Lavoro, telecamere illegali: dove non si possono mettere

Le telecamere in ufficio e altri luoghi di lavoro sono spesso al centro di polemiche. Per legge però non sono sempre illegali: ecco dove si possono installare e dove, invece, sono vietate.

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Molti imprenditori ragionano con la filosofia di "l'azienda è mia e ci faccio quello che voglio". Ma questo è parzialmente vero, dal momento che il limite a questa frase viene raggiunto quando si contravviene ad una normativa nazionale.

In questo caso parliamo della tematica riguardante le telecamere al lavoro. Queste ultime, infatti, non possono essere installate sui luoghi lavorativi, a meno che il datore di lavoro abbia delle motivazioni valide e comprovate. Vediamo cosa prevede la legge italiana e cose devono sapere dipendenti e datori sui luoghi in cui è amessa la videosorveglianza. 

Le telecamere al lavoro sono illegali? Ecco che cosa dice l'ordinamento giuridico nazionale

Il dubbio che affligge molti datori di lavoro è se sia legale mettere delle telecamere all'interno del luogo di lavoro, oppure se questa pratica di installare degli appositi strumenti di videosorveglianza sia vietata dal nostro ordinamento giuridico nazionale.

In particolare, la normativa italiana tende ed ha il preciso scopo di salvaguardare e di tutelare la privacy dei lavoratori all'interno delle aziende nelle quali prestano la propria attività lavorativa, in modo da garantire un benessere ed una serenità all'interno del luogo di lavoro.

A questo proposito, infatti, l'ordinamento giuridico nazionale dispone che i sistemi di videosorveglianza sono vietati all'interno dei luoghi lavorativi. Anche se, tuttavia, la legge prevede anche una particolare eccezione a questa regola.

Nello specifico, infatti, la normativa italiana prevede che questi sistemi di videosorveglianza possano essere installati all'interno degli edifici nei quali si lavora, talvolta senza la richiesta di via libera da parte dei sindacati dei lavoratori e dei dipendenti stessi; mentre, con maggiore frequenza, attraverso la richiesta di lascia passare che deve essere necessariamente presentata dal datore di lavoro.

In particolare, questa installazione potrà essere effettuata dal datore di lavoro solamente nella circostanza in cui si verifichino alcune specifiche condizioni e qualora i sistemi di videosorveglianza servano e siano necessari a dei precisi scopi, i quali vengono delineati dall'ordinamento giuridico nazionale.

Ad ogni modo, la legge prevede chiaramente che il datore di lavoro, prima di procedere con l'installazione di questi appositi macchinari, debba necessariamente richiedere il consenso a:

  • i dipendenti stessi;
  • il sindacato aziendale oppure l'ispettorato nazionale del lavoro.

Dove non si possono mettere le telecamere al lavoro

Abbiamo visto che lo statuto dei lavoratori ammette l'utilizzo e l'installazione delle telecamere su luogo lavorativo da parte dei datori, purché queste servano per soddisfare delle specifiche esigenze interne o di sicurezza; ma, ancora, non sappiamo quando è che non possono essere utilizzate e, dunque, dove non si possono mettere.

In particolare, i sistemi di videosorveglianza non possono essere installati qualora servano allo scopo di verificare e di controllare la prestazione lavorativa dei dipendenti che lavorano all'interno dell'azienda. A questo proposito, infatti, ecco alcuni esempi per i quali non possono essere utilizzati questi macchinari. Nello specifico, per:

  • controllare per quanto tempo i lavoratori fanno le loro pause davanti alle macchinette del caffè;
  • verificare per quanto tempo i lavoratori fanno le loro pause per fumare le sigarette, posizionando una telecamera di videosorveglianza davanti alla porta di entrata dell'edificio;
  • evitare delle possibili fughe da parte dei dipendenti, verificandole attraverso l'installazione di appositi sistemi di videosorveglianza , i quali vengono installati nelle porte di ingresso e di uscita dall'edificio.

Per quali motivazioni si può installare la videosorveglianza

In particolare, le circostanze secondo le quali un datore può procedere con l'installazione delle telecamere al lavoro vengono delineate e disciplinate da quanto viene disposto all'interno dell'art. 4 dello statuto dei lavoratori, il quale è, per l'appunto, intitolato "Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo".

Il suddetto articolo previsto all'interno dello statuto dei lavoratori, il quale è stato introdotto attraverso l'emanazione della Legge n. 300 del 20 maggio 1970, prevede, in maniera esplicita, che i sistemi di videosorveglianza possono essere installati all'interno dei luoghi lavorativi qualora:

  • ricorrano particolari esigenze dal punto di vista organizzativo e produttivo per quanto riguarda l'azienda stessa, denominato anche co il termine di "controlli difensivi";
  • servano per assicurare la sicurezza dei lavoratori che fanno parte e che prestano la propria attività lavorativa per l'impresa in questione, in modo da prevenire dei possibili pericoli oppure situazioni di necessità che potrebbero verificarsi o anche per proteggere tutte le persone che lavorano per l'azienda dai malintenzionati;
  • siano necessarie al fine di tutelare e di salvaguardare il patrimonio aziendale.

