Lavorare e tenere il reddito di cittadinanza si può!

Sarò la fine dello stato di emergenza a far pesare anche il reddito da lavoro agricolo stagionale sull'entità dell'assegno da reddito di cittadinanza, naspi o Dis-coll. Lo ha confermato l'INPS con una recente comunicazione spiegando quando e per chi.

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Confermato, nel caso fosse prorogato lo stato di emergenza, fino alla sua conclusione, la possibilità per chi riceva un ammortizzatore sociale di concludere contratti nel settore agricolo per non più di due mesi, senza avere alcuna conseguenza negativo sull’entità del sussidio che riceve.

Ce lo conferma l’INPS con il messaggio numero 4079 del 2021. Si tratta in sostanza della proroga di una misura già prevista nel 2020, e facente parte di quelle che sono state pensate per tenere sotto controllo la crisi economica seguita alla pandemia di covid 19.

Lo scopo è quello di dare una mano a settori già in difficoltà nel trovare personale, che non possono pensare di programmare assunzioni a lungo termine, vista l’incertezza del futuro. Si punta allora a non penalizzare chi riceva un sostegno alla disoccupazione, che potrebbe essere scoraggiati dall’accettare un lavoro di pochi mesi, per il timore di perdere il sussidio di cui è destinatario.

Non solo chi sia destinatario del reddito di cittadinanza, ma anche chi stia ricevendo la Dis-coll, o la Naspi, sono compresi nel disposto dell’articolo 68 del Decreto Sostegni-bis, e pur nel rispetto delle regole fissate dalla norma e spiegate nel messaggio dall’istituto di previdenza sociale potranno contemporaneamente lavorare e mantenere il proprio beneficio.

Reddito di cittadinanza salvo per chi lavora in agricoltura

Partiamo col dire, che l’opportunità di lavorare e contemporaneamente non subire decurtazioni del reddito di cittadinanza, della Naspi o della Dis-coll è prevista sostanzialmente con le stesse regole già fissate per il 2020. Riguarderà quindi solo i contratti di lavoro del settore agricolo. 

Si tratta di un modo per aiutare chi abbia bisogno di lavoratori stagionali a reperirli con maggiore facilità, vista la riluttanza da parte di chi sia titolare di un aiuto a sostegno della disoccupazione ad accettare offerte di lavoro a termine, che potrebbero ridurre in modo considerevole l’assegno che ricevono ogni, mese, se non addirittura farlo revocare, nel caso il reddito salga oltre i massimi stabiliti per legge.

Un modo inoltre per scoraggiare la pratica del lavoro, in nero molto diffuso in questo settore viste la difficoltà a fare dei controlli efficaci. In ipotesi di questo tipo, sarebbe infatti conveniente non solo per il datore di lavoro, che risparmierebbe cifre consistenti sia in termini di tasse che di versamenti contributivi.

Ma converrebbe anche al titolare del sussidio che non incasserebbe un reddito senza dichiararlo, non correndo così il rischio di avere riduzioni di quanto ricevuto dall’INPS.

Limiti di lavoro per non perdere il reddito di cittadinanza

Leggiamo sul messaggio numero 4079 del 2021 diffuso dall’INPS

che tutti i titolari di reddito di cittadinanza, Naspi e Dis-coll anche nel periodo in ricevono regolarmente uno di questi sussidi hanno la facoltà di stipulare un contratto di lavoro con un’azienda agricola. Questo non comporterà alcuna conseguenza negativa per il sussidio che ricevono.

Lo stesso non decadrà, ma non sarà neppure sospeso per il periodo di lavoro. Infine nessun abbattimento o riduzione dell’assegno versato ogni mese.

Il testo del messaggio esclude che la stesa regola valga per settori diversi da quello agricolo, che invece continuano ad essere regolate dalle norme generali fissate per ognuno dei tre sussidi.

Ci sono, poi dei limiti che riguardano sia la durata del contratto stipulato, sia il reddito complessivo che deriva da questo tipo di attività. I limiti di tempo sono fissati in trenta giorni rinnovabili, per altri trenta giorni. INPS precisa che queste giornate non devono essere conteggiate tenendo conto della durata del contratto.

I trenta giorni devono essere quelli effettivi di lavoro, senza tenere conto delle giornate di riposo, o delle interruzioni. Sarà cura dello stesso lavoratore comunicare all’INPS le giornate in cui ha lavorato avvalendosi del modello Naspi-com già in uso per questo tipo di assolvimento.

Reddito di cittadinanza e lavoro superiore a 30 giorni

Il mantenimento del reddito di cittadinanza di Naspi e Dis-coll rimane fermo per i primi 30 giorni di lavoro e anche per l’eventuale rinnovo di altri 30, anche se successivamente il contratto viene nuovamente prorogato.  Le riduzioni degli assegni a sostegno della disoccupazione, se dovranno esserci ci saranno solo per il periodo eccedente quello in cui la legge ha stabilito l’esenzione.

Un altro limite stabilito dalla legge è quello del reddito prodotto dal rapporto di lavoro di tipo agricolo. Indipendentemente dal numero delle giornate lavorate, non dovrà essere superiore a 2.000 euro annue. Se lo superasse, si terrà conto, per calcolare l’eventuale riduzione del sussidio solo della parte che eccede il tetto massimo.

