In questi mesi, se non anni complessi, sarà capitato a molti di voi di essere costretti a stare a casa in quarantena: forse siete stati positivi asintomatici, forse avete avuto un famigliare affetto da COVID 19 o una qualunque delle sue varianti.
Magari avete avuto solo un contatto con una persona che poi si è rivelata infetta, o siete rientrati nel vostro Paese dovo aver soggiornato a vario titolo in una delle zone ritenute ad alto rischio (caso in cui si parla, nello specifico, di quarantena fiduciaria): il risultato, in quasi tutti i casi, si è tradotto in una permanenza domestica coatta.
Questo può avervi impedito ogni normale attività sociale.
Siete rimasti rinchiusi entro le mura di casa vostra ad attendere il decorso prescritto nelle sue diverse formule: anche l'accesso al posto di lavoro, come è scontato, vi è stato precluso.
Spesso la quarantena è stata una misura imposta dall'azienda o dall'ente presso cui prestate servizio.
A volte è bastata la presenza di un positivo nell'entourage lavorativo per far scattare un provvedimeto che imponeva, se non il tampone, lo spostamento delle attività in smart working, qualora questa modalità fosse compatibile con la mansioni svolte, ma si tratta di un altro caso ancora.
Di fatto, quasi mai il fatto di chiudervi dentro casa è stata una vostra scelta, ma un atto dovuto per la tutela della salute pubblica, combarabile all'uso corretto della mascherina, il distanziamento sociale, la dinsinfezione delle mani.
Nel 2021 questa permanenza, obbligatoria, nella propria dimora, è stata in qualche modo tutelata dall'INPS: la novità del 2022 è che
Il governo ha cessato di finanziare la misura a partire dal 1 gennaio 2021.
- come si legge nel Decreto del 21 ottobre 2021 pubblicato sul sito ufficiale inps.it
Da questo, è facile dedurre che la quarantena in sè non è più considerata paragonabile ad uno stato di malattia vero e proprio, come da prassi, attestato da il proprio medico di base.
Nonostante la proproga dello stato di mergenza sia fissata con scadenza al 31 marzo, dunque, le risorse erogabile dall'Ente Previdenziale sono esaurite.
A questo punto, sarebbe corretto specificare un dato importante:
La quarantena sarà un'ipotesi più remota per chi risulta vaccinato con la terza dose o dichiaratamente guarito.
Così come specificato sul sito del Ministero della Salute salute.gov.it
In questi casi, i soggetti sono tenuti ad indossare la mascherina Ffp2 per un periodo di 10 giorni e, nel caso presentino qualche sintomo, sottoporsi a un tampone in concomitanza con il quinto giorno dall'avvenuta contiguità con un malato.
La quarantena, a ridosso della terza dose, non sarà prescritta.
A distanza di 120 giorni dall'ultimo booster, il periodo di isolamento si riduce da una settimana ai soli cinque giorni, salvo poi essere obbligati a dar prova di negatività a seguito di un test antigenico rapido o molecolare.
Coloro che, a vario titolo, hanno rifiutato di ricevere booster e non sono in grado di dimostrare la guarigione dal Covid, restano chiamati all'obbligo di isolamento per la durata di dieci giorni.
Cos'è cambiato dal 1 gennaio 2022
Non si sono fatti attendere alcuni rappresentanti del Movimento 5 Stelle, che hanno chiesto a gran voce al governo di ripristinare i contributi previdenziali per supportare i soggetti sottoposti ad isolamento, quindi impossibilitati a recarsi sul luogo di lavoro e svolgere con normalità le proprie mansioni, proponendo quindi:
L'estensione della tutela collegata al permanere del Coronavirus, con conseguente riconoscimento dell'isolamento come equivalente di una condizione patologica, fino al termine prescritto di marzo 2021.
Come leggiamo su corriere.it
Il 2022 insomma si è aperto con questa infausta notizia che ha investito la quasi totalità dei lavoratori, sia subordinati che in partita IVA. Ci ha messo lo zampino anche Omicron, che ha avuto il potere di positivizzare anche coloro che si ritenevano ormai immunizzati ed esenti da tale problematiche.
Nonostante ciò e volendo restare ottimisti (oltre che resilienti, termine in gran voga nell'epoca attuale) c'è da sperare che l'aumento della diffusione del virus con conseguente incremento di soggetti sottoposti a quarantena, possa far riflettere il Governo.
Sarebbe più che auspicabile una concertazione sull'oppurtunità di stanziare nuovi fondi per sostenere chi si ritrova, suo malgrado, nell'impossibilità di lavorare.
La tutela verso i dipendenti pubblici, considerabili, in tal senso, una categoria privilegiata rispetto ad altre, poichè potevano godere di una quarantena comparata alla degenza in ospedale per tutto il 2021, non era ancora stata messa in discussione fino al nuovo anno.
Mentre per le altre categorie si è dovuti intervenire con il decreto fiscale emesso dalla legge di bilancio per il 2022.
Il finanziamento ha sostenuto anche situazioni di contagio risalenti al 2020 e che restati scoperti a causa del superamento della soglia dei 663 milioni stanziati a tal proposito.
