Quali sono le spese generali di condominio e a chi spettano

Si chiamano spese generali di condominio perché spettano a tutti? In realtà non è sempre così, ecco quali sono le eccezioni.

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Le spese di condominio sono sempre una questione spinosa. Anche negli edifici dove in linea di massima c’è armonia sarà certamente avvenuta qualche discussione a proposito del modo in cui vadano suddivise le spese generali. Non solo per decidere in che misura tocchi a ogni inquilino mettere mano al portafoglio ma anche per individuare di che tipo di spese si tratti. Possibile, infatti, che a seconda della categoria in cui sono stati incasellati alcuni interventi, portino a una suddivisione diversa.

Il riferimento, nel caso non ci siano accordi di tipo diverso, è il Codice Civile che però cede il passo a quanto previsto nel regolamento, che deve essere approvato da tutti visto che sarebbe illegittimo che la maggioranza imponesse alla minoranza una ripartizione iniqua. In alternativa può fare testo quanto deciso dal proprietario originario del palazzo purché sia stato in modo esplicito riportato in ogni atto di vendita. Rimane infine la questione di chi debba pagare in concreto: se l’inquilino o il proprietario.

Cosa sono le spese generali di condominio

La prima cosa da capire è che cosa si intenda esattamente per spese generali di condominio: ci stiamo riferendo a quelle per le parti comuni, mentre sono escluse, quelle che riguardano le parti private, che eventualmente possono essere oggetto di discussione tra proprietario e inquilino, ma non con i vicini. Come detto salvo che ci sia un accordo di tipo diverso il riferimento è il Codice Civile, precisamente l’articolo numero 1123 secondo il quale:

“Le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in maniera proporzionale alla proprietà.”

Il calcolo è quello che comunemente viene detto dei millesimi: esiste una tabella con la quota in millesimi di proprietà di ciascuno e per suddividere i costi basta fare un semplice calcolo matematico: chi ha di più paga una quota maggiore.

I calcoli vengono fatti dall’amministratore scelto dai condomini, che poi li comunica a ciascuno con la somma da versare e tutti i documenti che giustificano gli esborsi sostenuti. Si tratta di un obbligo per tutti, che non può essere derogato in alcun modo, neppure dalla rinuncia alla comproprietà sulle parti comuni che è sempre esclusa. Pensiamo per esempio a chi volesse astenersi dalle spese sul tetto, dichiarando che vuole rinunciare alla proprietà, cosa evidentemente improponibile. 

Tra queste spese rientrano tutte quelle necessarie alla manutenzione sia ordinaria che straordinaria dell’immobile. Nella prima categoria rientrano i lavori da fare tutti i giorni, per esempio le pulizie, la corrente elettrica, o le spese di assicurazione le tasse e quanto dovuto all’amministratore o ad altri lavoratori in forza nell’edificio. Tra le seconde invece gli interventi di tipo strutturale, le innovazioni e i miglioramenti.

Chi paga le spese generali

Le spese generali devono essere pagate secondo il disposto del codice da ogni condomino. Ma nel caso proprietario e inquilino non coincidano a chi toccano? L’articolo numero 1576 del Codice civile stabilisce che:

“Il locatore deve pagare tutte le spese per le riparazioni necessarie tranne quelle di piccola manutenzione che spettano al conduttore.”

Per quanto riguarda nello specifico il caso di un condominio saranno a carico del proprietario tutti i costi di carattere straordinario e gli interventi fatti sulle facciate o sugli impianti. Tutto il resto, dalla pulizia alla sistemazione del giardino, fino alle bollette vanno saldate dall’affittuario.

Da precisare che nei confronti degli altri condomini il responsabile sarà sempre il padrone di casa, a cui si chiederà di saldare anche la quota del suo inquilino qualora non lo facesse. Quest’ultimo avrà poi la possibilità di rivalersi sull’affittuario, chiedendo di essere rimborsato. Essere inadempiente per almeno due mensilità è ragione valida perché venga chiesta la risoluzione del contratto.

Quando si ha diritto a non pagare

La nostra legge ha fissato un criterio generale. Ma ha tenuto conto anche del fatto che alcune parti dell’edifico, per loro natura sono godute in modo maggiore da alcuni appartamenti, e meno da altri. Tra questi rientrano per esempio le scale e l’ascensore che evidentemente non sono utilizzati da chi abita al pianterreno con la stessa frequenza di chi vive all’attico. In complessi particolarmente grandi, poi ci sono aree che sono destinate a un edificio ma che non sono goduti dagli altri.

Per quest’ultimo caso la legge stabilisce in modo espresso che se ci sono scale, cortili o lastricati solari destinati a servire solo una parte dell’edificio i loro costi sono a carico del gruppo di inquilini che ne trae una utilità.

Si usa il criterio dell’utilizzazione differenziata per i servizi che non sono goduti allo stesso modo da tutti gli appartamenti. In queste ipotesi nel conteggio si dovrà tenere conto oltre che dei millesimi anche dell’effettivo beneficio portato a ciascuno da quel servizio. L’esempio classico sono le scale le cui spese non sono a carico di chi abbia un negozio al pianterreno e che non ha ragioni di salire ai piani superiori. Se invece sul tetto ci fosse un terrazzo aperto a tutti, si dovrà comunque pagare una quota per l’uso, ma inferiore rispetto a quella di chi abiti in alto e calpesti i gradini tutti i giorni.