all’attvità effettivamente svolta.

Inoltre si considerano vessatorie le clausole contenute nelle convenzione citate che determinano, anche in ragione della non equità del compenso convenuto dalle parti, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.

Alcune di tali clausole sono indicate come vessatorie anche se siano state oggetto di specifica trattazione e approvazione per iscritto, in deroga alla disciplina generale delle clausole vessatorie.

Ovviamente, le clausole considerate vessatorie sono nulle.

Come si ottiene il pagamento della parcella?

Come affermato all’inizio della presente trattazione, non sempre l’avvocato viene spontaneamente retribuito. Purtroppo questo è un fenomeno più diffuso di quanto ci si possa aspettare, tant’è che ha richiesto un intervento del legislatore per facilitare il recupero da parte degli avvocati delle somme che gli sono dovute, in forza del contratto d’opera stipulato con il cliente.

Infatti, ad oggi, sono due i metodi a cui si può ricorrere.

In particolare, il legislatore ha previsto un rito specifico per ottenere il pagamento di quanto dovuto. Oggi, tale disciplina è regolata dal D.Lgs. n. 150 del 2011, che dispone il procedimento speciale disciplinato al fine di ottenere il recupero, mediante il riscorso ad un rito sommario di cognizione.

L’ufficio giudiziario di merito compentente per la controverisa è il medesimo adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Le parti potranno stare in giudizio personalmente, innanzi al giudice in composizione collegiale.

Oltre al rito in questione, l’avvocato, per ottenere, il pagamento della parcella, potrà adottare il normale ricorso per ingiunzione previsto espressamente dal n. 2 dell’art. 633 c.p.c..

Per apporfondire l’argomento ti invitiamo a guardare il video dell’Avv. Angelo Greco:

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