ETF sostenibili, il menù si fa ricco

In Europa crescono asset e offerta. Gli investitori italiani possono scegliere tra 96 replicanti di indici ESG, i quali sono andati controcorrente in termini di raccolta nel mese di marzo. Inoltre, in generale, i benchmark “responsabili” si sono dimostrati più resilienti in fasi di crisi come quella attuale.

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Le due principali tendenze osservate nell’industria del risparmio gestito durante gli ultimi anni sono da un lato il crescente interesse da parte degli investitori verso le tematiche ESG (ambientali, sociali e di governance) e dall’altro l’esplosione della gestione passiva. Era solo questione di tempo affiché questi due trend si incrociassero, cosa divenuta possibile anche grazie allo sviluppo esponenziale di benchmark costruiti secondo criteri di sostenibilità.

A livello europeo, i replicanti con un focus sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) hanno ricevuto nel 2019 flussi netti di 4,5 volte superiori all’anno precedente, per un totale di 16,7 miliardi di euro, pari al 15,7% del totale. Nonostante questi numeri, gli Exchange traded fund sostenibili restano un segmento minore del mercato, con una quota del 3,3% (pari a 30,2 miliardi). Tuttavia, la spinta vista l’anno passato, e in parte nel primo trimestre del 2020, dimostra che questi strumenti siano ormai “maturi” per fare il grande salto.

Flussi netti annuali verso gli ETF sostenibili europei (dati in miliardi di euro)

A livello di case di gestione, a fine 2019 iShares ha superato UBS diventando il primo emittente di ETF sostenibili in Europa, con 10,9 miliardi di euro di masse in gestione, pari al 36% del mercato totale. Lyxor, BNP Paribas e Legal & General completano la Top 5 dei gestori ESG, con il balzo negli asset di Lyxor dovuto alla conversione di diversi ETF corporate bond da strumenti mainstream a fondi focalizzati sull’ESG.

L’offerta italiana

Gli investitori dello Stivale possono scegliere tra 96 Exchange traded fund classificati da Morningstar come sostenibili. Di questi, 78 sono replicanti azionari, mentre i restanti 18 investono nel reddito fisso. Di seguito, i primi 15 per patrimonio gestito.

Nel loro insieme, questi 96 ETF hanno raccolto nel primo trimestre del 2020 oltre 5,7 miliardi di euro, di cui 642 milioni nel mese di marzo. Un risultato sorprendente se confrontato con i flussi registrati dall’intero mercato europeo dei replicanti (clicca qui per approfondire).

D’altronde, gli indici azionari sostenibili hanno retto un po’ meglio l’ondata di vendite che ha colpito le Borse internazionali il mese scorso, a seguito dell’esplosione della pandemia di Coronavirus.

Si distinguono per masse gestite (e per flussi in entrata), l’iShares MSCI USA SRI UCITS ETF USD e l’UBS ETF MSCI World SRI USD, gli unici a superare la soglia dei due miliardi di euro di masse. Il primo fa parte di un gruppo che conta altri quattro fondi tagati iShares che l’anno scorso hanno cambiato benchmark, passando dal replicare gli indici MSCI SRI agli indici MSCI SRI Select Reduced Fossil Fuel. La differenza sta nel fatto che i primi applicano un filtro di esclusione di alcuni settori (armi e alcool, ad esempio) e un approccio best-in-class (dare priorità ai titoli con miglior punteggio ESG), mentre i secondi compiono un ulteriore passo in avanti, escludendo le aziende coinvolte nelle industrie del carbone, del petrolio e del gas. Clicca qui per leggere ETF per tagliare le emissioni.

Di Valerio Baselli

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Morningstar

20 set 2021