L'arrivo di una lettera da parte del Fisco non è mai una buona notizia per chi la riceve. Torni a casa, apri la cassetta postale e tra un volantino pubblicitario e la bolletta del gas spunta fuori lei, una busta chiusa marchiata dall'Agenzia delle Entrate. La apri in tempo zero, con un filo d'ansia e senza sapere bene cosa aspettarti. Le insidie possono essere molteplici, si va da una cartella esattoriale a un pagamento insoluto, una doccia fredda che ti catapulta nei meandri di una fitta selva di date da salvare in agenda, delle X segnate col pennarello rosso sui giorni entro cui saldare all'Erario quanto dovuto.
È proprio sul tema delle scadenze che ha lentamente preso piede una confusione generale, dovuta in parte alla crisi scaturita dalla pandemia di Covid-19. Fin dall'inizio dell'emergenza, il governo ha adottato delle misure per venire incontro ai settori più colpiti, come per esempio la sospensione del versamento dei contributi. Un provvedimento valido sia per i lavoratori dipendenti che per le partite iva che hanno riscontrato un calo nel proprio fatturato almeno del 33% nel corso del 2020.
Il Decreto Rilancio dello scorso 14 agosto aveva messo nero su bianco le misure più urgenti da adottare nell'immediato, si riproponeva di venire incontro ai contribuenti e al contempo dare respiro all'economia del Paese. Buona parte delle scadenze fiscali è stata quindi spostata alla metà dello scorso ottobre, ma è facile prevedere che a uno spostamento ne corrispondano altri nell'immediato futuro, generando una sorta di effetto domino che per alcuni può essere sinonimo di confusione.
Allo scopo di riordinare le idee ai cittadini, la stessa Agenzia delle Entrate ha raccolto le domande più frequenti in un'apposita sezione presente all'interno del proprio sito, un elenco dettagliato e comprendente tutte o quasi le casistiche più ricercate da chi è alle prese con una cartella esattoriale. Proroghe, rinvii e agevolazioni spesso non si rivelano sufficienti a gestire la mole dei pagamenti senza cedere a un legittimo stato di stress, specie dal momento che Stato e Agenzia dell'Entrate non sempre ragionano alla stessa maniera. Come se non bastasse, la politica del Fisco nostrano non concede al contribuente pagamenti "personalizzati" in base alle proprie esigenze. Occorre quindi comprendere al meglio i passi da seguire a seconda della propria criticità.
Estinguere in modo corretto i debiti col Fisco
Di solito, quando debitore e creditore si mettono d'accordo sul ripianamento di un debito, la condizione che ne consegue è una chiusura a saldo e stralcio. In buona sostanza ciascuna delle due parti rinuncia a qualcosa, ci si viene incontro allo scopo di scrivere la parola fine sulla vicenda. Il concetto è stato introdotto in Italia dal punto di vista fiscale grazie al primo Governo Conte, all'interno di uno spazio riservato nella legge di bilancio 2019. Una novità che però ha avuto vita breve e quindi, almeno per il momento, non è utilizzabile come strumento di alleggerimento.
Tuttavia esistono altre vie d'uscita, procedure da adottare per far sì che le somme dovute non si ingigantiscano con l'incedere degli interessi. Il primo - e forse più utilizzato - tra gli strumenti a disposizione è quello della rateazione. Dal momento stesso in cui perviene la famigerata lettera che comunica un'incongruenza sulla dichiarazione dei redditi (chiamata anche avviso bonario), se si intende dilazionare il pagamento è meglio segnalarlo subito, massimo entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione.
In caso di debito esecutivo, qualora il debitore sia in grado a dimostrare la gravità delle proprie condizioni economiche, è possibile concordare fino a 120 rate per l'estinzione di un'imposta, mentre per prassi le normali modalità di rateizzazione sono le seguenti:
- massimo 8 rate trimestrali di pari importo su pagamenti fino a 5000 euro
- massimo 20 rate trimestrali su pagamenti superiori ai 5000 euro
Il numero complessivo delle rate e l'importo di ciascuna di esse vengono stabiliti direttamente dall'Agenzia dell'Entrate. Se un utente vuole scoprire a quanto ammonta la propria deve andare sul sito, cliccare sulla sezione "servizi" e selezionare la "Determinazione dei versamenti rateali". A quel punto il portale richiede di compilare degli spazi appositi col proprio codice fiscale e la data di ricezione della missiva.
