Global minimum tax, avanti tutta! Il G20 ha deciso

Le prime 20 economie mondiali, riunitesi a Venezia qualche giorno fa, hanno dato il via libera, dopo una focosa trattativa non ancora del tutto chiusa, alla global minimum tax. Le multinazionali che fatturano oltre 20 miliardi globalmente e presentano una redditività superiore al 10% saranno tassate in tutto il mondo - o perlomeno, nei Paesi che aderiranno - a partire da un'aliquota minima pari al 15%. Vediamo pro e contro della decisione presa.

Image

Daniele Franco, il Ministro italiano dell'Economia, ha scritto di "uno storico accordo su un'architettura fiscale internazionale più stabile ed equa" nel documento finale, redatto al termine dell'incontro dei titolari dell''economia nei paesi del G20. Il summit tenuto a Venezia segna un importante passaggio nell'iter di approvazione della global minimum tax - cui il Ministro Franco si riferiva nel documento citato.

Secondo quanto riporta Il Giornale, la global minimum tax presenterebbe un'aliquota minima del 15% da applicare a partire dal 2023 sui profitti di quelle multinazionali con un fatturato globale superiore ai 20 miliardi di euro, in grado di registrare, in un singolo Paese, un rapporto tra gli utili e i ricavi superiore al 10%. Il provvedimento non riguarda dunque soltanto Amazon e Google, bensì una platea più ampia di giganti. La tassa si pagherà su profitti eccedenti la soglia limite e il gettito atteso è di 150 miliardi di dollari a livello globale; per l'Italia parliamo di 2,7 miliardi di euro.

Global minimum tax: un importante primo passo

Il segnale dato dalla decisione di tassare finalmente i giganti dell'economia mondiale, bravissimi a eludere le tasse sfruttando il loro strapotere economico, è importante. Attenzione però a non cantare vittoria troppo presto. Come ha infatti precisato anche lo stesso ministro Franco, durante la conferenza stampa dell'evento ospitato dal nostro Paese:

"La concorrenza fiscale non viene abolita ma, in qualche modo, regolata. Auspico che i Paesi che finora hanno detto no all'accordo cambino presto parere."

Vi sono infatti alcuni governi che non hanno accettato la misura della global minimum tax. Si tratta di tre Paesi europei, inclusi nel gruppo OCSE - l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico: Ungheria, Estonia e Irlanda. Questi Stati, infatti, si vedrebbero costretti ad alzare le loro attuali aliquote. Nel resto del mondo, si sono opposti alla tassa Perù, Kenya, Nigeria e Sri Lanka.

Decisioni e opinioni

Non tutti i partecipanti al vertice economico del G20 hanno tenuto lo stesso atteggiamento riguardo alla global minimum tax. A fare da contraltare alla vigorosa spinta della maggior parte degli invitati al summit sono stati alcuni governi non esattamente allineati nei confronti della decisione presa.

Rishi Sunak, Ministro delle finanze britannico, ha scelto di tenere un atteggiamento prudente. Il Regno Unito è tra i più convinti promotori della global minimum tax, eppure non è parso troppo sereno verso chi si è detto pronto ad alzare l'asticella, imponendo un'aliquota più alta. È il caso, ad esempio, della Francia. Bruno Le Maire, Ministro transalpino, ha voluto sottolineare come Germania, Stati Uniti e naturalmente il suo Paese siano d'accordo sulla necessità di essere più ambiziosi. Un'aliquota del 15% è, a loro avviso, troppo bassa a fronte dei guadagni di certe gigantesche società.

Olaf Scholz, titolare tedesco delle finanze, e Janet Yellen, segretario al tesoro statunitense voluta da Joe Biden, hanno parlato a una voce sola in una conferenza stampa congiunta a margine dei lavori del G20:

"Un accordo per una tassa globale sulle multinazionali è buono per tutti i governi. Aiuterà a far crescere il gettito fiscale, chiudendo una corsa al ribasso fra i Paesi nel tagliare le aliquote fiscali per le imprese. Le remore dei Paesi che resistono all'accordo saranno affrontate nei prossimi mesi."

Altre tasse in vista

Paolo Gentiloni, commissario europeo all'economia, ha affermato che comincerà da subito, in Eurogruppo, a mediare con i Paesi membri della UE che fanno resistenza alla global minimum tax. Gentiloni ha chiarito come non sarà mai imposta un'armonizzazione di questa tassa a tutto il mondo, bensì continuerà ad esserci una sana competizione tra i vari sistemi economici. Il commissario ha poi rimarcato come sarebbe molto sorpreso, qualora cambiasse la soglia minima fissata al 15%.

Durante il vertice, la posizione di Gentiloni non è certo apparsa come la più invidiabile. Dalla sua posizione intermedia ha dovuto ribadire come non si possa fare a meno di andare a dialogare con Paesi come Irlanda ed Estonia, già inseriti in area euro, così come occorra favorire una trattativa con l'Ungheria e il suo spigoloso governo, non esattamente il miglior interlocutore possibile per la UE. Simultaneamente, ha tentato di ammorbidire la morsa della Francia e del suo stretto alleato, Valdis Dombrovskis - vicepresidente della Commissione Europea - i quali spingono per inserire una web tax accanto alla global minimum tax. Questa imposta sarebbe riservata ai giganti della rete.