Contributi versati anche per chi riceve il reddito di cittadinanza

Il periodo di lavoro che viene svolto nel settore agricolo da chi sia titolare del reddito di cittadinanza o di un altro sostegno alla disoccupazione viene in tutto e per tutto parificato a quello di un alto lavoratore, nonostante la possibilità di continuare a percepire per intero il beneficio.

Dovranno essere regolarmente versati i contributi, che saranno considerati utili anche ai fini di una successiva richiesta di assegno di disoccupazione. Potrebbero essere questi contributi quelli che mancavano per raggiungere le condizioni per ottenere un assegno che prima era stato negato, per esempio perché non si era raggiunto il numero minimo di giornate lavorate entro i tempi prestabiliti dalla legge.

Reddito di cittadinanza e Naspi: quali le differenze

Tanti sussidi, che in sostanza hanno tutti lo scopo di dare un sostegno temporaneo a chi sia privo di lavoro e non riesca a provvedere economicamente a sé e alla sua famiglia. Diverse però sono le modalità di erogazione e le condizioni a cui vengono concessi.

Naspi è l’acronimo per Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, ed è un assegno che viene versato per un massimo di due anni ai lavoratori autonomi che contro la loro volontà rimangono disoccupati.

L’assegno ha un’entità variabile sulla base del reddito che percepivano ed è condizionato all’avere versato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi quattro anni. Devono inoltre essere stati svolti almeno trenta giornate di lavoro effettivo nell’ultimo anno, anche se non continuative.

L’importo dell’assegno viene calibrato sulla base della retribuzione incassata e la durata del beneficio dipende dal numero di settimane per cui effettivamente si sono versati i contributi. Al massimo sarà versata per la metà delle settimane versate.

Il reddito di cittadinanza come previsto dal DL 4 del 2019

a chi si trovi sostanzialmente in una condizione di povertà, che deve essere comprovata con un ISEE familiare che non può superare le somme massime stabilite per legge. Non è legato all’avere svolto in passato qualsiasi tipo di professione e l’entità non viene fissata sulla base dei redditi precedenti, ma di quelli attuali.

Mentre l’assegno di chi riceve la Naspi può essere speso nel modo che la famiglia ritenga più opportuno, quello del reddito di cittadinanza è vincolato alle spese di prima necessità del nucleo familiare e all’obbligo di effettuare, salvo per le somme minime sempre pagamenti tracciabili.

Differenze tra Dis-coll e reddito di cittadinanza

La Dis-coll è sempre un assegno che viene concesso a chi sia rimasto privo di lavoro. La legge la ha introdotta nel nostro ordinamento a favore di chi avesse un contratto di collaborazione coordinata e continuata che sia rimasto privo di lavoro. Lo ha poi esteso anche agli assegnisti e ai dottorandi di ricerca.

L’accesso al sussidio è consentito solo a chi sia iscritto alla gestione separata dell’INPS. Devono inoltre avere versato nell’anno precedente almeno tre mesi di contributi. Tra questi possono essere conteggiati anche i contributi figurativi versati in caso di maternità.

L’importo viene calcolato sulla base dei contributi versati, partendo da una somma massima che viene progressivamente ridotta a partire dal quarto mese. Viene erogata per un massimo di sei mesi.

Il diritto a questo tipo di sussidio, così come per ottenere la Naspi o il reddito di cittadinanza, viene meno se l’interessato non si registra come disoccupato presso il centro per l’impiego di riferimento.

Questo tipo di registrazione prevede in particolare che si rilasci la DID.  Si tratta della dichiarazione di immediata disponibilità, con la quale ci si dice disponibili a cercare un nuovo lavoro, e ad accettare le proposte elaborate dall’ufficio sai in termini di lavoro che di formazione professionale.

Solo per chi percepisce il reddito di cittadinanza aderire in modo attivo a questo tipo di proposte è un obbligo. La ragione sta nel fatto che questi sussidi nascono da presupposti diversi. Due costituiscono un sussidio per chi si trovi in un momento di momentanea difficoltà.

L’altro invece è nato espressamente per combattere la disoccupazione e la povertà culturale che spesso l’accompagna. Inoltre non è costituito solo da un assegno, ma anche da un servizio fatto da corsi di formazione, o da altre attività tutte volte a entrare nel mondo del lavoro. 

Quando si può lavorare e mantenere il reddito di cittadinanza

Il caso del settore agricolo costituisce un’eccezione, tanto che il governo ha dovuto prevederlo con una legge. Normalmente, comunque anche chi percepisce il reddito di cittadinanza può lavorare senza vedersi revocato interamente l’assegno. Anzi ha l’obbligo a certe condizioni di accettare le offerte di lavoro che gli vengono proposte.

A questo punto se lo stipendio è elevato e se il lavoro è a tempo indeterminato l’assegno gli sarà revocato. Sarà invece solo ridotto nel caso di lavoro a tempo parziale, o a termine. In questi casi si dovrà comunque fare riferimento alla composizione del nucleo familiare a alla soglia massima di reddito prevista per quel caso.  

Il Decreto Sostegni

per l’anno in corso e quindi con termine il 31 dicembre ha previsto che, chi abbia stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato che comporti un aumento del reddito non superiore a 10.000 euro annui, avrà la sospensione dell’assegno per non oltre sei mesi.

Terminato il rapporto di lavoro l’assegno riprenderà ad essere versato senza alcuna decurtazione.