    In particolare, i sistemi di videosorveglianza possono essere installati qualora servano per gli scopi che abbiamo appena esplicitato. ed infatti, a questo proposito, ecco alcuni esempi per i quali possono essere utilizzati questi macchinari. Nello specifico, per:

    • verificare che un macchinario necessario per la produzione aziendale funzioni in maniera corretta e non risulti essere danneggiato o, comunque, mal funzionante;
    • monitorare un macchinario aziendale che risulta essere particolarmente pericoloso;
    • controllare se ci sono dei clienti che stanno entrando all'interno del proprio negozio, in modo da poterli vedere e servire qualora fosse necessario;
    • evitare che qualche malintenzionato pensi di effettuare una rapina all'interno di una banca oppure di un ufficio postale;
    • evitare che qualche cliente, oppure anche qualche dipendente, pensi di rubare qualche prodotto posizionato all'interno degli scaffali delle varie corsie di un supermercato.

    Cosa deve fare il datore di lavoro

    Riguardo le procedure ed i passaggi che deve effettuare preventivamente il datore di lavoro, al fine di poter installare, all'interno della propria attività economica, hanno cambiato il proprio orientamento durante il passare del tempo le diverse sentenze che sono state pronunciate dalla Corte di Cassazione.

    In precedenza, infatti, per poter mettere le telecamere al lavoro, bastava solamente richiedere il consenso da parte del lavoratore stesso. Ad oggi, invece, le cose sono cambiate, dal momento che la Corte di Cassazione, attraverso la pronuncia della sentenza n. 22148 dell'8 aprile del 2017,  ha invertito i requisiti necessari per poter mettere dei sistemi di videosorveglianza dove si svolge l'attività.

    La sopra citata sentenza emanata dalla Suprema Corte, intitolata "Videosorveglianza sul lavoro, il consenso non sostituisce procedure sindacali o DTL" prevedeva, per l'appunto, espressamente che debba essere necessariamente richiesta un'autorizzazione preventiva presso i Sindacati oppure presso la Direzione Territoriale del Lavoro, anche nel momento in cui il datore di lavoro abbia ricevuto il consenso da parte del dipendente.

    In sostanza, il datore, prima di procedere all'installazione dei sistemi di videosorveglianza, dovrà necessariamente effettuare i seguenti passaggi, ovvero:

    • effettuare una comunicazione preventiva alle RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria) oppure alle RSA (Rappresentanza Sindacale Aziendale);
    • informare preventivamente i propri lavoratori, attraverso la predisposizione di un apposito cartello, il quale deve essere esposto in maniera visibile.

    Inoltre, il datore deve attenersi ad alcuni obblighi tassativamente previsti dalla legge:

    • nominare un soggetto che abbia il compito di conservare e di gestire i dati che vengono rilevati e registrati dai sistemi di videosorveglianza, in modo da salvaguardare e da tutelare la privacy dei lavoratori dell'azienda;
    • conservare le immagini che vengono registrate dai macchinari per un periodo di tempo che non sia superiore a 24 ore.

    Ciò nonostante, il Garante della Privacy è intervenuto per porre un'eccezione a questa regola, dal momento che ha dichiarato, in maniera esplicita, che le riprese possono essere conservate dall'azienda per un periodo superiore rispetto alle 24 ore previste, ma solamente nel caso in cui servano a soddisfare delle specifiche finalità che richiedono un tempo maggiore, e, logicamente, solamente fino allo scadere di quest'ultimo termine.

    Quando si verifica la violazione della Legge sulla privacy

    Il reato relativo alla violazione della legge sulla privacy si verifica nel momento in cui:

    • le telecamere sono state installate sul luogo di lavoro, anche se sono finte, non ancora funzionanti oppure spente;
    • è stato richiesto con il giusto preavviso il consenso dei lavoratori, ma non è stata richiesta l'autorizzazione ai sindacati oppure all'Ispettorato nazionale del lavoro;
    • le telecamere monitorano i dipendenti, anche se in maniera discontinua.

    Quali sono le sanzioni che vengono inflitte al dato di lavoro in caso di violazione

    Se il datore di lavoro provvede ad installare delle telecamere al lavoro senza, però, rispettare le disposizioni che sono previste all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale, allora le conseguenze ed i rischi che correrà quest'ultimo saranno:

    • dei filmati registrati, i quali però non potranno essere utilizzati;

    In particolare, dunque, ecco quali sono le sanzioni alle quali va incontro il datore di lavoro in caso di violazione della normativa nazionale. Nello specifico, stiamo parlando di:

    • un periodo di reclusione che potrà andare da un minimo di 15 giorni fino ad un massimo di 1 anno;
    • una sanzione amministrativa che potrà arrivare fino ad un massimo pari a 1.550 euro.

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