Janet Yellen si è molto irritata all'udire queste parole di Dombrovskis e dei rappresentanti del governo di Emmanuel Macron. Parte - forse principale - del motivo per cui gli USA appoggiano la global minimum tax è il fatto che essa vada a sostituire - e non ad affiancare - una imposta riservata ai giganti del web, i quali com'è noto sono tutti statunitensi. Accanto a questa discussione - che pare lontana dalla sua conclusione - Kristalina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha domandato un forte segnale - leggi tassa - per chi emetta troppa CO2.

Global minimum tax ed ecologia

Non è un caso che si sia parlato anche di tassa per gli inquinatori. Come sappiamo, infatti, la questione ambientale è un fuoco che sta bruciando in maniera inarrestabile, di questi tempi. Negli stessi momenti in cui le prime 20 economie sul nostro pianeta cercavano di ratificare l'intesa sulla global minimum tax in un documento - il quale attualmente non è che una bozza e dovrebbe divenire definitivo in ottobre - alla Giudecca di Venezia andavano in scena tafferugli tra forze dell'ordine e manifestanti ecologisti, evidentemente stanchi di constatare lo scarso interesse dei poteri forti verso la tematica ambientale.

Polizia e Carabinieri hanno disperso il migliaio di partecipanti alle proteste, dotati di bottiglie e fumogeni che sono stati lanciati verso le forze dell'ordine. Sembra che i contestatori volessero dare una dimostrazione netta e decisa del proprio malcontento, muovendosi fino all'Arsenale, dove era in corso la riunione del G20. Il messaggio che volevano far passare era quello di un profondo fastidio dovuto allo sfruttamento turistico senza alcuno scrupolo della città di Venezia e lo strapotere della finanza fossile.

Problemi applicativi della global minimum tax

Che il raggiungimento di un accordo su questa tassa fosse vicino lo si era capito già nel mese di giugno. In occasione del G7 era già stato raggiunto un accordo di massima, in fase naturalmente embrionale.  Ci si era infatti limitati a dare una sorta di parola d'onore, se così vogliamo definirla, sulla necessità di tassare quelle imprese che presentano una dimensione transnazionale. Esse cadono tuttora in meccanismi di tassazione sovranazionale che fanno acqua da tutte le parti e sono facilmente aggirabili.

Quel primo accordo risalente al G7 è stato ripreso e confermato a Venezia, dove la global minimum tax ha cominciato a delinearsi e acquisire una forma definita in seguito alla delineazione del suo perimetro di applicazione.  Ciò non toglie che anche questa versione presenti criticità importanti.

Precisiamo infatti che il meccanismo di tassazione sarà tradizionale e basato sulla territorialità, come ci ricorda Fisco e Tasse. Di fatto, dunque, occorrerà la presenza fisica di una organizzazione stabile nel dato Paese. In base agli utili eccedenti il 10% di redditività di cui abbiamo scritto, condizione necessaria perché la global minimum tax venga applicata, si prevede una ulteriore tassazione integrativa. Questa è invece basata sulla territorialità ove beni o servizi offerti dall'impresa vengono acquistati per il consumo finale.

Come si può comprendere già soltanto leggendo queste righe, ci troviamo di fronte a un accordo con lineamenti fondativi politici più che economici. Ancorare il provvedimento ai territori infatti potrebbe non risolvere il problema della tassazione insufficiente. Forse si è cercato più il compromesso dell'effettivo risultato, tentando di accontentare tutti. In queste situazioni, si corre però il rischio di finire per non accontentare nessuno.

Un accordo da migliorare

Abbiamo parlato di importante primo passo e poi delineato quelli che potrebbero essere i problemi e le possibili mancanze di questo accordo. Veniamo da decenni di concorrenza fiscale tra gli Stati e da una situazione certamente non all'altezza oggi che vediamo l'incombenza di corporation enormi e gigantesche, in grado di sfruttare a proprio vantaggio le - tante - falle di un sistema chiaramente obsoleto e anacronistico

La global minimum tax rappresenta il primo tratto della corda che può portarci fuori da questa palude che resta ampia e impervia. Abbiamo la necessità che tutti i membri dell'OCSE trovino un accordo multilaterale, evitando resistenze come quelle citate di Ungheria, Irlanda, Estonia e degli altri Paesi che non intendono aderire alla tassazione, almeno per il momento.

Sarà possibile applicare aliquote fisse tra sistemi economici e fiscali di Paesi diversi, i quali spesso sono davvero molto differenti tra loro, per non dire proprio incompatibili? Gli Stati riusciranno ad armonizzarsi e a trovare meccanismi di convergenza capaci di determinare una base imponibile comune? Il rischio è che l'aliquota fissa rimanga una misura sterile e del tutto inefficace se ci sarà la possibilità di portare avanti politiche di incentivazione fiscale andando a erodere proprio la base imponibile. In altre parole anche la global minimum tax, nel suo stato attuale, sarebbe aggirabile.

Global minimum tax, solo un compromesso politico?

Alla luce di ciò viene legittimo domandarsi: siamo dunque di fronte a un mero compromesso politico? La global minimum tax serve più a guadagnare consensi che a far pagare più tasse a chi, pur guadagnando moltissimo, non contribuisce affatto - o quasi - al fisco di quei Paesi dove fattura lautamente?

In questa fase delle trattative tra le varie economie l'accordo corre su un binario politico, non economico. Occorre infatti raccogliere un ampio consenso, coinvolgendo quanti più Paesi possibile. Arriveremo poi a un punto in cui ci si scontrerà con l'applicazione di questa misura. In quel momento andranno urgentemente trovate soluzioni tecniche convergenti tra quegli Stati che avranno detto di sì o il piano global minimum tax resterà tale, senza mai divenire operativo.