Era stato inoltre eseguito un sostegno forfettario in virtù del Decreto Fiscale, anche nei confronti dei datori di lavoro, ammontante a circa 600 euro per dipendende, dopo l'inoltro della domanda, rimborso che avrebbe consentito di coprire almeno in parte gli oneri, qualora essi fossero a carico delle aziende e non dell'INPS.
Senza tutela anche i fragili
Cosa si intende per "lavoratori fragili"?
La definizione è riferita a quella tipologia di lavoratori affetti da patologie pregresse e la cui anamnesi clinica risulta quindi compromessa da fattori estranei al virus.
secondo insic.it
Questo tipo di pazienti costituiscono la frangia di soggetti ritenuti maggiormente a rischio di sviluppare complicazioni di varia natura in sede di contagio, come asserito nell' art. 26 del Decreto “Cura Italia”
Per questa categoria svantaggiata non è più stata confermata la tutela a partire dal 23 marzo 2021, salvo poi essere riportata in auge dal Decreto Sostegni, con uno stanziamento di 282 milioni, destinati alla quarantena precauzionale.
Il chiarmento dell'INPS, espresso in data 18 novembre 2021, sosteneva che la spettanza della tutela previdenziale era assegnabile agli aventi diritto, i relazione a tutti i casi risalenti al 2021, con priorità stimate secondo la cronologia di presentazione.
Al momento, anche questa categoria appare come sprovvista di ogni tutela specifica.
La quarantena non è una malattia
Le asprità generate da questi meccanismi si faranno palesi al momento di compilare il LUL.
Stando alle previsioni del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, per catalogare le assenze si dovrà tirare in ballo situazioni che con la sanità c'entrano poco o niente, come permessi e ferie.
Lo smart-working rappresenta pur sempre una panacea, a patto che il lavoratore goda di una salute accettabile e non ricorra al medico di base per la certificazione di alcunchè. Questo non è sempre realistico.
La situazione fortunatamente resta invariata in termini tutelari per chi è in grado di dimostrare di essere realmente affetto da una delle varianti scaturite dal Coronavirus: in tal caso la persona è considerata inabile al lavoro e ha diritto alla prestazione dell'INPS.
La quarantena va giustificata in azienda
Ad aggravare questa panoramica assai poco incoraggiante, ricordiamo che, per ragioni di privacy, il medico curante non è affatto tenuto a specificare le ragioni sanitarie per cui il malato o presunto tale sia nelle condizioni di assentarsi dall'attività lavorativa.
L'INPS, solo dopo un certo lasso di tempo, sarà messo al corrente delle esatte contingenze per le quali il dipendente abbia potuto giustificare la propria mancata prestazione, siano esse riconducibili a ragioni patologiche o preventive, come ad esempio la quarantena.
Pertanto, si prospetta all'orizzonte pure la malaugurata ipotesi che, senza una nuovo provvedimento governativo di sostegno, l'Istituto si riservi il diritto di reclamare indietro quanto erogato precedentemente, andando a creare un contraccolpo economico generale di portata epocale.
Da questo punto di vista le dissertazioni si riducono a zero: non ci sono attualmente le basi per imbastire un discorso edificante in merito alle giustificazioni dovute al datore di lavoro.
C'è solo da augurarsi di poter spendere i giorni riservati a ferie e permessi: affermazione iniqua quanto veritiera.
Come deve comportarsi il datore di lavoro
Prendiamo atto di quanto la situazione sia drammatica.
Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei Consulenti del lavoro è in tumulto: fino allo scadere del 2021 i giorni quarantena giustificati dal medico di base non si erano mai rivelati compromettenti relativamente ai termini prescritti per la salvaguardia della posizione lavorativa.
Con la sopravvenuta inattuabilità di una verifica formale della ragione deputata a causare lo stato patologico, si potrebbe verificare l'illegittima ma prevedibile ipotesi che alcuni principali potrebbero ricorrere al licenziamento per superamento delle assenze disponibili a livello sindacale e contrattuale, al solo fine di rientrare nei propri oneri.
Questo, avvalendosi di dati dificilmente determinabili con precisione.
La verità che sta alla base di questo dissesto è che se non verrà finanziato un nuovo decreto di sostegno per il 2022, o esteso uno dei provvedimenti già messi in atto nell'anno precedente, i danni economici subiti da dipendenti e imprenditori saranno abissali.
Il datore di lavoro dotato di buon senso e raziocinio, qualora fosse possibile, potrebbe collocare il dipendente in qualunque forma di smart working compatibile con le sue mansioni, per arginare le perdite, oltre a concedere permessi aggiuntivi.
Qui il problema non è risollevare o tutelare un'azienda, ma avere la coscienza di comprendere che l'intero sistema economico rischia di essere nuovamente compromesso con effetto domino, cosa peraltro già vista in precedenza, tanto da presentare questa ipotesi come scevra di qualunque connotato apocalittico o fantasioso.
Rimane interesse di tutti sopravvivere a un sistema di cose severo e complesso, risollevarsi, trovare soluzioni e compromessi accettabili che possano riaprire la strada a una rinascita economica, ormai tanto sperata quanto minata dalla carenza di risorse finanziare e buchi legislativi che non da oggi stanno causando danni irreparabili.