Il Fisco fruga nei conti correnti andando in dietro a caccia del movimento sospetto. Non si tratta della possibilità di eseguire controlli retroattivi riservata all’Agenzia delle Entrate, ma bensì di una realtà di fatto. I controlli eseguiti dal Fisco sui tutti i conti correnti postali o bancari rientrano a pieno regime tra le verifiche di carattere ordinario. I controlli retroattivi eseguiti sul conto corrente dei contribuenti sono più che legittimi.
Non tutti (forse) sanno che l’Agenzia delle Entrate può disporre della piena facoltà di eseguire controlli relativi alla annualità precedenti riferite all’ultima presentazione della dichiarazione dei redditi.
Il vero punto cruciale della situazione ruota su una domanda posta da un lettore, che non ci chiede come e perché potrebbe scattare un controllo fiscale sul conto corrente, ma il quesito acquista una tonalità diversa. In particolare, il lettore ha posto un punto interrogativo su questa richiesta:
“Di quanti anni può tornare indietro il Fisco per eseguire l’accertamento sul mio conto corrente?”.
Non ci sono dubbi, sul potere che detiene l’Agenzia delle Entrate e il contribuente può trovarsi a sbrogliare una rogna dormiente, o meglio, riferita a incassi di reddito precedenti. È possibile, che quel controllo sul conto corrente sia imputato a diverse circostanze, come ad esempio, perché è sfuggita l’emissione di una fattura, di aver incassato del denaro in nero, o ancora di aver ricevuto un affitto con bonifico senza operare la regolare registrazione. Insomma, le opzioni possono essere svariate, ma il nodo cruciale resta sempre lo stesso, dopo quanto tempo realmente si può stare finalmente tranquilli?
Una breve guida sulle principali caratteristiche del controllo retroattivo sul conto corrente. Ti spiegheremo, i limiti in cui può operare il Fisco, fino a che punto può andare alla ricerca dei soldi sul tuo conto corrente.
Conto corrente: quando scattano i controlli del Fisco?
In linea generale, quando parliamo di controlli fiscali diritte sui conti correnti, le motivazioni possono essere attribuite a diversi contenuti, tra cui:
- per i contribuenti la ruota potrebbe invertirsi in direzione del Fisco per versamenti operati in denaro contante o bonifici emessi da terzi soggetti;
- per gli imprenditori il nodo cruciale potrebbe essere riferito anche per un prelievo del conto corrente, nell’ipotesi in cui superi la soglia del valore di mille euro giornalieri o ancora di 5 mila euro mensili.
Occorre, sottolineare che quando parliamo di controlli riferiti ad accrediti sul proprio conto corrente, l’elemento determinate ruota sulle verifiche operate dall’Agenzia delle Entrate sui movimenti di entrata del conto corrente. In particolare, il Fisco controlla i versamenti eseguiti per denaro contante o, anche per bonifici, per appurare che gli importi oggetti della contestazione siano stati accuratamente dichiarati dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi.
Il Fisco parte con la presunzione che tali somme siano oggetto di reddito in nero, fino a prova contraria. In sostanza, il controllo fiscale si avvia in automatico anche senza che il contribuente ne sia a conoscenza. L’Agenzia delle Entrate rilevando il movimento bancario o postale sospetto, parte con la congettura di trovarsi dinanzi a denaro prodotto dal frutto di un’evasione fiscale.
È bene chiarire che al contribuente spetta sempre l’onere della prova, dimostrando che tali introiti provengano da redditi esenti, non tassabili, ritenuta alla fonte regolamentato dall’articolo 23 del D.P.R. n.600 del 1973. In altre parole, il contribuente deve dimostrare con prova certa che quel movimento di denaro non è in nessun caso riconducibile al frutto d'introiti in nero facendo opposizione all’atta di accertamento.
Quali sono le modalità con cui avvengono i controlli del Fisco?
È bene chiarire che l’Agenzia delle Entrare non si sveglia la mattina e lancia un controllo sul un conto corrente a caso, ma bensì si avvale di strumenti finalizzati a tale scopo. Nello specifico, parliamo del Registro dei Rapporti finanziari, non tutti (forse) sanno che siamo tutti presenti nella sezione dedicata dell’Anagrafe tributaria. Si tratta, di un maxi database nelle mani del Fisco, dove sono presenti tutte le forme di contratti finanziari e bancari a cui il contribuente ha aderito.
In sostanza, il Fisco si avvale della stretta collaborazione delle banche, che ordinariamente inoltrano i movimenti relativi ai conti correnti dei contribuenti. Parliamo delle giacenze media, saldi, movimenti di entrata e uscita, quindi versamenti e prelievi e così via. Insomma, una cosa è palese il Fisco ad oggi, sa tutto di tutti, diciamo in modo carino che sa esattamente quanti soldi abbiamo in tasca e il tenero di vita che possiamo permetterci.
Senza tralasciare che l’Agenzia delle Entrate per portare avanti i controlli fiscali si avvale della costante presenza del ruolo degli ispettori o agenti predisposti della Guardia di Finanza. Non a caso, queste figure possono entrare in banca per richiedere tutta la documentazione inerente i movimenti bancari di un contribuente, senza che quest’ultimo ne sia informato.