A partire da quel momento si hanno 30 giorni di tempo per saldare la prima rata, anche munendosi di modello F24. Sui pagamenti successivi viene poi applicato un tasso di interesse del 3,5% annuo. Un eventuale ritardo viene tollerato purché la rata venga rgolarizzata prima che scada quella successiva, mentre l'ultima tranche si può saldare massimo entro 90 giorni.
Di solito, l'accordo sulla dilazione viene meno quando il debitore accumula 5 rate non pagate, ma per venire incontro ai contribuenti in un momento particolare come quello che stiamo vivendo, tra l'8 marzo 2021 e il 31 dicembre 2021 il numero verrà portato a 10. La richiesta di rateazione sarà concessa anche per i pagamenti scaduti, ma occorrerà farlo prima che l'Agenzia delle Entrate opti per la riscossione coattiva, che tra le varie conseguenze annovera il pignoramento dei beni e il fermo amministrativo.
Agenzia delle Entrate: perché ricorrere al ricorso tributario
Quando l'Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento nei confronti di un cittadino, è tenuta a spiegare con chiarezza i motivi che hanno condotto al provvedimento. Il contribuente può così esaminare l'atto in questione ed eventualmente sollevare delle perplessità che, qualora dovessero rivelarsi fondate, potrebbero agevolare un accordo tra le parti.
È il caso dell'Accertamento con Adesione, dove di fatto si rinuncia ad aprire un contenzioso in cambio di una riduzione della sanzione che può arrivare fino a un terzo del minimo edittale. Anche in questo genere di situazione è prevista una dilazione: 8 rate trimestrali per pendenze sotto i 50.000 euro e 16 rate quando il debito col Fisco super tale cifra.
Naturalmente, può anche capitare che tra le parti non si raggiunga un accordo. A quel punto, un contribuente che ritiene di avere delle valide ragioni per farlo, può giocarsi la carta del ricorso tributario. La palla passerà direttamente a un giudice, che avrà il compito di confutare ed eventualmente avvallare la fondatezza delle ragioni espresse dal debitore.
Un esito positivo della procedura giudiziaria può portare all'estinzione totale o parziale del debito. Prima di avviare la pratica occorre però ricordare che, una volta scaduti i 90 giorni previsti dal processo di Accertamento con Adesione, si hanno ulteriori 60 giorni per preparare e presentare il ricorso tributario.
Sovraindebitati: come funziona l'esdebitazione
Come spiegato in precedenza, la procedura di saldo e stralcio che prevede un accordo di mediazione tra Ente di riscossione e debitore non è attualmente percorribile, salvo novità da parte di Mario Draghi e del suo governo. Tuttavia esiste una deroga per i sovraindebitati, quelle categorie che anche a causa dell'emergenza pandemica si sono ritrovate in maggiore difficoltà dal punto di vista economico. Fanno parte di questa casistica gli imprenditori, i disoccupati con famiglia e i contribuenti con lavoro dipendente. La procedura si apre necessariamente mediante l'assistenza di un organismo di composizione della crisi.
Esiste poi una fattispecie riguardante di debitori incapienti, ovvero quelli che dimostrano di non avere la minima possibilità di estinguere un debito. Per questa categoria di soggetti giunge in soccorso l'esdebitazione totale, ovvero la completa cancellazione della pendenza. Il provvedimento rimane in vigore sempre, a meno che la situazione economica del cittadino non migliori a tal punto da consentirgli di saldare almeno il 10% di quanto dovuto. Quando invece il soggetto in questione arriva a disporre di una fonte di reddito sufficiente a garantirgli uno stile di vita dignitoso, il debito può essere ridotto proporzionalmente e saldato mediante un pagamento dilazionato.