Addizionale regionale IRPEF 2022: ecco chi pagherà di più!

Addizionale IRPEF: arriva la modifica della sovrimposta regionale per l'adeguamento alle fasce di reddito. Ecco in quali regioni scatteranno gli aumenti.

Insieme alla variazione delle aliquote IRPEF, con la legge di bilancio 2022, è arrivato anche il decreto che permette alle regioni di modificare ed anche di aumentare la quota da pagare per l’addizionale regionale. Una sovrimposta che sia le regioni che i comuni potevano rimodulare per l’anno 2022, entro il 31 marzo.

Sono infatti cambiate, in base agli scaglioni di reddito, le aliquote già in cinque regioni. Queste nuove percentuali produrranno effetti di aumento della pressione fiscale per molti contribuenti lavoratori dipendenti, ma anche per i pensionati.

Ma attenzione perchè per alcuni sono stati previsti anche casi di esonero dall’imposta. Vediamo come funziona il nuovo calcolo ed in quali regioni si pagherà di più, a partire dal reddito imponibile complessivo prodotto nel 2022.

Addizionale IRPEF: cosa è, e perchè si paga

La quota regionale dovuta all’IRPEF è di fatto una imposta aggiuntiva di fiscalità locale, perchè varia in base alla regione ed al comune nel quale si risiede. Nel 2022 è stata sostituita con una sovrimposta grazie alla legge di bilancio, questo per adeguarsi alle nuove aliquote irpef ridotte in numero ed in percentuale.

La modifica ha effetto retroattivo, infatti le regioni hanno avuto tempo fino al giorno 31 marzo per deliberare le nuove aliquote che però verranno applicate ai redditi a partire dal 1 gennaio.

Si è verificata la stessa procedura per quanto riguarda la nuova IRPEF per scaglioni di reddito ridotti. Così come la legge ha determinato le nuove aliquote infatti, le regioni sono state obbligate ad adeguare anche le addizionali, in quanto calcolate sempre in base all’imponibile del contribuente e divise in scaglioni.

Cioè viene imposta una percentuale aggiuntiva rispetto a quella già calcolata per l’IRPEF, al reddito complessivo che viene determinato dopo la sottrazione degli oneri deducibili alla somma che costituisce le entrate soggette all’imposta sui redditi delle persone fisiche.

A trattenere questa somma è il sostituto di imposta, cioè il datore di lavoro nella maggior parte dei casi per i dipendenti o l’INPS per i pensionati.

Per calcolare la percentuale da pagare, si deve tener conto della regione nella quale si ha la residenza, ai fini fiscali si inizia ad applicare a partire dal 1 gennaio dell’anno di riferimento. Ricordiamo che attualmente le percentuali di imposta per l’addizionale regionale possono variare secondo termini minimi e massimi stabiliti per legge che vanno dall’1,23% fino al 3,33%.

Viene poi data piena libertà alle singole regioni nel modulare annualmente queste aliquote. Detto questo è facile immaginare che pur essendoci libertà nella scelta della percentuale da applicare fino ai massimi consentiti per legge, il gettito della nuova sovrimposta anche se modificato in base alle nuove aliquote IRPEF, non potrà essere minore del precedente.

Questo soprattutto per le zone regionali nelle quali è stato previsto un piano di rientro fiscale per il cosiddetto disavanzo sanitario, nelle quali sono stati approvati i maggiori aumenti. Vediamo quindi come funziona la nuova sovrimposta IRPEF comunale e regionale e cosa comporta questa modifica per i contribuenti.

Come funziona la nuova addizionale IRPEF

Come abbiamo visto le addizionali regionali e comunali IRPEF sono state ritoccate da molte regioni, per adeguarsi alla riforma fiscale che prevede il passaggio a quattro scaglioni di reddito e aliquote ridotte per alcune fasce.

Abbiamo già analizzato cosa cambierà in pratica nella busta paga dei lavoratori, che proprio in questi giorni riceveranno lo stipendio riferito al mese di marzo che prevede un mini conguaglio di tre mesi per ricalcolare le differenze tra irpef vecchia e quella in vigore da gennaio.

Di conseguenza anche le addizionali cambieranno, questo però varia da regione a regione, ma soprattutto saranno applicate le nuove percentuali non nell’immediato. Questo perchè il pagamento dell’addizionale irpef prevede un meccanismo di acconto e saldo.

Il passaggio dall’addizionale alla sovrimposta però, comporta un maggiore controllo degli aumenti, questo perchè la legge di riforma del sistema fiscale ha imposto limiti per evitare che le maggiorazioni percentuali delle aliquote possano penalizzare tutti gli scaglioni di reddito.

Come vedremo alcune categorie saranno addirittura avvantaggiate dal nuovo meccanismo di calcolo, mentre altre purtroppo dovranno subire un aumento in percentuale.

L’obiettivo del governo ovviamente è stato quello di non togliere risorse fiscali a regioni e comuni, soprattutto a quelli che già hanno dovuto approvare un piano di rientro, ma allo stesso tempo cercare di fare in modo che un aumento netto dell’addizionale non possa comportare per il contribuente l’azzeramento del beneficio di taglio del cuneo fiscale che dovrebbe essere garantito con la revisione delle aliquote IRPEF.

Addizionale regionale IRPEF: per chi aumenta e quanto

Analizziamo quindi quali sono le percentuali attuali, e quelle che recentemente sono state ritoccate dalle regioni per le addizionali IRPEF che peseranno sulle buste paga dei lavoratori dipendenti, ma ricordiamo che questa imposta è applicata anche ai pensionati ed in generale a tutti i contribuenti che producono un reddito in Italia assoggettato all’imposta.