In questi casi, il contribuente non solo non viene avvisato dell’accertamento in corso, non può essere presente all’atto della verifica operata dagli ispettori, né tantomeno, sfoderare una posizione cautelativa preventiva di difesa.
Di quanti anni può tornare indietro il Fisco per eseguire l’accertamento sul mio conto corrente?
Andiamo nel punto cruciale della domanda formulata dal lettore, ossia sul controllo retroattivo operato sul conto corrente dal Fisco.
Secondo quanto si legge dall’informazioni presenti su LeggeperTutti, l’Agenzia delle Entrate non solo può controllare i movimenti “recenti” del conto corrente, ma può esercitare una verifica andato a toccare le annualità precedenti. Ecco, perché è facile ritrovarsi tra le mani una “batosta” che si riferisce agli anni passati.
Nel merito degli accertamenti fiscali, la normativa stabilisce dei limiti entro cui può operare l’Agenzia delle Entrate, che si riferiscono tra l’altro a un ampio arco temporale, quali:
- in presenza di un omessa dichiarazione dei redditi, il limite massimo entro cui il Fisco può operare un accertamento fiscale è di almeno 7 anni che iniziano a decorrere dall’istante in cui la dichiarazione doveva essere presentata all’Agenzia delle Entrate;
- in presenza di una presentazione della dichiarazione dei redditi, ma in cui manchi il reddito oggetto di contestazione, quindi in presenza di una dichiarazione irregolare, il limite massimo entro cui il Fisco può operare un accertamento fiscale è di almeno 5 anni che iniziano a decorrere dalla data riportata sulla dichiarazione dei redditi non conferme.
In sostanza, per rispondere alla domanda del lettore, possiamo tranquillamente affermare che nella peggiore delle ipotesi, il Fisco può richiedere i movimenti del conto corrente riferiti agli ultimi sette anni, oltre tale termine non può andare. Nell’ipotesi in cui, si tratta di una dichiarazione irregolare, ossia in cui non sono state dichiarate delle somme extra alla voce incassi, in questo caso l’Agenzia delle Entrate può operare un controllo degli ultimi 5 anni.
Parliamo di controlli retroattivi sul conto corrente, perché l’Agenzia delle Entrate dispone di tempo per voltarsi indietro andando a frugare nelle annualità pregresse, anche se deve tener conto dell’ampio margine riferito ai limiti temporali imposti dalla normativa.
Nuovi controlli retroattivi: ecco cosa può fare il Fisco
Rimodulato il Redditometro il Fisco ora può tutto. Sapevamo che questo giorno prima o poi doveva giungere, d’altra parte l’ex Governo Conte l’ho aveva preannunciato nel 2018. Ad oggi, l’Agenzia delle Entrate ha affilato il Redditometro.
Si tratta, di uno strumento che permette d'identificare le ricchezze dei cittadini, basandosi su un concetto alquanto inusuale, ossia la povertà varia in base ai punti di vista. In altre parole, la povertà dipenderebbe dall’angolazione in cui viene individuata.
Il Fisco ci mette a nudo, confrontando non solo le entrate e le uscite, corrispondenti ai movimenti del conto corrente, ma anche quando guadagniamo e spediamo. Viene messo a dura prova il circolo vizioso che ruota sul tenore di vita. Partendo dal presupposto che il contribuente che incassa 100 euro, se ne spende 150 euro, vuol dire che possiede delle forme d'introiti in nero.
Nello stesso tempo, chi incassa 100 e non spende nulla, in questo caso è chiaro che qualcosa non va nel verso giusto e il Fisco parte con la presunzione che il contribuente possieda dei redditi in nero per vivere.
Sappiamo che i furbetti ci sono e troveranno il modo di svincolarsi dalle odiose trappole del Fisco, ma tutto si complica anche per chi riga dritto dichiarando ogni centesimo.
D’altra parte, tra bonus, agevolazione e sussidi qualcosa prima o poi doveva cambiare, ecco perché il Fisco ha affilato il Redditometro assicurando controlli retroattivi. In questo contesto, gli accertamenti fiscali dovrebbero partire dall’anno d'imposta 2016. Gli agenti della Guardia di Finanza scandaglieranno gli ultimi 5 anni riferite alle dichiarazioni dei redditi e non solo.
Occorre, sottolineare che i controlli fiscali vengono lanciati con uno scostamento superiore al 20% tra le dichiarazioni dei redditi e il sistema logico sequenziato nella vita dei contribuenti. In particolare, i controlli del Fisco potrebbero interessare gli acquisti di alimenti, abbigliamento, casa, investimenti, tasse, beni di lusso e così via.
Attraverso la Superanagrafe dei rapporti bancari il Fisco scoverà i movimenti sospetti dal saldo ai versamenti, prelievi sino al costo del caffè e così via. In sostanza, il Redditometro conterrà all’incirca 55 possibili varianti di famiglie classificate “tipo”, tendo conto anche delle differenze territoriali. Al contribuente spetta la possibilità di contestare le presunte incongruenze rilevate dal Fisco.