Conto corrente, attenzione a superare i 5mila euro: ecco come ti colpisce il fisco

È tempo di prestare attenzione alla cifra depositata sul nostro conto corrente: superare i 5.000 euro ci può costare caro, in termini di tasse.

È tempo di prestare attenzione alla cifra depositata sul nostro conto corrente: superare i 5.000 euro ci può costare caro, in termini di tasse. A puntare il dito contro i costi di ogni singolo rapporto bancario, ci hanno pensato le associazioni dei consumatori, che hanno sollevato alcune perplessità su quanto stanno pagando i risparmiatori nel corso degli ultimi dodici mesi.

Una situazione che, sicuramente, ha del paradossale. I soldi accantonati sul nostro conto corrente, giorno dopo giorno, si deprezzano per colpa dell’inflazione. L’istituto di credito, da parte sua, aumenta i costi per gestire i vari rapporti bancari. Ma quello che arriva a preoccupare maggiormente i consumatori, è la stangata che arriva a quanti abbiano più di 5.000 euro sul proprio conto corrente. Poco importa che i consumatori abbiano optato per un conto corrente tradizionale od uno online: i costi sono sempre in aumento e le tasse non dimenticano proprio nessuno. Ma proviamo a veder quanti sono stati colpiti da questa situazione.

Conto corrente: cosa succede se superi i 5mila euro

Ma cosa succede nel caso in cui un consumatore dovesse superare la soglia dei 5.000 euro? Nel caso in cui si superasse questa soglia, le famiglie si troverebbero a dover pagare l’imposta di bollo. Questa non è una spesa che ci addebita la banca: o meglio la preleva la banca, ma deve girarla allo Stato. Il suo importo è pari a poco meno di 40 euro per le persone fisiche, mentre è pari a 100 euro per le aziende. Sono tenuti a pagare questa imposta di bollo tutto i titolari di un conto corrente sul quale ci siano più di 5.000 euro. Al momento non c’è alcuna possibilità di eludere questa tassa, che viene prelevata automaticamente direttamente dalla banca.

L’unica soluzione per poter evitare di pagare l’imposta di bollo è quella di mantenere la giacenza del conto corrente sotto i 5.000 euro. La soluzione migliore sarebbe quella di investire i propri risparmi, nel momento in cui la giacenza sul conto corrente dovesse superare proprio questa cifra. Nel momento in cui noi abbiamo i nostri buoni risparmi investiti e rimaniamo con una liquidità al di sotto dei 5.000 euro, l’imposta di bollo non sarà più dovuta. Attenzione, però, questa soluzione ha senso solo a fronte di un investimento che sia realmente remunerativo. E soprattutto che sia sicuro. E poi sarà necessario avere un’idea di quale liquidità realmente ci serva disponibile, per coprire tutte le spese del mese.

Risparmi mangiati dall’inflazione

Al di là dell’imposta di bollo che va a colpire i risparmiatori che hanno più di 5.000 euro sul proprio conto corrente, la domanda che si pongono in molti è la seguente: conviene davvero lasciare la propria liquidità ferma sullo scorrevole o conviene investirla? Quello che sicuramente non ci corrode la banca con le spese o lo Stato con le tasse, ce lo mangia l’inflazione. In altre parole, dobbiamo domandarci di quanto si deprezzano i nostri soldi se vengono lasciati fermi sul nostro conto corrente.

Non dobbiamo farci trarre in inganno dal nostro saldo: noi vediamo sempre la stessa cifra. Ed effettivamente i soldi che abbiamo sono sempre gli stessi: ma grazie ad una bassa inflazione e ad un leggero aumento dei pressi, il nostro potere d’acquisto diminuisce. Avendo a disposizione sempre la stessa cifra, oggi non potremo riuscire a comprare quanto riuscivamo a comprare qualche anno fa. Sono molti i risparmiatori che in questo periodo di estrema incertezza hanno aumentato la propria liquidità sul conto corrente. Ma per cercare di capire come sta calando il nostro potere d’acquisto, basti pensare che, statistiche alla mano, 10.000 euro del 2000, lasciati fermi sul conto corrente fino ad oggi, per effetto dell’inflazione varrebbero solo e soltanto 7.125 euro. Il 28,75% in meno.

Dal 1900 ad oggi, invece, il rendimento medio di alcuni asset è il seguente:

  • Azionario internazionale: 5,2%;
  • Obbligazioni internazionali: 2%;
  • Strumenti monetari: 0,8%;
  • Conto corrente infruttifero: -2%.

Conto corrente, soldi mangiati non solo dall’inflazione

Purtroppo i risparmiatori non hanno a che fare unicamente con l’inflazione, ma anche con i costi del conto corrente che aumentano di continuo. Stando ad uno studio redatto da Altroconsumo per conto de Il Corriere della Sera (pubblicato a febbraio 2022), i costi sono aumentati tra il 7% ed il 14%. I consumatori si ritrovano a dover pagare il canone per la carta di debito – in altre parole per il bancomat -. Ma non solo, rispetto a febbraio 2021 l’Indicatore dei costi complessivi annui (Icc) nei conti online e alternativi è salito del 14% a 41 euro per i pensionati con operatività media (189 operazioni all’anno) e del 13% a 34 euro per le famiglie con operatività media (228 operazioni). Restano cifre basse, ma che non invogliano a continuare a tenere il conto corrente.

Pierpaolo Molinengo
Pierpaolo Molinengo
Giornalista. Ho una laurea in Materie Letterarie, conseguita presso l'Università degli Studi di Torino. Ho iniziato ad occuparmi di Economia fin dal 2002, concentrandomi dapprima sul mercato immobiliare, sul fisco e i mutui, per poi allargare i miei interessi ai mercati emergenti ed ai rapporti Usa-Russia. Scrivo di attualità, fisco, tasse e tributi, diritto, economia e finanza.
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