Sono attualmente solo sette le regioni nelle quali la percentuale di aliquota è fissata in minimi e massimi per tutti i contribuenti, a prescindere da quale sia la base di reddito imponibile. Con casi particolari di esenzione a seconda delle differenti delibere regionali.

Queste sono: Veneto, Valle D’Aosta, Sardegna, Abruzzo, Campania, Calabria, Sicilia. Chi è residente in una di queste regioni pagherà dall’1,23% che è il minimo fino al 2,03% per quanto riguarda la Calabria e la Campania.

Da questi dati risulta che le aliquote applicate per l’addizionale irpef più basse sono: Sardegna, Sicilia, Veneto e Valle D’Aosta, in quest’ultima regione inoltre è stata stabilita l’esenzione dall’addizionale per i redditi che non superano i 15.000 euro l’anno.

Altre invece hanno previsto particolari detrazioni aggiuntive per ogni figlio a carico come ad esempio in Sardegna, per un totale di 200 euro per ogni figlio applicata ai redditi che non superano i 55.000 euro l’anno.Le altre regioni hanno continuato il precedente regime percentuale differenziato per scaglioni di reddito ma adeguato alle nuove fasce IRPEF previste dal governo.

Sono invece cinque le regioni che hanno deciso per una modifica sostanziale delle aliquote, in alcuni casi anche un netto aumento per tutte le categorie. In particolare: Piemonte, Liguria, Lazio, Umbria e Marche.

In queste zone si verificherà un aumento sostanziale soprattutto per i contribuenti con reddito superiore ai 50.000 euro, che tra l’altro sono esattamente tra coloro che beneficeranno maggiormente delle modifiche alle aliquote di base IRPEF.

Non sono esenti da maggiorazione neanche i redditi fino a 15.000 euro, che subiranno una maggiorazione di imposta addizionale dello 0,39% in Piemonte.

In tutti i casi specifichiamo che sono previsti casi di esenzione o di detrazioni aggiuntive che possono abbassare il totale da pagare annuo. Ad esempio nelle Marche e in Piemonte sono previsti esenzioni dagli aumenti e detrazioni per i soggetti con redditi fino a 40.000 e con più di tre figli o con figli a carico disabili.

L’addizionale comunale IRPEF: come funziona

Anche per quanto riguarda l’applicazione in busta paga dell’addizionale comunale, aggiuntiva a quella regionale, è prevista libertà di modifica delle percentuali per ogni comune. L’imposta è regolata come quella regionale cioè calcolata sulla base del reddito imponibile IRPEF, ma viene decisa da ogni singolo comune e prelevata dal sostituto di imposta in base alla residenza del contribuente.

Chi non ha un sostituto di imposta, ma è tenuto comunque a pagare l’addizionale comunale, sarà obbligatorio il calcolo nella dichiarazione dei redditi annuale.

La percentuale base di questa imposta è sempre del 1,23% e può essere aumentata fino al massimo consentito in base alle decisioni dei singoli comuni.

Come previsto per le regioni, anche i comuni che applicano l’addizionale, possono passare alla sovraimposta e quindi applicare aliquote più alte per i contribuenti in base alla fascia di reddito alla quale appartengono.

Per effettuare il calcolo esatto di quanto dovuto i contribuenti possono consultare il sito del Ministero delle Finanze alla pagina dedicata alle addizionali cliccando sulla regione di proprio interesse e successivamente sul comune di residenza.

Importante ricordare che quando si parla di domicilio fiscale si intende il comune nel quale si risiede abitualmente.

Per chi non è residente nel territorio Italiano, l’agenzia delle entrate stabilisce a quale comune è dovuta l’addizionale IRPEF in base a quello nel quale si è prodotto il reddito assoggettato all’imposta o per chi ha prodotto redditi in città e comuni differenti, in quello nel quale è stata prodotta la quota più elevata di reddito.

Chi non deve pagare l’addizionale IRPEF

Esaminiamo tutti quei casi in cui, i contribuenti lavoratori, pensionati o comunque assoggettati all’imposta sul reddito addizionale, comunale o regionale, non sono tenuti al saldo e quindi rientrano nei casi di esenzione. Principalmente sono esonerati dal pagamento delle addizionali tutti i contribuenti che risultano essere incapienti.

E cioè che producono un reddito inferiore agli 8.145 euro da lavoro dipendente, 8.500 per redditi da pensione e 5.500 per gli autonomi.

Poi ci sono tutte le categorie di contribuenti non assoggettate all’IRPEF, alla quale si riferisce appunto l’addizionale, ma ad altro tipo di imposta o anche a tassazione separata, che non prevede l’applicazione aggiuntiva di questo tipo di tributo locale.

Oltre a questi ci sono poi i casi di esenzione che riguardano tutti i contribuenti lavoratori dipendenti con busta paga, pensionati ed autonomi, ai quali da conguaglio annuale risulti un netto da pagare IRPEF inferiore ai 12 euro, gli stessi cioè che sono attualmente esentati anche dalla presentazione annuale del modello 730.

Il netto da pagare annuale, si intende calcolato in base al risultato tra la sottrazione delle deduzioni fiscali dal reddito complessivo e delle detrazioni di imposta che possono anche generare un credito nei confronti del fisco.

Va ricordato infine che consultando le tabelle regionali, potranno essere previste, come abbiamo già visto anche altre esenzioni totali o dalle maggiorazioni di imposta per le famiglie particolarmente numerose, o con figli disabili a carico o con un reddito annuale particolarmente basso, si intende in genere il primo scaglione entro i 15.000 euro.

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